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Innovazione e qualità: conflitto o sinergia?

Identificare alcuni punti di possibile sinergia fra i concetti di “innovazione” e “qualità” per una interazione utile e costruttiva fra i due approcci, uno creativo e uno metodologico.

da Capitale Intellettuale

Carlo Del Sante Consulente Qualità e Sicurezza

Fra le tante cause per la perdita di competitività delle imprese italiane nel mondo e dell’attuale declino del “sistema Italia” vengono spesso indicate la mancanza di “innovazione” e di “qualità”.

Tali concetti oltretutto vengono frequentemente classificati come antitetici, come se la qualità fosse freno ed ostacolo alla creatività tipica del genio italiano.

 

Se è vero che tante azienda italiane, approcciando la certificazione della qualità come bollino da prendere il prima possibile e col minimo sforzo si sono riempite di manuali e procedure inutili e inadeguate, clonate dal vicino o calate dall’alto con il solo scopo di raggiungere uno scopo commerciale (il bollino) non gestionale (il miglioramento dei processi e dei profitti aziendali), sono tanti i casi dove un flusso di progettazione non pianificato e non gestito “in qualità” non sia riuscito a tradurre in soluzioni operative e vendibili buone idee e intuizioni di partenza.

 

Il presente articolo si prefigge pertanto di identificare alcuni punti di possibile sinergia fra i concetti di “innovazione” e “qualità” per una interazione utile e costruttiva fra i due approcci, uno creativo e uno metodologico, tramite tre semplici domande che spesso le aziende nel progettare nuovi prodotti o servizi non si pongono, o se si pongono lo fanno dandosi risposte soggettive o inadeguate.

 

Prima domanda: cosa vuole il mercato?

 

Gli uffici tecnici di ogni azienda metalmeccanica vedono prima o poi girare la famosa vignetta dell’altalena pensata, progettata, pianificata, costificata, prodotta, venduta e consegnata al cliente ben diversa da come era stata richiesta in origine, avendo ogni reparto a valle interpretato in maniera soggettiva la richiesta del reparto a monte, per un risultato finale del tutto disallineato rispetto alle esigenze del cliente finale.

 

Se tale vignetta poteva far sorridere negli anni ‘70, quando in un contesto di scarsa competizione il mercato era in mano al fornitore e il cliente doveva in qualche modo accontentarsi, può diventare oggi, in un contesto di sovra produzione dove il cliente è Re indiscusso e capriccioso, il paradigma dell’uscita dal mercato di una azienda che non è in grado di capirne le esigenze.

 

Alla luce di tale considerazione, ottemperare al requisito ISO 9001 par. 7.3.2 “Elementi in ingresso alla progettazione e sviluppo” può diventare quindi non solo una “inutile burocrazia” ma anche e soprattutto un momento di riflessione oggettivo e condiviso su:

  1. cosa vuole il cliente/mercato;
  2. cosa possiamo proporre;
  3. a quale costo;
  4. con quali prospettive di vendita;

La mancanza di uno dei suddetti quattro elementi, declinati in specifiche diverse a seconda dei contesti merceologici, può portare al rischio di non capire da un lato le esigenze del cliente o del mercato, dall’altro i nostri vincoli tecnico-produttivi, e alla fine realizzare un prodotto/servizio valido ma che non verrà mai venduto in quanto non adeguato alle esigenze del cliente o se verrà venduto non darà profitto all’azienda in quanto non sostenibile economicamente.

 

Seconda domanda: a che punto siamo del progetto?

 

Rispondere in maniera oggettiva a tale domanda risulta pressoché impossibile se non si è proceduto ad una adeguata pianificazione del progetto (requisito ISO 9001 par. 7.3.1) e a periodici riesami del progetto stesso (requisito ISO 9001 par. 7.3.4) per verificare l’effettivo avanzamento del progetto e l’ adeguatezza dei risultati sinora ottenuti rispetto ai requisiti di partenza (ammesso che questi siano chiari, vedi prima domanda). Troppo spesso invece la pianificazione di un progetto, ovvero l’indicazione oggettiva di tempi attesi, risorse dedicate, costi, output e punti di controllo previsti, resta nella testa del progettista, con ciò che ne consegue per il resto dell’azienda.

 

Terza domanda: è chiuso il progetto?

 

Difficilmente a tale domanda la risposta è sì/no: generalmente è un “sì, però” oppure “no, ma”.

C’è sempre qualche test non completo, qualche documento da finire, qualche richiesta di modifica dell’ultimo minuto alla quale bisogna dare corso perché è venuta dal tal responsabile o dal tal cliente (che spesso non aveva nulla a che fare col progetto di partenza).

 

Il requisito ISO 9001 par. 7.3.6 “Validazione della progettazione e sviluppo” può essere invece  di grande aiuto per chiudere un progetto e “blindarlo” rispetto alle richieste di modifica o personalizzazione, non sempre legittime, che ne seguiranno.

Purtroppo tale requisito è spesso vissuto come inutile burocrazia, come mera raccolta di documenti e dati per chiudere un fascicolo e aprirne un altro, quando invece la norma e il buon senso richiedono che la validazione di un progetto non venga fatta a tavolino o in laboratorio, ma nelle condizioni d’uso del cliente, mettendosi nei panni del cliente stesso. In questo contesto la presunzione di incompetenza dei clienti che spesso le nostre aziende hanno, in particolare nei confronti dei clienti extra europei, non è affatto un alibi ma una pericolosa aggravante.

 

ANNO 3 N.2

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