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La contraffazione on-line e l’Italian Sounding

L’Italian Sounding è un fenomeno, largamente diffuso, attraverso il quale vengono impropriamente utilizzati nomi italiani, loghi, immagini, espressioni, colori che chiaramente rimandano all’italianità su prodotti che nulla hanno a che vedere con il nostro Paese.

da Capitale Intellettuale

Nadia Adani – Consulente Marchi Bugnion S.p.A. e membro del Polo Agroalimentare

Nell’anno in cui l’Italia ospita la più grande manifestazione mai realizzata dedicata all’alimentazione ed alla nutrizione, l’esigenza di protezione dei prodotti agroalimentari nazionali assume un ruolo ancora più importante.

L’Expo Milano 2015 è infatti una importantissima vetrina per far conoscere in maniera massiva i nostri prodotti e le nostre eccellenze all’estero, ma non dimentichiamo che al sempre più grande successo dei prodotti agroalimentari e vitivinicoli italiani corrisponde un più che proporzionale aumento della contraffazione degli stessi.

Il valore della contraffazione agroalimentare è stimabile intorno ai 60 miliardi di euro, di cui 6 di contraffazione vera e propria e 54 del c.d. fenomeno di “Italian Sounding”.

 

L’Italian Sounding è un fenomeno, largamente diffuso, attraverso il quale vengono impropriamente utilizzati nomi italiani, loghi, immagini, espressioni, colori che chiaramente rimandano all’italianità su prodotti che nulla hanno a che vedere con il nostro Paese.

 

Fortunatamente in Italia, ma in generale in Unione Europea, possiamo vantare un sistema di tutela efficiente basato non soltanto sulla protezione dei marchi di impresa, individuali o collettivi, ma anche su specifici regolamenti che disciplinano il rapporto con le DOP e IGP. Basti pensare che il valore complessivo Europeo delle Indicazioni Geografiche ammonta a 54 miliardi di euro, di cui 12 sono relativi all’Italia, seconda solo alla Francia.

Di recente il MIPAAF (Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali) prendendo ancor più a cuore l’indebito utilizzo di segni contenenti una indicazione geografica, ha adottato una politica di tutela maggiormente rigida rispetto al passato, richiedendo espressamente all’UIBM (Ufficio Italiano Brevetti e Marchi) l’esclusione d’ufficio di domande di registrazione di marchi contenenti parti di una indicazione geografica.

 

Purtroppo le misure atte a prevenire la contraffazione all’estero non sono altrettanto efficaci. Tale condizione è in parte dovuta al fatto che gli interessi in gioco sono fortemente disomogenei e vedono, da un lato, i Paesi con una fortissima tradizione agroalimentare che mirano ad ottenere tutele delle proprie eccellenze al di fuori dei confini Europei e, dall’altro lato, potenze economiche che non godono di tali tradizioni e che quindi favoriscono i propri produttori permettendo l’utilizzo di denominazioni che richiamano le più note indicazioni geografiche dei primi. E così ci troviamo sulle tavole oltreoceano dei perfettamente leciti “Parmesan del Winsconsin” o “prosciutto crudo Canadese”.

In realtà, anche a livello internazionale esiste, già dal 1958, l’Accordo di Lisbona che conferisce protezione alle Denominazioni di Origine; tuttavia a tale accordo hanno aderito solo 28 Paesi, ognuno dei quali ha un evidente interesse nella tutela della territorialità alimentare. Tra questi troviamo infatti Italia, Francia, Portogallo,

 

A testimonianza dei passi che si stanno compiendo verso una più ampia protezione delle DOP e IGP, lo scorso maggio l’Accordo di Lisbona è stato rivisitato attraverso l’Atto di Ginevra che introduce disposizioni in grado di proteggere a livello internazionale, oltre alle denominazioni di origine (DOP), anche le indicazioni geografiche (IGP) dalla genericità e dall’uso strumentale.

Peraltro, le modifiche introdotte prevedono un nuovo standard internazionale per la tutela di DOP e IGP in linea con le richieste italiane in ambito WTO, WIPO e con gli accordi bilaterali dell’UE con Paesi terzi quali, ad esempio, Canada e Stati Uniti. Questi ultimi, seppur non idonei a garantire una tutela “inattaccabile”, offrono comunque un appiglio utile in caso di evidenti contraffazioni che portano ad un inganno per il pubblico.

 

Agropirateria e e-commerce

In uno scenario quindi già piuttosto complesso, si colloca il commercio elettronico che, se da una parte permette di accrescere la visibilità dei prodotti italiani di qualità, dall’altra favorisce inevitabilmente l’attività illecita di contraffazione del Made in Italy.

L’e-commerce è indubbiamente molto utilizzato in tutti i settori produttivi, ma quando si tratta di agroalimentare la cautela è maggiore e la piattaforma internet è meno utilizzata proprio perché il consumatore è più diffidente sulla effettiva genuinità e provenienza dei prodotti offerti.

Come dargli torto? Il web è sicuramente il canale preferenziale per la diffusione dell’Italian sounding. È infatti sul web che si riscontrano più frequentemente casi di imitazioni e falsificazioni del Made in Italy con nomi ed etichette che sempre più spesso evocano le produzioni agroalimentari ed i vini Dop e Igp; si va dal “wine kit” per il vino liofilizzato “fai da te” con false etichette dei migliori vini Made in Italy, al “cheese kit” australiano per la preparazione di un “fantasioso” Parmigiano Reggiano o Pecorino Romano.

Ma non sempre il fake appare così evidente al pubblico, spesso l’illecito concerne irregolarità riguardanti le scadenze, le informazioni sui prodotti e l’etichettatura degli stessi. Gli alimenti più frequentemente presi di mira da questa tipologia di frode sono ovviamente i prodotti tipici della tradizione locale e regionale, prodotti DOP e IGP e semilavorati quali insaccati, sughi e conserve.

 

Ma quali sono gli strumenti atti a combattere la contraffazione on-line dei prodotti agroalimentari ed a cercare di eliminare o quanto meno ridurre fortemente tale fenomeno?

 

In realtà, sono diversi gli strumenti oggi a disposizione dell’imprenditore italiano.

Tra questi è sicuramente degno di nota il protocollo d’intesa stipulato tra ICQRF (Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari) e la piattaforma eBay, che mira ad escludere dal mercato le contraffazioni alimentari. Il protocollo assegna un ruolo centrale a VeRO (Verified Rights Owner), programma di verifica che consente ai titolari di diritti di proprietà intellettuale (come copyright, marchi registrati o brevetti) di segnalare eventuali violazioni. Tramite il Programma VeRO, l’ICQRF insieme all’AICIG (Associazione italiana consorzi e indicazioni geografiche), s’impegna a inviare a eBay “notifiche di violazione di diritti di proprietà intellettuale in relazione alle produzioni DOP e IGP”. eBay si impegna a rimuovere gli annunci dove vengono riscontrate violazioni relative ai prodotti DOP e IGP.

La novità interessante è che l’ICQRF attiva le procedure di protezione ex officio dei prodotti su tutto il territorio dell’Unione Europea per il blocco della commercializzazione dei prodotti rilevati. Grazie al protocollo eBay è stata avviata un’attività di monitoraggio che ha portato alla “pulizia” del web da inserzioni di falsi prodotti agroalimentari e vini DOP e IGP che sono inseriti sullo stesso canale di distribuzione di quelli originali.

 

Lo scorso luglio 2015 ha inoltre visto la nascita ufficiale di “Carta Italia” un documento che ha la finalità di sviluppare Best Practices per contrastare la contraffazione on-line.

Carta Italia è proposta dal CNAC (Consiglio Nazionale Anticontraffazione) e fortemente supportata dal MISE (Ministero dello Sviluppo Economico) ed è un ottimo esempio di collaborazione tra privati e istituzioni che vede tra i suoi firmatari Netcomm e INDICAM.

L’obiettivo è quello di coinvolgere direttamente tutti i soggetti della filiera produttiva, dai titolari dei diritti, i distributori, le piattaforme per il commercio elettronico, ma anche i consorzi e le associazioni dei consumatori, condividendo alcuni principi chiave per la lotta alla contraffazione e individuando linee guida volte a contrastare tale fenomeno.

Tale documento non è rivolto ad un solo settore, ma certamente il mondo dell’agroalimentare, con le proprie peculiarità, potrà essere un beneficiario privilegiato di tale accordo.

 

Sebbene la strada della lotta alla contraffazione appare ancora piena di sfide, il quadro appena dipinto lascia certamente ben sperare su un fronte comune tra Enti governativi ed istituzionali, forze dell’ordine e operatori di Internet, a fianco dei Consorzi di categoria e delle aziende italiane che, da parte loro, devono necessariamente continuare a credere nelle proprie risorse e specificità, investendo nella tutela degli asset immateriali che permettono loro di distinguersi e perseguire la contraffazione in rete e fuori da essa.

ANNO 6 N.3

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