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La consulenza di management al servizio delle imprese

Perché le imprese italiane ricorrono alla consulenza solo nei momenti di crisi? Di quali consulenti ci si può fidare e quali competenze dovrebbero avere? Marco Beltrami ci racconta il mondo della consulenza di management attraverso un’analisi comparativa col mercato europeo

da Capitale Intellettuale

Marco Beltrami Presidente APCO (Associazione Professionale Consulenti di Management) e Associate Partner di IBM Global Business Services

Il mercato In Italia il mercato della consulenza è decisamente più ridotto rispetto al resto d’Europa: una ricerca del 2011 dell’Università di Tor Vergata stima la spesa per la consulenza nel nostro paese intorno allo 0,20 del PIL, verso una media europea ben più alta (ad esempio la Germania 0,74). Altri studi indicano, ad esempio, che il mercato italiano
vale in assoluto 2/3 del mercato del Benelux, che ha sicuramente un’economia sviluppata, ma di dimensione più ridotta. Nonostante questo parliamo di un mercato da circa 3 md di euro con oltre 35000 addetti.

Ma perché questa differenza percentuale con le
altre nazioni?

La spesa di consulenza è considerata un indicatore di economie sviluppate e innovative, quindi apparentemente risulta strano capire come mai l’Italia, che è uno dei membri del G8, abbia una caratteristica così diversa. Una risposta, da me fortemente sostenuta, è nella struttura del sistema produttivo italiano dominato da una grande quantità di PMI. Sono loro che hanno poca abitudine e grandi difficoltà, oltre che diffidenza, a comprare consulenza; le grandi aziende, invece, hanno comportamenti più o meno in linea con la media europea. Un discorso simile può anche essere fatto per la PA, che compra consulenza (quella vera!) poco e male. In sintesi, la struttura dell’economia italiana centrata sulle PMI ed il basso acquisto del settore pubblico, spiegano la ridotta dimensione del settore consulenza in Italia.


Il consulente e la crisi
Il momento economico sappiamo essere critico e secondo le riviste di management momenti di crisi come questi dovrebbero essere i “momenti migliori” per i consulenti. La letteratura manageriale, ed anche io ne sono personalmente convinto, testimonia che il contributo che i consulenti possono dare in momenti di cambiamento come questo, possa essere estremamente importante e decisivo. Dietro tutti i turnaround significativi, i cambi di nuove strategie, le decisioni importanti,

Le aziende, ed i loro manager/titolari, hanno bisogno di essere aiutate a confrontarsi con sfide nuove o con problemi già noti ma che chiedono di essere affrontati con taglio ed aggressività diversi. Il consulente è un’agente di cambiamento: stimola, trasferisce, affianca, propone, fa in modo che l’azienda/organizzazione cliente ottenga il risultato voluto. Certo questo non è facile: dare un contributo di valore è certamente una sfida per tutti i consulenti. Per avere successo oggi occorre
rinnovarsi, specializzarsi, focalizzarsi. I clienti chiedono al consulente supporto per affrontare nuovi problemi, originati dalla crisi o specialistici, e si aspettano un consulente che abbia dimestichezza con questi problemi. Il cliente si aspetta che il consulente sia più avanti di lui, sia propositivo, segnali i problemi futuri, le opportunità finora non colte.

Se il mercato della consulenza è ancora sottodimensionato, se Pubblica Amministrazione e PMI comprano ancora poca consulenza rispetto alle altre nazioni europee, forse è anche un po’ colpa della consulenza che non è cambiata negli ultimi anni abbastanza, che non è riuscita a cogliere ed a dare risposta ai bisogni dei propri clienti.

Il contributo di APCO
Come risolvere la situazione, come ricreare un contesto favorevole alla relazione cliente-consulenza che possa trasformarsi in un fattore di sviluppo dell’economia? Associazioni varie, da Confindustria alle Camere di Commercio, possono aiutare a mediare, a creare dei ponti fra i due mondi, ma credo anche che molto dipenda da noi consulenti, dal nostro modo di porsi, dalle nostre capacità, dalla nostra evoluzione Le grandi società di consulenza non riescono a creare un’offerta adatta (approccio, linguaggio, contenuti, costi) alle PMI: le piccole e i singoli rimangono prigionieri di un approccio esperienziale che spesso non riesce a dare valore innovativo.

Come APCO, Associazione Professionale dei Consulenti, siamo impegnati a giocare un ruolo forte e di stimolo in questo processo di crescita e trasformazione della consulenza. APCO aggrega e rappresenta i consulenti, certifica le competenze possedute (la certificazione CMC: Certified Management Consultant), favorisce lo sviluppo professionale. Ci sentiamo parte di uno sforzo comune per
la competitività del sistema Italia. ■

ANNO 2 N.3

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