Andrea Isacchi Founder CR EXPERT
La Centrale Rischi è la più importante banca dati a disposizione del sistema del credito che si fonda sulle segnalazioni da parte di tutti gli intermediari finanziari autorizzati in merito alla quantità e alla qualità delle esposizioni in essere presso la clientela, tipicamente imprese e famiglie. La lettura delle informazioni in Centrale Rischi orienta le politiche di affidamento delle banche attraverso il peso che questi dati hanno nella costruzione del rating. Le imprese conoscono e usano poco la Centrale Rischi e tendono conseguentemente ad attribuire poco peso a dati fondamentali quali lo sconfino sulle linee autoliquidanti o a revoca o l’insoluto sulle rate di un mutuo. È necessario valutare al meglio il funzionamento della Centrale Rischi affinché da minaccia possa diventare per le imprese sane, ma in transitoria difficoltà finanziaria, una opportunità per minimizzare i possibili rischi derivanti dal sistema bancario.
La Centrale Rischi è stata costituita presso la Banca d’Italia nel 1962, ma ha iniziato ad operare solamente due anni più tardi e viene considerata la più potente fonte di informazioni sul mondo delle imprese e delle persone fisiche che il sistema degli intermediari finanziari ha a disposizione. Nel corso del tempo la Centrale Rischi si è venuta via via ritagliando un ruolo sempre più consistente nelle decisioni di affidamento bancario poiché permette di utilizzare informazioni raccolte direttamente dal sistema bancario e non mediate dal soggetto debitore, come avviene ad esempio per il bilancio di esercizio.
La finalità fondamentale della Centrale Rischi è quella di fornire alla banca finanziatrice un quadro il più possibile esaustivo della posizione del debitore rispetto all’intero sistema bancario. Nel tempo, il contenuto informativo della Centrale Rischi si è molto arricchito di dettagli inerenti le differenti forme di finanziamento in essere e recentemente è stata molto migliorata la leggibilità dei documenti forniti dalla Banca d’Italia, pur rimando un documento tecnico per addetti ai lavori. La Centrale Rischi si può sinteticamente definire come un meccanismo di monitoraggio degli affidamenti alimentato dalla banche e al servizio delle banche e come tale solamente ad esse riservato. Tuttavia il debitore può richiedere alla Banca d’Italia la propria Centrale Rischi per verificare la correttezza delle informazioni contenute e ove vi fossero errori chiedere le opportune rettifiche. Le informazioni vengono elaborate, aggregate e restituite alle banche segnalanti in modo tale che queste ultime possano verificare la posizione dei loro clienti anche rispetto alle altre banche, avendo in questo modo un quadro ben più chiaro e dettagliato. Possono essere fornite le posizioni mensili del cliente fino ad un periodo massimo di 36 mesi. La normativa che regolamenta il funzionamento della Centrale Rischi è assai variegata e complessa ed è incardinata nella disciplina del D.Lgs. n.385/93 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) e del D.Lgs. n.58/98 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria) e più in particolare trova definizione nella Circolare n.139 – “Centrale dei rischi. Istruzioni per gli intermediari creditizi” – emanata dalla Banca d’Italia in data 11 febbraio 1991 e successivamente aggiornata per ben 13 volte, l’ultima della quali, tuttora vigente, in data 4 marzo 2010.
La circolare è indirizzata alle banche iscritte all’albo di cui all’art.13 Tub e agli intermediari finanziari di cui all’art.106 Tub e iscritti all’albo di cui all’art.64 Tub e all’elenco di cui all’art.107 Tub e impone che:
- sia segnalata l’intera esposizione nei confronti del singolo cliente (persone fisiche, persone giuridiche, organismi con autonomia patrimoniale, fondi comuni di investimento) per importi superiori a €30.000;
- la segnalazione debba essere effettuata con riferimento agli importi in essere l’ultimo giorno del mese e che i dati pervengano presso la Banca d’Italia entro il venticinquesimo giorno dal mese successivo a quello di riferimento. L’obbligo di segnalazione permane anche in assenza di variazioni rispetto al periodo precedente;
- gli istituti di credito sono obbligati a segnalare, stante il regime sanzionatorio previsto dalla normativa.
Ciascuna esposizione dovrà essere segnalata nella sua completezza, evidenziando gli importi relativi alle diverse forme di finanziamento che sono identificate in modo tassativo. Le informazioni contenute nella Centrale Rischi consentono una visione molto chiara e dettagliata dello stato di salute del soggetto debitore. Ciò è reso possibile, non solamente dall’indicazione dell’ammontare dell’esposizione del cliente rispetto all’intero sistema bancario, ma anche da ulteriori informazioni che le banche sono obbligate a segnalare in Centrale Rischi. Le posizioni sono infatti oggetto di classificazione in ragione della localizzazione geografica, della durata originaria e di quella residua, della divisa, della qualificazione come export o import, ma soprattutto dello stato del rapporto che misura la “qualità” del cliente.
Una particolare curiosità può suscitare la differenza tra accordato e accordato operativo. L’accordato rappresenta il credito che gli organi competenti dell’intermediario segnalante hanno deciso di concedere al cliente. L’accordato operativo rappresenta l’ammontare del fido utilizzabile dal cliente in quanto riveniente da un contratto perfetto ed efficace. La lettura della Centrale Rischi evidenzia quindi una chiara situazione di tensione finanziaria per il cliente che non è in grado di rispettare gli impegni assunti rispetto al sistema del credito e tale situazione perdura da almeno 6 mesi. Con ogni probabilità il riequilibrio finanziario richiederà il ricorso a strumenti non ordinari come ad esempio una rinegoziazione/ristrutturazione del debito. La disponibilità dei dati della Centrale Rischi porta ad una rapida conoscibilità delle criticità evidenziate per tutte le banche esposte con il cliente.
L’accesso al credito delle PMI, in particolare, è determinato dagli effetti degli accordi di Basilea 2 e poi 3, finalizzati a garantire maggiore stabilità al sistema del credito, che hanno imposto alle banche un maggior controllo degli impieghi. Ad esempio, nelle operazioni di finanziamento per stato di avanzamento dei lavori l’accordato operativo indica la quota di finanziamento effettivamente utilizzabile dal cliente in relazione allo stato di avanzamento dei lavori.
In particolare, si presta attenzione al rischio di perdita ovvero alla probabilità che la banca perda in tutto o in parte il proprio capitale e le remunerazioni previste contrattualmente. Per fronteggiare tale eventualità gli accordi di Basilea impongono alle banche di accantonare a capitale proprio una quantità di risorse finanziarie proporzionale al rischio degli impieghi misurato da un indicatore sintetico noto come rating2. A esempio, se una banca presta € 500.000 ad un cliente con un rating molto basso (elevato rischio di fallimento) l’accantonamento a capitale di rischio (equiparabile a grandi linee al patrimonio netto della banca) può arrivare a € 60.000. Ciò significa che più una banca ha impegni rischiosi, più elevato deve essere il suo patrimonio netto.
È quindi importante verificare la composizione delle fonti informative che vengono utilizzate internamente dalle banche per costruire il rating, in particolare gli aspetti andamentali. Tipicamente i dati rilevati dalla Centrale Rischi pesano per:
Piccole Imprese fino al 90%
Medie Imprese fino al 65%
Grandi Imprese fino al 50%
Si noti come per le piccole imprese il rating si costruisca prevalentemente sulla base dei dati riguardanti la storia del rapporto, disponibili internamente e ricavati dalla Centrale Rischi mentre il bilancio ha una rilevanza assai modesta.
Da quanto sopra seguono alcune riflessioni in merito a come le PMI possono “gestire” la Centrale Rischi per evitare che un’impresa sostanzialmente possa risultare penalizzata dalle attuali regole del gioco nel mercato del credito. In primo luogo, si riscontra spesso una scarsa attenzione alla gestione delle esposizioni molteplici. Le piccole imprese aprono posizioni con banche diverse per massimizzare l’accesso al credito, ma una volta aperte le posizioni devono essere attentamente monitorate per evitare che una linea su una banca sia sconfinante e le altre possano ancora essere “tirate” in misura significativa. Per quanto questa situazione possa sembrare paradossale è in realtà possibile se una parte considerevole dei pagamenti sistematici mensili, ad esempio i dipendenti, viene appoggiata su una sola banca. Poiché molto spesso è difficile spostare gli incassi dai clienti da una banca all’altra, è inevitabile un attento lavoro sui pagamenti.
Per evitare rischi di sconfino è necessario spostare le scadenze da fine mese ad altra data oppure, come evidenziato nel caso precedente, ripartire i pagamenti su più banche. Gli sconfini e gli insoluti creano un immediato problema nei rapporti con il sistema del credito ma un pass due (?) o peggio un incaglio possono portare a situazioni difficilmente sanabili senza interventi straordinari. A tale proposito, le PMI dovrebbero evitare di trovarsi in tali situazioni interrompendo la continuità temporale o trovando le risorse necessarie per ridurre gli importi sconfinati o insoluti al di sotto delle soglie percentuali indicate in precedenza. Infine, i meccanismi di rating attribuiscono maggior peso in termini di rischio agli insoluti, per cui una PMI in condizioni temporanee di difficoltà paga un prezzo minore in termini di rating se paga il mutuo, ma sconfina sulle linee autoliquidanti o a revoca. In conclusione, pare necessario notare che le regole di comportamento molto operative riportate sopra valgono se la PMI è sostanzialmente sana, ma si trova ad affrontare una tensione finanziaria momentanea e superabile. Se al contrario lo squilibrio presenta caratteri di sistematicità è evidente che si rendono necessari ben altri e più incisivi strumenti di gestione della crisi.
La Centrale Rischi è uno strumento di antica introduzione e ben noto agli intermediari che ne fanno ampio utilizzo. Al contrario le PMI la conoscono poco e probabilmente la usano ancora meno. Ciò porta ad una notevole difficoltà ad interfacciare le differenti esigenze e spesso ad incomprensioni tra le parti che non giovano ad alcuno. L’irrigidirsi dei meccanismi che mettono in relazione rischiosità degli impieghi, rendimento per le banche ed accantonamenti a capitale di rischio rendono la differenza di linguaggio tra imprese e banche ancora più critica e spesso causa implicita della tanto deplorata mancanza di sostegno alla crisi da parte degli intermediari finanziari. Come si è visto da quanto precede, imparare a leggere la Centrale Rischi nella logica della banca è possibile come è possibile orientare alcune scelte operative d’impresa, se non per azzerare, quanto meno per ridurre il rischio che un’impresa sostanzialmente sana, ma in una transitoria tensione finanziaria possa essere eccessivamente penalizzata dal sistema del credito.