Casa INTERVISTA Il nuovo centro ricerche Chiesi a Parma: Andrea Chiesi, Emilio Faroldi Associati

Il nuovo centro ricerche Chiesi a Parma: Andrea Chiesi, Emilio Faroldi Associati

In questo numero incontriamo Andrea Chiesi, consigliere di amministrazione e Direttore R&D Project & Portfolio Management di una storica azienda nata nel 1935, la Chiesi Farmaceutici S.p.A., fiore all’occhiello dell’industria emiliana ed italiana. Dall’intervista emergono alcuni spunti particolarmente interessanti sia nell’ambito prettamente aziendale, che in quello architettonico. Capitale Intellettuale ha voluto confrontare il punto di vista dell’imprenditore, il committente, con quello degli architetti Emilio Faroldi Associati che hanno realizzato l’opera. Sono molti gli imprenditori che costruiscono nuove sedi ricercando un mix tra operatività, che non dovrebbe mai mancare, e immagine, interna ed esterna. Sembra che la ricerca del bello, già presente nei palazzi dei mercanti veneziani, continui attraverso l’impiego di materiali e tecnologie con basso impatto ambientale e alta vivibilità.

da Capitale Intellettuale

di Massimo Franchi

Chiesi è al primo posto tra gli investitori farmaceutici italiani in ricerca e sviluppo e all’ottavo posto nella classifica dei maggiori gruppi nazionali di ogni settore: come riesce il Gruppo a sostenere questi investimenti?
L’anno scorso abbiamo investito oltre 150 milioni di euro su 1 miliardo circa di fatturato, abbiamo quindi deciso a livello strategico di mantenere l’incidenza della ricerca e sviluppo nel lungo periodo di tempo sul 15% dei ricavi con l’obiettivo di avere un ritorno sull’investimento che permetta la crescita attraverso il motore interno, ovvero i nostri prodotti. La sostenibilità degli investimenti viene garantita dalla coerenza delle scelte operate.

Credit Images Marco Buzzoni

Cosa rappresenta, dal punto di vista simbolico e di identità, il nuovo centro ricerche Chiesi costruito nella città in cui nel 1935 il Gruppo è stato fondato? Quali valori ha voluto trasmettere l’azienda?
Indubbiamente i valori importanti della nostra azienda, espressi poi nella missione e nel codice etico, sono vari ma credo che siano, nel settore ricerca, cristallizzati attorno ad alcuni concetti chiave che provo ad elencare. Credo che la sostenibilità sia una delle caratteristiche fondamentali di Chiesi: crescita sostenibile innanzi tutto. L’investimento in ricerca e sviluppo serve per crescere in maniera organica e ragionevole. Nella pratica il modo di condurre l’azienda è legato al poter consentire questi livelli di investimenti per un periodo di tempo. Questo significa che tutte le attività dell’azienda devono essere coinvolte, contribuendo ciascuna attraverso un lavoro coordinato e comune.

Altro valore che vogliamo mettere in campo è l’apertura verso le persone che lavorano in azienda cercando di creare spazi comuni e punti di incontro affinché aumentino gli interscambi e le relazioni fra gli individui, i ricercatori e le diverse professionalità esistenti all’interno della nostra impresa. Il nuovo centro ricerche deve poi essere messo all’interno di una rete ed aperto a collaborazioni esterne, a livello accademico, industriale, locale ed internazionale. L’idea, che portiamo avanti da sempre, è quella di continuare ad aprirci a chi condivide almeno una parte del nostro percorso: eccellenza, innovazione, valore aggiunto. Alla fine credo che sia la scelta migliore per i pazienti: portare loro soluzioni efficaci, in termini di usabilità e di costo. Altro obiettivo importante è l’uomo, la persona al centro per stimolare i rapporti, non tanto virtuali, quanto recuperare la dimensione umana in tutti i sensi. I pazienti sono persone con bisogni vari, molto corporali, non sono fatti di numeri. I nostri ricercatori sono persone che non necessitano solo di e-mail, telefonate e videoconferenze: hanno bisogno di uno scambio culturale, più o meno profondo, sia nell’esplicazione della propria professionalità in laboratorio che nei momenti più informali, come la pausa caffè e la pausa pranzo, in cui si creano attimi di relazione molto significativi, nella pratica, per il contributo ed il valore aggiunto che possono apportare.

Chiesi è un’azienda che genera valore, un punto di eccellenza dell’industria e della ricerca italiana nel mondo che compete con le grandi multinazionali del settore: avete pensato ad una eventuale quotazione in borsa?
Non ci siamo quotati in borsa perché vogliamo mantenere le risorse all’interno dell’azienda per la propulsione della stessa. La Borsa non è una destinazione che scartiamo a priori: semplicemente non la facciamo nostra ora. Se sarà opportuno, in un certo momento della nostra storia, fare questo passo legato ad un disegno di coerenza, ad esempio la necessità di ingenti risorse addizionali per un grossa acquisizione, lo faremo. Al momento attuale è più strutturale e strumentale alla nostra evoluzione aziendale il non essere quotati ed il poter destinare le risorse aziendali su un orizzonte temporale di medio e lungo termine piuttosto che focalizzarci nel breve termine con l’obiettivo delle trimestrali, tipico delle aziende quotate in Borsa.

Quali sono i riflessi sull’organizzazione che prevedete e cosa vi aspettate in termini di miglioramento della comunicazione interpersonale.
Noi abbiamo pensato di creare un incontro/scontro tra le persone, cercando di forzare certe situazioni: spazi aperti, uffici comuni, sale riunioni, ma anche hotel office, postazioni di lavoro vuote ed attrezzate per ricevere il personale che viene dall’esterno. Abbiamo cercato di offrire spazi nuovi per stimolare questo genere di interazione: chiamare gente da fuori, dalle filiali al quartier generale per incontri veramente costruttivi. Dall’altro lato abbiamo creato ambienti molto naturali e flessibili che ci consentano di affrontare i prossimi decenni, visto che il mondo farmaceutico sta cambiando in maniera drammatica in questi anni, con tranquillità. Progettare un hardware fisso rischiava di essere molto pericoloso perché questo può essere reso obsoleto rapidamente: andare verso la flessibilità e la modularità significa generare una risposta preventiva in termini di facilità di riallocazione ed utilizzo dello spazio. Abbiamo creato un atrio trasparente, fulcro attorno al quale si sviluppano i laboratori e gli uffici, che vuole essere il simbolo della forza propulsiva del centro: l’incontro delle persone e dei processi deve creare il valore aggiunto che ci interessa. Collegato c’è sicuramente il concetto della sostenibilità ecologica: sono state utilizzate tecnologie costruttive che dovranno permettere di tenere sotto controllo i costi di esercizio favorendo il benessere di
chi abiterà il centro, limitandone i costi di gestione futuri e l’impatto ambientale.

Alla fine del 2010 il Gruppo contava c.a. 3.500 persone, di cui oltre 400 ricercatori: quanto è importante per Chiesi l’attenzione al benessere delle risorse umane e al comfort dei luoghi di lavoro, soprattutto nel campo della ricerca, in cui si cerca di scongiurare con tutti i mezzi la “fuga di cervelli”?
Abbiamo progetti comuni, a vario titolo ed a vario livello, con diversi Atenei universitari sia in Italia che all’estero: questo non lo facciamo da ieri ma da anni. Sul trattenere i cervelli, che forse è un po’ al di la delle nostre possibilità concrete, certamente cerchiamo di attirarli. Vorremmo che questo centro ci aiutasse nel fare questo. Speriamo sia effettivamente quel posto di lavoro desiderabile che permetta di portare via, o riportare, persone di talento che hanno voglia di fare. Credo che il problema sia molto pragmatico: noi ci mettiamo i mezzi, la volontà, l’infrastruttura e l’organizzazione in termini di processi e persone per fare ricerca. La risorsa più preziosa che le aziende hanno sono le persone ed il modo di organizzarle tra di loro.
Se noi abbiamo delle buone menti e le sappiamo organizzare bene, sia all’interno che verso l’esterno, abbiamo tutte le possibilità di gestire al meglio queste risorse.

Ai tre laboratori di ricerche di Parma, Parigi e Rockville (USA) si è aggiunto nel 2008, ed è ormai pienamente operativo, quello di Chippenham UK (indirizzato sulla ricerca tecnologica degli aerosol pressurizzati) ed ora è in fase di costruzione il nuovo centro di Parma: le architetture del Gruppo, che siano uffici direzionali, centri ricerca o stabilimenti produttivi seguono un fil rouge oppure sono scollegate e più riferite al contesto in cui si collocano?
Le architetture dei centri di ricerca sono più scollegate e riferite al contesto in cui operano perché costruite in anni diversi e con logiche completamente differenti. Il centro francese, sulla ricerca clinica, si trova in uffici che semplicemente occupano un’appendice della nostra filiale ubicata a Parigi: non richiede spazi per i laboratori. I laboratori che abbiamo in Inghilterra li abbiamo fatti in un posto dove c’erano le persone che ci interessava avere con noi. Abbiamo avuto una lunga collaborazione con l’Università di Bath, poi diventata uno spin-off aziendale chiamato Vectura col quale abbiamo dovuto interrompere la collaborazione perché divenuta nostra competitor nello sviluppo di prodotti farmaceutici respiratori. Dunque sono state riunite le persone capaci, che avevano lavorato con noi in quindici anni, attorno ad una nuova una struttura di laboratorio che consentisse loro di operare in un luogo dove stavano bene, a Chippenham, vicino a Bath. Abbiamo colto un’opportunità. Dal punto di vista del layout degli interni, ci sono una decina di persone, i concetti introdotti sono gli stessi: non esistono uffici singoli, sono tutti spazi comuni con le sale riunioni nelle quali fare dialogare le persone. I laboratori, pur in una struttura piccola, sono stati realizzati nella modalità aperta: perciò ritorna il concetto open applicato anche localmente nelle diverse realtà.


Il Gruppo Chiesi conta 24 consociate a livello mondiale ed è presente in oltre 60 Paesi con i suoi farmaci, con stabilimenti a Parma, Blois (Francia) e Santana de Parnaiba (Brasile): qual è il ritorno di un investimento in architettura? Può essere principalmente un ritorno in termini di brand e dunque degli asset intangibili? Funzionalità? Comfort del luogo di lavoro e conseguente produttività o affezione al posto di lavoro?
È una domanda difficile: sicuramente abbiamo cercato di privilegiare gli aspetti funzionali. Come in certe abitazioni moderne le strutture sono nate dal software, dall’interno, rispecchiando l’attività che viene svolta. Il processo che è stato adottato risponde alle domande: che cosa ci vogliamo mettere dentro? Quante persone ci vanno ad abitare? Che cosa fanno queste persone e in quale percentuale? Come costruiamo uno spazio che preveda tutto questo? E infine, come tutto questo si
manifesta all’esterno? Quali informazioni comunica?
Tale processo è coerente con la nostra missione ed i nostri valori: una sostenibilità che dentro di sé contiene anche il concetto di solidità. I laboratori ben esprimono questo punto di vista mentre l’apertura derivante dall’utilizzo del vetro, utilizzato nell’atrio, esprime il punto di vista architettonico. Tutto questo, sono d’accordo, è allacciato al valore degli intangibili che però si può leggere anche dal punto di vista estetico.
Come ho detto in altre occasioni, il nuovo centro di ricerca deve essere una grande occasione, scusa e strumento per cambiare il modo di lavorare e di comportarsi delle persone. Rispetto a come facciamo le cose oggi le possiamo fare diversamente e meglio domani, in questa struttura. Spostare l’attenzione sui valori, privilegiando contenuti e risultati da un lato, e la componente umana, di interazione e contatto dall’altro, sono i nostri obiettivi. I contenuti tecnologici sono presenti in tutta la struttura, nel modo in cui è stata progettata, realizzata e fornita di attrezzature elettroniche e tecniche: contenuti che però devono essere al servizio dell’uomo. ■

ANNO 2 N.3

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