Italo Giorgio Minguzzi Studioso e Docente di Impresa e Società
Quanto vale una rosa? E di che colore deve essere o che profumo deve avere? Infine, a cosa serve una rosa? In breve, a chi interessa una rosa?
Se non vale niente, se il colore non importa, se il profumo è irrilevante, se non interessa a nessuno, chiedo scusa e la chiudo qui, nessuno verrà a saperlo, ma se si accende l’interesse, allora potete leggere il seguito…
Cos’è che rende serio e importante uno scritto? Secondo quanto viene decretato nelle Università sono le citazioni a piè di pagina. Così, al tempo, era d’uopo fornire evidenza da chi si aveva copiato materiale, nel caso dello studente, e da chi si erano presi gli spunti, nel caso del docente, per non assumere la responsabilità diretta di quanto appena scritto.
Alcuni scrittori, o, meglio, i loro editori, puntano tutto sulle illustrazioni, il che è molto comodo e quindi decisamente preferito e molto utilizzato ai giorni nostri. Altri infine pensano che sia importante solo chi l’ha scritto. Pochi infine apprezzano, a prescindere, i contenuti.
Secondo me le illustrazioni arricchiscono il libro, quando non sono il meglio dei concetti espressi, ma spesso aiutano a leggerlo e a penetrare nei contenuti, e, in genere, le illustrazioni non hanno un significato sostitutivo, ma di completamento.
Vi immaginate il Pinocchio di Collodi senza le illustrazioni? Non sostituivano certo il contenuto straordinario del libro, ma non avremmo mai saputo immaginarci un Pinocchio così vero come quello disegnato da Damiano Salvatori, meglio noto come Demicostyle.
Sarebbe davvero impertinente, per sostenere quanto dico, mettere in gioco la Divina Commedia e le illustrazioni di Gustavo Dorè, ma da lettore compulsivo di libri, mi viene voglia di citare tre libri che io definisco appartenere alla serie dei libri dell’anima: La Rondine dell’Anima della poetessa e scrittrice israeliana Michal Snunit, le cui pagine sono impreziosite dall’essere tutte di colori diversi e la costruzione grafica è sapientemente affidata a poche righe per pagina che ogni lettore potrà interpretare a proprio piacimento; Il Gabbiano Jonathan Livingston dell’aviatore e scrittore statunitense Richard David Bach, che ha usato le fotografie per dare sempre più vita alla sua meravigliosa storia dell’incredibile gabbiano e che mi ha raccontato, come nessun altro, il senso e la magia della velocità; infine, e aggiungo, soprattutto Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupery, pilota e scrittore francese, che ha fatto personalmente i disegni del libro e che, unitamente al testo, fanno un unicum.
Si, proprio il Piccolo Principe mi ha insegnato quanto vale una rosa, e non solo. Nel suo lungo viaggio dall’asteroide 612 al deserto in Terra, dopo averci mostrato, sempre sul tema dei valori, che le affermazioni scientifiche del professore turco di astronomia vestito da turco non valgono come quelle dello stesso professore di astronomia vestito all’europea, anche se i due personaggi, che sono poi la stessa persona, hanno detto esattamente la stessa cosa.
Già qui si ha una chiara indicazione del rapporto fra ciò cui si deve accreditare un determinato valore e il valore in sé. Prendiamo dunque atto degli incontri che fa il Piccolo Principe nel suo avvicinarsi alla Terra: incontri che lo preparano alla sua visita del nostro pianeta.
Così è per il re, che non ha sudditi ma che ha una indiscussa grande saggezza che gli fa dire che l’autorità poggia sulla ragione delle sue pretese; così è per il vanitoso che è sempre in cerca di ammiratori che lo applaudano, ma non ha capito cos’è realmente l’ammirazione; così è per l’ubriaco, che dichiara di bere perché si vergogna di essere uno che beve, ma non ha capito quale sia la soluzione per non bere e quindi per uscire dal recinto della vergogna; così è per quello che contava le stelle, ne scriveva il numero conseguito e le considerava come da lui possedute a titolo personale, per cui chiudeva il foglietto su cui aveva scritto il numero in un cassetto con la chiave e, non potendole depositare in una banca, tutte quelle stelle le considerava come sua proprietà; così è per il lampionaio, per il geografo, per l’esploratore.
Tutti incontri che insegnano molto al Piccolo Principe, ma anche al lettore, su come ci si impegni troppo sulle cose inutili, che non hanno valore.
Qui però è necessario tornare alla partenza, prima di raccontare quello che il Piccolo Principe impara sulla terra. L’asteroide 612, che era abitato solo dal Piccolo Principe, era un corpo celeste che, come dimensioni, poteva essere paragonato a poco più di una casa non troppo grande, che difficilmente riesce a essere visto e che, qualora identificato, viene contrassegnato solo da un numero.
E ora possiamo arrivare, finalmente, a entrare nel discorso sul valore della rosa, che è il tema del presente scritto.
Dunque, prima di partire per la Terra, il Piccolo asteroide 612 era occupato, oltre che dal Piccolo Principe, da alcune ridottissime conformazioni del terreno, come dei piccoli vulcani grandi come un secchiello da spiaggia, da un baobab da estirpare perché non crescesse troppo, da erbe e semi più o meno selvaggi.
Ma un giorno il Piccolo Principe trovò sul suo asteroide una rosa con la quale si svolse un intenso dialogo che aveva convinto il Piccolo Principe di: essere l’unica rosa esistente nell’universo, essere una cosa preziosissima e fragilissima, dover essere tenuta la notte sotto una campana di vetro per non prendere freddo e, infine, avere delle spine talmente forti da potersi proteggere da qualunque assalto.
Il Piccolo Principe andava molto fiero di essere il possessore di quell’unicum che, pertanto, curava con adorazione e attenzione. Il Piccolo Principe amava quella rosa e ne era fiero, per cui, quando partì per la Terra, voleva provvedere alle sue esigenze, prima di lasciarla, con tutta la meticolosità e lo zelo che riteneva di doverle riservare per il rispetto al valore inestimabile dovuto all’unicità del bene, ma anche come misura necessaria per preservare quel fiore, che amava, da ogni rischio o pericolo.
Ma la rosa, per la prima volta, non fu altezzosa, anzi non volle nessuna premura oltre le pure necessità. Era terribilmente triste per la sua partenza, così aumentando, nel racconto, l’aspetto valoriale che non è semplicemente un rapporto fattuale, ma la base di una grande e sincera amicizia.
Dunque, il Piccolo Principe lasciò l’asteroide 612 e partì per la Terra alla ricerca di uomini che potessero diventare suoi amici. Il viaggio fu lungo, pieno di incontri, cui abbiamo già fatto cenno e, finalmente, mise piede sulla Terra. Anzi sulla sabbia di un deserto africano della Terra, per cui non trovò nessuno: nessun uomo e quindi nessun potenziale amico.
Poiché do per scontato che il libro sia ben conosciuto da tutti (sicuramente è uno dei libri più letti al mondo) non sto a raccontare altro che un solo episodio, quello che mi ha spiegato quanto può valere una rosa, cioè l’incontro del Piccolo Principe con la volpe.
È questo il punto centrale del libro ed è proprio in queste pagine, e io non riuscirò certo a trasmettere la stessa carica d’emozione che ha voluto far giungere l’Autore a chi legge, che troviamo la ragione ultima dell’opera: i veri valori morali della vita sono i presupposti basilari per essere tutti amici o, come ama dire Papa Francesco, tutti fratelli.
Una volta arrivato, il Piccolo Principe si mise in movimento alla ricerca di uomini per creare dei legami d’amicizia, e lungo la strada si soffermò a guardare intorno a sé, ed è qui che crollò la sua ferma convinzione sull’unicità della sua rosa, perché a un tratto vide un immenso giardino tutto pieno di rose, come la sua.
Un giardino con cinquemila rose. Le interrogò e chiese loro: Chi siete? Siamo delle rose, dissero le rose. Ah! Fece il Piccolo principe. L’Autore allora scrive: E si sentì molto infelice. Il suo fiore gli aveva raccontato che era il solo della sua specie in tutto l’universo. Ed ecco che ce n’erano cinquemila, tutte simili, in un solo giardino.
Proseguito il cammino, il Piccolo Principe incontrò una volpe, si scambiarono un cordiale saluto e s’interrogarono a vicenda; la volpe, in risposta all’invito di giocare insieme rivoltole dal Piccolo Principe affermò che così non si poteva, bisognava prima conoscersi, bisognava “addomesticarsi”. E alla domanda del Piccolo Principe su cosa volesse dire addomesticarsi, la volpe gli precisò che voleva dire che, prima, bisogna creare dei legami. Tu, fino a ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo.
Fu allora che il Piccolo Principe capì che la sua rosa non era per nulla uguale alle altre cinquemila rose, ma era veramente UNICA nell’UNIVERSO. Ed è in questa manifestazione della diversità profonda e singolare delle cose che trova risposta la domanda sul perché del titolo. Ce lo dice la riflessione del nostro Piccolo Principe che ha capito la differenza fondamentale fra costo e valore: L’essenziale è invisibile agli occhi (non si vede bene che col cuore). È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante… gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa.
Ecco, dunque, quanto vale una rosa, purché l’amore che si ha per lei la renda UNICA. In un mondo dove la massificazione e la perdita dei valori è purtroppo diventata la nuova regola del successo, dove spesso l’egoismo e l’individualismo sostituiscono l’assunzione delle responsabilità, dove l’apparenza conta più della sostanza umana e dove la reputazione non è la cartina al tornasole dell’onestà e della lealtà, ma solo il risultato della capacità di saper comunicare informazioni distorte, oggi così di moda con le fake news, basterebbe cogliere (non comperare) una rosa e darla a chi si ama, e la parola “rosa” potrebbe diventare il colore della vita.
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