Armando Caroli Consulente di Direzione Apco CMC Presidente di AAC Consulting
La storia dell’uomo è sempre stata costellata da scoperte che ne hanno cambiato il corso, a volte in modo lento a volte in modo prorompente ed accelerato. Il fuoco che nella preistoria di quattrocentomila anni fa ha aiutato l’homo erectus a scaldarsi ed a cuocere il cibo, qualche millennio dopo gli ha consentito di fondere e forgiare attrezzi agricoli e di preparare le armi per combattere.
L’uso dei tronchi tagliati che seimila anni fa ha assistito i nostri antenati nello spostare materiale per brevi distanze, qualche centinaio di anni dopo ha permesso di creare la ruota che ancora oggi è utilizzata nelle carriole o sotto forma di ingranaggi complessi per far muovere un orologio o un aereo.
In entrambi gli esempi la singola scoperta non aveva portato ad un cambiamento netto nell’immediato, se non qualche aiuto operativo allo scopritore. Ma è nel tempo che l’evoluzione concepita da più menti ha amplificato le prestazioni iniziali in un processo evolutivo definito Progresso.
Le scoperte iniziali, le più impegnative perché hanno materializzato un’idea, hanno poi sovente aperta la strada del miglioramento esponenziale guidato dalle menti, di inventori e scienziati, rivolte verso un obiettivo o un sogno.
Così accadde per le armi ad avancarica a colpo singolo che furono soppiantate nel 1836 con il revolver a sei colpi di Samuel Colt: un vero e proprio punto di svolta nella storia che ha accresciuto enormemente la potenza di fuoco contribuendo a cambiare il corso di molte vicende nel mondo.
Anno 2010: gli adolescenti percepiscono gli elementi tecnologici come naturali, danno per scontata la loro esistenza e fruibilità e, come dimostrato da un recente sondaggio, non conoscono assolutamente le straordinarie invenzioni la cui genesi ha portato all’attuale livello di progresso.
Personalmente, invece, posso ripescare nella memoria il ricordo affettuoso dell’acquisto del primo PC IBM nel 1982 (con 64 Kb di memoria e un floppy disk da 160Kb per elaborare i dati personali), nel 1986 del primo telefono in auto per comunicare in mobilità, nel 1988 del primo telefax per scambiare documenti tra uffici remoti. E ricordo con altrettanta chiarezza tutti i personal computer, i palmari ed i telefoni mobili successivamente acquistati con le varie evoluzioni – di dimensioni, peso e funzioni – fino ad arrivare alla convergenza in un’unica apparecchiatura multifunzionale: l’iPhone di Apple.
Tutto “in punta di dita” con un’unica piattaforma locale e remota. La complessità operativa resa semplice all’utente: una svolta epocale che mi ha consentito di aumentare le potenzialità personali e professionali che avevo come obiettivi.
Ma il progresso tecnologico non si ferma e arriva all’ iPad, sempre di Apple e con la stessa piattaforma di iPhone. Prodotto che ha scatenato una vera e propria contrapposizione tra i sostenitori del “cosa non fa” e del “cosa non ha” e gli appassionati del marchio che l’hanno “acquistato per amore”, facendo lunghe code all’ingresso dei negozi Apple.
Anch’io ho preso una posizione ponderata, mi sono collocato al centro. Ho analizzato solo “quanto l’apparecchiatura può fare per me” e mi sono posto la domanda: “cosa serve realmente?”.
In questo processo la valutazione delle necessità tra i tanti strumenti software disponibili – il GPS, la rubrica, l’agenda, la posta elettronica, il navigatore Internet, il lettore di libri e di news, il telefono, l’album fotografico, il lettore multimediale, il registratore vocale, la console di gioco, il traduttore in più lingue – diventa l’obiettivo di un progetto concreto ed il firmware solo una risorsa strumentale che può permettere di raggiungerlo.
“Cosa può fare lo strumento nelle mie mani?”, questo è il corretto interrogativo da porsi. “Quanto semplifica e migliora la vita, quante operazioni in più riesco a fare, quanto fa guadagnare in tempo, precisione e tempestività?” Sono esattamente le risposte a queste domande che possono restituire il reale valore di un’apparecchiatura, di una macchina di produzione o di un robot, definendo a preventivo e consuntivo il livello di soddisfazione realmente ottenibile. Ma per trovarle occorre attivare il ragionamento, la condivisione e provare gratitudine per la storia evolutiva sicuramente intrisa anche da errori.
Questo è il metodo che utilizzo nelle analisi di situazioni e di prodotti e che, negli anni, ho scoperto anche essere un caposaldo delle Norme Iso 9000 sull’Assicurazione della Qualità. Naturalmente il Progresso non si ferma.
Da parte mia rimane una prorompente curiosità per la prossima convergenza tra la Fantascienza e la Tecnologia: potrebbe essere la “Realtà Aumentata[i]”.
Alla prossima puntata.
image @iStock-172665208-alwyncooper
[i] La realtà aumentata è la sovrapposizione di livelli informativi (elementi virtuali e multimediali, dati geolocalizzati, ecc.) all’esperienza reale di tutti i giorni.