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Il Metaverso

Il mondo degli avatar, mentre la realtà non è come sembra

da Krizya Sicilia

Krizya Sicilia – Founder Socialtech Web Copywriter and Social Media, Webdesigner, Seo specialist, Neuro Marketing communication

Senior Management Consultant, Fondatore A.A.C. Consulting Società Beneft e Direttore AAC Business School, Formatore Manageriale e Progettista Piani Formativi per Formatori, Innovation Manager ed Ambassador Ente Nazionale Trasformazione Digitale

Armando Caroli – Senior Management Consultant, Fondatore A.A.C. Consulting Società Benefit e Direttore AAC Business School

Cosa è esattamente?

In poche parole, si potrebbe definire come uno spazio virtuale dove persone, luoghi e cose reali sono rappresentate da oggetti digitali.

In vari modi Microsoft Teams o Zoom sono già una forma di Metaverso, perché possiamo essere presenti “là”, nella stanza altrui, ma tramite un’immagine statica, un avatar o un video dal vivo.

Detto questo, si potrebbe considerare il Metaverso un contenitore di contesto più ampio per “riunire le persone”, utilizzabile in molte situazioni, come riunioni, visite a uno stabilimento, presentazioni commerciali, onboarding o formazione.

Partendo da questo presupposto si potrebbe anche desumere che i programmi relativi alle risorse umane e ai talenti debbano nel futuro essere riprogettati in ottica di questo nuovo scenario.

È straordinario, poi, che la partecipazione diventi addirittura immersiva indossando occhiali 3D per la Realtà Aumentata o per la Realtà Virtuale, e consenta di vivere un’esperienza interattiva con il proprio avatar in un luogo completamente estraneo. Oggi esistono ottimi programmi di formazione esperienziale immersiva nel campo della Sicurezza nel Lavoro.

Altresì, occorre comprendere che utilizzi in overdose possono creare scompensi all’apparato percettivo della realtà.

Un ottimo esempio di estraniazione digitale è il film di fantascienza del 2018 “Ready Player One” di Steven Spielberg, che narra la vita di ragazzi che vivono una diversa realtà in uno scenario digitale fantastico, grazie ad un visore, e si sfidano dentro questo mondo per un concorso in denaro, ma la loro realtà, “fuori”, è di desolazione e deriva.

La definizione di Metaverso nasce da Neal Stephenson nel 1992 nel suo libro di fantascienza cyberpunk “Snow Crash”. Lo descrive come una sorta di realtà virtuale condivisa tramite Internet, ambientata in una sfera nera di 65.536 km (216) di circonferenza, all’interno della quale le persone sono rappresentate in tre dimensioni attraverso un avatar, e dove ognuno può realizzare in 3D ciò che desidera, come negozi, uffici, nightclub e altro. Il tutto potenzialmente visitabile dagli altri utenti.

In questi anni, però, il Metaverso ha cessato di essere solo una proiezione del futuro, ma sta diventando sempre più reale perché è entrato nei progetti dei colossi del modo digitale, Facebook in primis, che ha addirittura cambiato nome in “Meta” per esprimere palesemente l’orientamento nello sviluppo, seguita anche da Microsoft ed Apple.

Microsoft Mesh for Teams consentirà nel futuro di sostituire la presenza video con un avatar, creare stanze virtuali e implementare spazi 3D nella piattaforma Teams.

Associata a questa rivoluzione vi è anche quella parallela del denaro per i pagamenti nel mondo virtuale. Di conseguenza stiamo assistendo allo sviluppo crescente delle criptovalute, che già oggi possono essere scambiate con denaro reale e che permettono acquisti sia virtuali che reali.

Tornando all’analisi della situazione in divenire, possiamo sicuramente ipotizzare che verranno create “stanze giganti” differenti e parallele di Metaverso, ad esempio per gli affari, il commercio, l’istruzione e l’intrattenimento.

Nella formazione, ad esempio, cominciamo a rilevare che il termine “e-learning” sta passando a “we-learning” per arrivare alle fasi evolute di “apprendimento digitale” e poi di “apprendimento immersivo”.

Ciò permetterà lo sviluppo di un’enorme serie di nuove applicazioni: dall’onboarding alla formazione esperienziale, dallo sviluppo della leadership alla gestione delle riunioni, dalle esperienze simulate ai grandi eventi per il pubblico.

Ma cos’è che genera l’enorme successo e l’interesse specialmente nei giovani? Lo comprendiamo studiando numerose teorie sociologiche che indicano che le persone dietro un avatar nel mondo virtuale diventano più espressive, franche e psicologicamente più sicure.

Ma se questo è vero, non c’è il fondato rischio che si sentano meglio fuori dalla realtà e si chiudano in sé stessi? La perdita di socialità, come una dipendenza, potrebbe essere grave e profonda se continuata senza freno nel tempo.

Viene anche il dubbio che persone immerse profondamente in una realtà virtuale possano venir più facilmente condizionate da messaggi iniettati artatamente e fare poi azioni che agli esecutori sembrano sinceramente frutto della propria volontà (persuasione subliminale).

Contestualmente, si possono anche rendere evidenti degli utilizzi più che opportuni del Metaverso, ad esempio come ausilio per le persone disabili o con menomazioni, ed è facile citare in questo senso il film di James Cameron “Avatar” del 2009.

Nell’attuale economia le grandi aziende hanno cominciato ad utilizzare questo tipo di tecnologia già da qualche anno: Walmart prepara i suoi dipendenti per il Black Friday, FedEx insegna al suo personale come gestire e posizionare adeguatamente i pacchi nella parte posteriore del camion, e JetBlue insegna ai suoi meccanici a controllare la sicurezza sotto l’aereo nel check pre-volo.

Esattamente ottanta anni fa, nel 1942, lo scrittore di fantascienza con solide basi scientifiche Isaac Asimov scrisse il racconto “Circolo vizioso” nel quale espose per la prima volta le “Tre Leggi della Robotica”, che sentenziavano:

  1. Un robot non può recare danno a un essere umano, né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva un danno.
  2. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla Prima Legge.
  3. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché tale autodifesa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge.

Nasce, quindi, fin dal passato una percezione della necessità di indirizzare la tecnologia verso comportamenti opportuni, corretti, etici, esattamente come le Leggi degli Stati indirizzano i comportamenti delle persone verso il rispetto, il lavoro, la famiglia e tante altre cose che, tutte insieme, regolano la democrazia e la civiltà.

Per questo motivo diventa fondamentale che siano create delle apposite Regole di Base prima dello sviluppo stratificato della tecnologia. Regole che evitino il ripetersi di situazioni come il Far West americano e che tengano in considerazione il fatto che la dimensione del fenomeno non è più circoscritta ad una zona, per quanto ampia, ma si estende a livello planetario.

Il Metaverso non può essere pilotato senza un’etica condivisa solo da monopolisti con grande disponibilità finanziaria: è la stessa necessità di mantenere libera la sorgente di un fiume dall’inquinamento.

Una valutazione va fatta anche sugli elementi di socialità portati dalla tecnologia immersiva nelle comunità, nelle scuole, nelle famiglie e nel mondo del lavoro, perché lo scambio, la condivisione e la partecipazione sono oggi imprescindibilmente alla base della realizzazione dei progetti, della ricerca e dell’aumento esponenziale della conoscenza. È ovvio che tutto ciò è stato sicuramente ottenuto con il pesante aiuto della tecnologia, vedi Internet e il patrimonio culturale immenso che essa mette a disposizione di chiunque cerchi.

Anche l’amicizia rischia di cambiare i suoi connotati, se intermediata da filtri che mascherano la personalità. Occorre, però, tassativamente differenziare la considerazione degli scambi sociali nel Metaverso tra l’uso degli avatar e l’utilizzo degli ologrammi tridimensionali, che, invece, sono rappresentativi esattamente della persona collegata, e permettono un’interazione più sincera e più simile a quella in presenza.

Sorge a questo punto un dilemma: se è vero il vecchio proverbio che cita che “gli occhi sono lo specchio dell’anima”, l’essere umano senziente si fiderà di più di un interlocutore del quale vede le espressioni ed ascolta la voce reale, piuttosto che di una rappresentazione di qualcuno che maschera il proprio io?

Già oggi vi sono scenari digitali nei quali sono attivi i Bot, abbreviazione di RoBot, che lavorano e interagiscono per conto degli umani, come ad esempio i Chatbot, che rispondono a tono alle richieste di assistenza tecnica, gli Aimbot che aiutano persone con handicap, i Tesla Bot che sono robot umanoidi per sostituire le persone in lavori pericolosi e di fatica, e i Commercial Bot che forniscono spiegazioni e animazioni a chi desidera avere informazioni mirate prima di effettuare un acquisto.

Per i giovani delle generazioni future, che non avranno elementi comparativi col passato, sarà naturale interagire col Metaverso, mentre noi, gli altri, avremo solo una progressiva assuefazione basata sulla convenienza data dall’uso e dalla comodità.

D’altro canto l’oggetto di cui stiamo parlando è uno degli elementi di evoluzione di quel processo continuo chiamato Progresso, che ha portato il fuoco, la ruota, la lavatrice, Internet, i roBot e sicuramente tanto altro ancora nel futuro, ma che nei vari momenti di presente è praticamente sempre stato considerato più con sospetto che di reale aiuto all’evoluzione.

Un’ultima considerazione di evidenza: è innegabile che il Progresso della scienza, della tecnologia e della digitalizzazione sia andato sempre avanti, e nel XX secolo con velocità logaritmica, nel nome dell’Innovazione e dello Sviluppo, a prescindere dalla presenza di detrattori e di sostenitori.

Per questo motivo viene oggi seriamente da chiedersi se non è giunto il momento di dare una prova di maturità, facendo l’atto virtuoso di fermarsi ed analizzare senza pregiudizi gli usi e le implicazioni complessive che ha portato e che porterà proprio l’innovazione tramite il Metaverso.

Nella considerazione che l’alternativa di libero arbitrio, nel futuro rischia di costringere alla riparazione di disequilibri e disuguaglianze creati da colpevoli buchi lasciati nelle regole (e che la prevenzione è molto meglio che la cura successiva al malanno), dall’analisi con un’ampia condivisione potrebbe scaturire proprio uno studio con le basi di un progetto concreto, lungimirante, illuminato, ambizioso e globale, e un obiettivo pratico che orienti tecnologia e uomo verso un futuro condiviso di benessere sostenibile e di civiltà.

ANNO 11 N 1

image @Shutterstock/A.Solano

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