Casa FinanceControllo d'Impresa Rendere tangibili gli asset intangibili

Rendere tangibili gli asset intangibili

Parte terza

da Capitale Intellettuale

Alberto Bubbio Docente di Pianificazione e controllo all’Università Cattaneo-Liuc, autore di libri su Controllo di Gestione e Pianificazione Strategica, curatore della traduzione dei testi di Norton e Kaplan

6.I quattro asset strategici: il patrimonio delle soluzioni organizzative

Avere investito per disporre di un sistema di direzione adeguato (management system) è un altro aspetto di assoluto rilievo strategico. Dalle soluzioni strutturali adottate e dall’efficacia dei sistemi operativi dei quali ci si è dotati dipendono i comportamenti delle persone e i risultati aziendali.
Così, ad esempio, si è potuto verificare come forme di incentivazione del management quali le stock option non sempre abbiano dato i risultati sperati. Anche se su questo argomento, a mio avviso, il problema non è stato nello strumento, ma nelle modalità in base alle quali è stato utilizzato. Certo è ormai consolidato quanto il sistema di direzione sia il frutto dello stile di leadership dei vertici aziendali. Ma se si vuole stimolare qualche necessario cambiamento è opportuno fornire dei segnali prima che i risultati economico-finanziari inizino a peggiorare. Gli indicatori devono aiutare ad anticipare i problemi aiutando a capire quando e perché, se si è ragionevoli, è opportuno cambiare i comportamenti. Comunque per tenere sotto osservazione questi asset è necessario monitorare alcuni aspetti:
• il numero dei progetti di miglioramento e/o di cambiamento attuati sul numero totale dei progetti avviati;
• il tempo investito dalle persone in progetti di miglioramento e in quelli innovativi rispetto al tempo dedicato alla gestione della routine; in proposito qualora si ricorra a consulenti esterni il numero dei progetti che hanno avuto attuazione operativa sul numero di progetti complessivamente da questi svolti;
• se si lavora in team, un indice di produttività del lavoro in team può essere dato dal numero di ore lavorative trascorse in team diviso il numero delle decisioni prese dal team che abbiano avuto attuazione;
• per la sua criticità potrebbe essere oggetto di analisi particolare il sistema informatico sia in termini di capacità di rispondere alle richieste provenienti dalle altre aree (numero di richieste evase su numero di richieste di intervento pervenute) che di efficacia dell’intervento (valutazione da parte del cliente interno circa la qualità della risposta ricevuta); inoltre potrebbe essere interessante stimare quale percentuale delle informazioni utilizzate in impresa è frutto ancora di lavoro manuale o, presentata diversamente, quanta parte del sistema informativo è coperta dal sistema informatico; giusto per non essere fraintesi l’alimentazione manuale di un foglio excel per produrre tabelle e grafici non è sistema informatico come non lo sono gli utilizzi di word o powerpoint per lettere e presentazioni; ben diverso è l’utilizzo di questi strumenti quando si estraggono in automatico le informazioni necessarie da database organizzati in modo efficace;
• in relazione ad alcuni processi critici si possono rilevare i tempi medi necessari per concludere questi processi; ad esempio il time to market per i nuovi prodotti/servizi; normalmente quanto più la struttura segue ancora le logiche funzionali tanto più lunghi sono i tempi medi di questi processi;
• un indicatore di flessibilità organizzativa è dato dai tempi medi di risposta necessari per dar seguito ad un ordine “non standard” formulato da un cliente;
• la percentuale di conseguimento degli obiettivi strategici è un altro indicatore generale di efficacia organizzativa.
Resta il fatto che una valutazione della qualità e dell’efficacia con la quale funzionano i diversi sistemi operativi può essere un utile stimolo per chi gestisce tali meccanismi. Si ricorda, a titolo puramente esemplificativo, che i sistemi facenti parte del sistema di direzione (management system) sono: in primis i sistemi gestionali, che sono quelli più peculiari dei singoli business e che comunque vanno, in generale, dall’emissione dell’ordine di acquisto verso i fornitori all’incasso dal cliente, passando attraverso i processi necessari per l’evasione dell’ordine del cliente e, se le caratteristiche del business lo richiedono, la gestione dei magazzini. Gli altri meccanismi riguardano le attività che fanno parte del processo direzionale e sono: il sistema
informativo a supporto delle decisioni e del controllo dei risultati derivanti dalla loro attuazione, il sistema di pianificazione, i sistemi di gestione del personale (selezione, valutazione, ricompensa delle persone) e il sistema di controllo a supporto sia della gestione strategica che di quella operativa. Nell’impresa si possono utilizzare tutti questi meccanismi o solo alcuni di essi. Sicuramente la coerenza fra questi meccanismi è imprescindibile ove si vogliano spingere comportamenti non allineati a desiderati e necessari per realizzare la strategia deliberata. Ma, rientrano tra le soluzioni organizzative con valenza strategica elevata anche le scelte se esternalizzare o meno delle attività e, con riguardo agli investimenti in impianti produttivi, dove questi debbano essere ubicati: se in Italia, nei Paesi dell’Est Europeo o in Cina o in altri paesi ancora. Degli indicatori potrebbero essere:
• numero delle attività caratterizzanti il business model (o la value chain) esternalizzate sul totale delle attività necessarie per confezionare l’offerta e far funzionare il business,
• numero di stabilimenti per area geografica o numero degli stabilimenti all’estero sul totale degli stabilimenti produttivi.


7.I quattro asset strategici: il patrimonio rappresentato dalle persone (Human capital)

I tre patrimoni sin qui descritti sono creati, curati e sviluppati dalle persone. È il patrimonio umano la colonna portante degli asset strategici. Da qui anche la
collocazione grafica di questo patrimonio, come vertice inferiore della BSC proposta. Possedere delle informazioni sulla sua composizione, sulle capacità esistenti (skills), sul clima organizzativo e sull’evoluzione che questo patrimonio sta avendo è fondamentale. Una prima area da indagare e porre al centro di questa dimensione è quella relativa ai ruoli chiave. Questi
ultimi dipendono dal business nel quale si opera e dalle strategie che si è deciso di perseguire. Così ad esempio in un’impres italiana produttrice di tessuti sono almeno tre i ruoli chiave: quello dell’innovatore di prodotto, quello del capo telaio e la figura commerciale dell’uomo prodotto. In un ospedale invece è fondamentale il ruolo
del medico, ma se la strategia è rivolta a realizzare un livello di servizio elevato il personale para medico svolge un ruolo altrettanto rilevante. In un’impresa di grande distribuzione ruolo chiave è quello del category manager, ma i responsabili dei punti vendita (il front office di queste realtà di servizi) sono in egual misura figure critiche. Peraltro se l’impresa punta in termini di strategia competitiva ad una differenziazione basata sul concept e sui format dei punti vendita ecco che assurge
a ruolo di rilevanza strategica quello del tecnico-progettista. E gli esempi potrebbero continuare. Per gestire con efficacia questa componente del patrimonio come minimo è necessario aver individuato questi ruoli, sapere quante sono le persone in grado di interpretarli, che età hanno e quale è il loro livello di soddisfazione. Più in generale è imprescindibile avere degli indicatori sul clima organizzativo. Si può andare dai semplici tassi di assenteismo e di turnover del personale alle più sofisticate e ampie rilevazioni del livello di soddisfazione (employee satisfaction) 12.
Tra gli aspetti che condizionano la motivazione vi sono la retribuzione e le opportunità di sviluppo professionale, offerte dall’impresa. Può essere opportuno disporre di indicatori su questi due aspetti, magari suddividendo il personale per classi di responsabilità o famiglie professionali o qualifica aziendale. Così oltre ad un indicatore della retribuzione media per classi, è
un valido indicatore il numero delle persone sul totale dei dipendenti che hanno avuto un avanzamento di carriera. La formazione merita una sottolineatura a parte poiché oltre a rappresentare, talvolta, un momento di ampliamento delle conoscenze anche per l’impresa nel suo complesso, per il singolo rappresenta sempre un’opportunità di sviluppo. Le persone sono molto sensibili a quest’aspetto per due motivi: è un segnale che l’impresa sta investendo sulla persona e la formazione, soprattutto se off the job (ad esempio corsi di general management), è spesso foriera di avanzamenti di carriera. In proposito
un possibile indicatore (per singole classi nelle quali si è suddiviso il personale) è il numero delle ore dedicate
alla formazione su totale delle ore di lavoro disponibili (13).


Da ultimo, c’è un ulteriore elemento che rende rilevante avere delle informazioni su conoscenze, persone e
soluzioni organizzative nelle quali si traducono le conoscenze. È solo con il loro combinarsi che si creano le competenze aziendali (figura 6).

Queste ultime infatti sono conoscenze, possedute da più persone che operano in impresa e portate a sistema o con la produzione di software o con altre soluzioni tecnico-organizzative, nelle quali è anche presente la descrizione di come si fa ad applicare la conoscenza. Capire quante delle conoscenze presenti in impresa siano condivise da più persone e salvate a sistema è fondamentale. È come se si brevettassero non solo i risultati della Ricerca e Sviluppo, ma i risultati strategicamente rilevanti forniti da tutte le altre aree aziendali. Ne sono esempi formidabili gli investimenti in sistemi per il Customer Relation Management (CRM) o per il Supply Chain Management (SCM). Se poi l’impresa entra nella logica di sviluppare dei Knowledge Management Systems (KMS) quest’aspetto risulta ancora più evidente e se ne può cogliere a pieno la rilevanza strategica (14). Si noti comunque che risultano competenze aziendali anche alcune modifiche tecnologiche apportate da personale interno agli impianti o ad altri asset visibili a bilancio. Da ultimo si ribadisce il concetto che la competenza è conoscenza in azione, per cui diventa aziendale quando più persone la posseggono, la sanno applicare e hanno dei sistemi a supporto di tale applicazione. La rilevanza sul piano strategico del mix appena ricordato è tale che due autorevoli studiosi come Hamel e Prahalad suggeriscono addirittura di formulare la strategia dopo aver individuato le competenze aziendali, per cercare di valorizzarle al massimo.

In proposito si tratta di rispondere a poche semplici domande: cosa si sa e si sa fare bene nell’impresa?

Queste competenze sono distintive rispetto ai concorrenti? Queste competenze possono essere valorizzate anche in altri business diversi dall’attuale?

8. I vantaggi della BSC degli assets strategici

Prima di indicare quelli che si ritengono i vantaggi della BSC proposta è necessario precisare che:
a. per tutti gli indicatori prescelti, in quanto espressione di variabili o aspetti valutati come strategici, è imprescindibile presentare la serie storica e, ove possibile, un parametro di benchmark;
b. la sua elaborazione è simile a quella della BSC di Kaplan e Norton e pertanto richiede che l’Executive Team:
• richiami o rivisiti la missione aziendale;
• definisca gli obiettivi strategici che devono guidare la gestione nei prossimi anni;
• individui nell’ambito dei quattro patrimoni indicati le variabili di rilevanza strategica al fine di dar seguito alla missione ed avere un’organizzazione allineata alla strategia;
• selezioni gli indicatori per sintetizzare le componenti chiave di questi patrimoni;
• per ciascun indicatore fissi un target;
• esegua un deployment delle azioni necessarie per raggiungere i target desiderati;
• elabori il budget degli investimenti sulla base delle azioni individuate.
Si giunge in tal modo ad elaborare una tabella come quella presentata in Figura 7.
c. quanto presentato in quest’articolo non si pone in alternativa alla BSC originaria di Kaplan e Norton.

Anzi questa BSC può essere utilizzata in modo complementare alla prima, andando ad integrare gli indicatori prescelti per la prospettiva Learning & Innovation, così come è in parte suggerito da Kaplan e Norton nel loro recente contributo Strategic Maps15. Ciò non esclude che si possa elaborare la BSC degli asset strategici anche in modo autonomo, senza predisporre la BSC originaria. Benché gli asset strategici inseriti nella BSC siano invisibili, i vantaggi di renderli visibili sono invece tangibili sia per il Controllo di Gestione che per l’informativa esterna unitamente al bilancio. Per il Controllo di Gestione con questa BSC siamo sulle determinanti ultime dei risultati. Da tempo, sottolineo che il controller deve essere come il navigatore nei
rally. Deve assistere e non sostituire il pilota ponendo le premesse affinché si vinca la competizione alla quale
si partecipa. Questo significa fornirgli tutte le informazioni che servono per evitare di commettere errori. A ben poco serve segnalare che si è sbagliata la curva. Bisogna fornire le informazioni che servono prima della curva.
Ma, poi bisogna fornire anche delle informazioni che consentano al pilota di capire le potenzialità dell’auto di cui dispone. Si vincono i rally non solo per l’abilità del pilota, per il suo affiatamento con il navigatore, ma anche per le caratteristiche e la competitività della macchina. Ed è qui che si inserisce la BSC degli asset non evidenziati dal modello contabile: offre informazioni sulla competitività dell’auto. Si può mettere a disposizione del management un selezionato numero di informazioni sui principali investimenti in asset strategici effettuati dall’impresa, per capire se si può cambiare il ritmo della crescita, senza rimanere fermi per strada. Bastano pochi esempi per darne evidenza. Se si è da poco razionalizzato con successo il sistema informatico o si è terminata l’installazione di una nuova soluzione, se si sono acquisiti nuovi fornitori e nuovi clienti, se si sono re-ingegnerizzati alcuni processi, se si è investito in formazione e in che misura lo si è fatto per diffondere le logiche e gli strumenti del Project Management, in tutti questi casi con la BSC si mettono a disposizione informazioni sul fatto che si è pronti per una crescita duratura. Ma, altrettanto tangibili sono i vantaggi di questa BSC per una più corretta e completa informativa verso gli investitori istituzionali. In un momento di crisi dei tradizionali Bilanci, come strumenti attraverso i quali controllare e valutare le performance aziendali, questo nuovo strumento potrebbe essere utile. Certo, si sono già fatti dei grossi progressi con l’elaborazione di altri Rapporti annuali oltre al tradizionale bilancio
di esercizio. Per fortuna, infatti, non si è pensato di risolvere il problema inserendo solo le foto dei membri del Consiglio di Amministrazione e degli altri organi preposti alla Corporate governance in apertura del tradizionale documento, come è prassi consolidata negli Stati Uniti e in alcuni Paesi Europei (16).
È invece sempre più ampio, anche nel nostro Paese, il numero delle imprese che elaborano e presentano alla comunità finanziaria quello che viene chiamato Bilancio Sociale. C’è chi invece elabora un Rapporto ambientale e chi si avventura sulla strada dell’Intellectual Capital Report. Tutti documenti importanti che aiutano a valutare come stia operando un’impresa.
Ma, tra questi, quello più vicino alla BSC degli asset strategici invisibili nel bilancio contabile è il Report17 degli Intellectual Capital18. Sono molte le analogie e i punti di contatto. I pregi della BSC rimangono intatti e vanno recuperati anche da questi documenti:

  1. sintesi, poche informazioni quelle rilevanti. Al massimo una quindicina di indicatori;
  2. individuazione delle relazioni causa/effetto tra missione, strategia e indicatori prescelti, al fine di poter valutare l’allineamento degli investimenti effettuati in questi asset alla strategia;
  3. consapevolezza del management e degli shareholder sugli investimenti effettuati in quegli asset che possono fare la differenza sul piano strategico, magari non nel breve periodo, ma sicuramente nel medio-lungo termine. Ci sono molti modi per tentare di avere una strategia realizzata in linea con la strategia deliberata. Uno di questi, che si è sperimentato essere efficace, è quello di individuare e tenere sotto controllo gli asset dai quali dipendono i risultati della competizione. Come già si è scritto non è sufficiente un buon pilota, né tanto meno può risultare vincente solo un buon navigatore, ci vuole anche una buona “macchina”. Certo, se la coppia pilota-navigatore è affiatata e la macchina è competitiva i risultati sicuramente arrivano. E queste sono le determinanti. È cosa sterile tenere sotto controllo i risultati. Ben più efficace è focalizzare l’attenzione sui driver. Primi fra tutti gli asset strategici dimenticati dal tradizionale modello contabile, sia quando questo è applicato al budget sia quando è chiamato a consuntivare i risultati,
    con l’aggravante, fra l’altro, di considerare solo quelli economico-finanziari. Se si vuole essere competitivi, bisogna investire in modo selettivo e controllare le variabili ad impatto strategico. Sono queste ultime quelle sulle quali un’impresa può fare la differenza e risultare vincente nel contesto competitivo. ■

ANNO 2 N.3

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  • (12) In proposito Databank Spa svolge su richiesta delle imprese indagini molto approfondite e articolate su questo aspetto del clima aziendale, fornendo informazioni utili anche per un confronto con l’andamento di quest’indicatore in altre realtà aziendali. Per approfondimenti si può consultare il sito www.databank.it. Negli Stati Uniti ormai è di moda stilare una classifica sulle imprese nella quali si lavora meglio.
  • (13) In proposito si ricorda che fu Lido Vanni(1975)tra i primi a proporre un quadro di controllo per il personale.
  • (14) Per l’approfondimento degli aspetti informatici nella progettazione e nella gestione di questi sistemi si veda M.Tavaglini, A.Ravarini e D.Sciuto (2003)
  • (15) (traduzione a cura dell’autore, Harvard Business Review, february 2004, pag.55). Come si può notare vi sono molte somiglianze tra la proposta dei due studiosi statunitensi e quella qui presentata. Resta il fatto che loro non propongono per gli Asset indicati l’elaborazione di una BSC . Questi Asset comunque sono legati, in termini strategici, alla BSC attraverso la Learning & Innovation Perspective e gli indicatori che è opportuno inserire in questa prospettiva sono individuati attraverso la costruzione della “mappa strategica” (strategy map). Il loro libro è stato pubblicato nel 2003 da Harvard Business School Press ed ha un sottotitolo significativo:”Converting Intangible Asset into Tangible Outcomes”. Anche questo volume è stato pubblicato in italiano per i tipi Isedi Utet, Torino 2005.
  • (16) Anche se questa prassi ha risvolti psicologici, non è da condannare ma anzi da incentivare.
  • (17) In Italia la prima impresa ad essersi mossa in questa direzione è la Brembo spa il cui Report è scaricabile dal sito www.summit-tmi.it.
  • (18) In proposito si ha in mente un documento come quello della Systematic Software Engineering, una società danese che ha predisposto un report annuale completo delle tradizionali informazioni contabili con un capitolo dedicato all’Intellectual Capital (Sito dal quale sono scaricabili i report è www.Systematic.com)

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