Bucciotti Guido Consulente per attività editoriali innovative, formazione e progetti speciali
Leggendo l’articolo dell’amico Armando relativo ai primi sviluppi dell’editoria elettronica in Italia e in Europa, mi sono tornate in mente molte sensazioni che ritenevo sopite ormai in maniera irreparabile.
Ma gli amici servono anche a spronare, e Armando non trascura nulla per farlo: questa volta mi stuzzica col suo articolo. A questo punto non mi resta che dire la mia su alcune delle cose che ha narrato. Dal mio punto di vista e a completamento del quadro (non definitivo, ovvio!).
Nel 1978 studiavo ingegneria a Milano quando mio padre, allora direttore generale della De Agostini, mi chiese di aiutare i suoi dirigenti a preparare un progetto di grande archivio iconografico per l’azienda che dirigeva (gratis ovviamente). Un ragazzino di 20 anni si trova catapultato nel mondo delle grandi aziende (con l’unico vestito intero che avevo….) a parlare con dirigenti e amministratori delegati di alcuni dei colossi mondiali: Philips, General Electric, Siemens. E con dietro la ‘bandiera’ della De Agostini. Dovevo analizzare la potenzialità dei videodischi, allora appena proposti sul mercato, per la realizzazione di un archivio di immagini, di grande importanza per il gruppo editoriale.
In Philips avvenne una cosa che doveva cambiare il mio destino lavorativo: parlando con il responsabile del progetto Laserdisc, il videodisco Philips, questi mi spiegò che per evitare interferenze nella lettura dei dati da parte della testina laser, avevano preferito memorizzare la traccia audio separatamente da quella video e, mentre il video era immagazzinato in formato analogico, l’audio, per la prima volta, fu digitalizzato e memorizzato separatamente sullo stesso disco. Il dirigente Philips mi spiegò anche che, visto che la cosa funzionava parecchio bene, stavano pensando di costruire un lettore di sola traccia audio da immettere sul mercato per superare il problema dell’usura del vinile.
Gli dissi allora che sarebbe stato bello avere un lettore che leggeva sia i supporti solo audio che quelli audiovideo, ma lui, avendo di fronte poco più che un ragazzino, sorrise spiegandomi che avrebbero fatto due lettori separati, uno per i dischi più grandi, audiovideo, e uno per i soli dischi piccoli, solo audio. Risposi, nella mia ingenua sincerità, che il lettore audio, da appassionato di musica e hi-fi, l’avrei sicuramente comprato, mentre per il lettore di video avrei probabilmente continuato ad utilizzare le buone vecchie (allora non tanto) videocassette.
Nel corso dell’incontro ebbi anche modo di notare che i dati digitalizzati potevano rappresentare qualsiasi cosa, oltre al suono.
Alcuni anni dopo (il progetto poi non si fece per gli alti costi di allora), nel 1983, iniziai a lavorare per la De Agostini come esperto di computer, e vista la mia giovane età, nel dicembre del 1984 mi lasciarono comprare i primi PC (nel dicembre 1984) dell’azienda per ‘giocarci’ come diceva il nostro Capocentro (oggi si dice Responsabile IT) e proporre agli utenti le prime applicazioni di office automation. Questo passo fu anch’esso determinante per gli sviluppi successivi. L’office automation per la prima volta metteva gente assolutamente non preparata all’uso di un PC e con una mentalità completamente diversa, davanti alla possibilità di interagire con la macchina e grandi moli di dati, in una maniera che cominciava a farne capire sia gli sviluppi, sia le potenzialità. Ma soprattutto, dal mio punto di vista, mi metteva davanti agli atteggiamenti e alle difficoltà riscontrate nelle persone che per prime si ponevano davanti a questa ‘scatola delle meraviglie’. Non usavi più il computer per programmarlo, ma per fare direttamente il tuo lavoro: una vera rivoluzione.
Questo incarico comportava anche la lettura dei primi notiziari americani sull’evoluzione dell’informatica personale e nel 1985 venni a sapere che la Philips stava finalmente realizzando quei lettori di dischi ottici dedicati ai PC di cui avevamo immaginato nel 1978. Qui l’essere nato all’interno di una casa editrice fece la differenza.
Scrissi immediatamente una lettera (le mail allora non erano molto diffuse…) al presidente dell’azienda proponendo di osservare il nuovo mezzo con attenzione per le sue potenzialità nell’editoria: tanti dati su un supporto per PC consentivano di creare archivi fino ad allora impossibili per l’utilizzo non mediato da tecnici.
Cioè si prestavano ad un uso strettamente editoriale. Raccomandai anche di non procedere finché non si fosse visto all’orizzonte uno standard sufficientemente stabile: un editore deve basarsi su numeri non troppo elitari.
In ogni modo identificai subito il prodotto che avrebbe potuto godere della sua massima valorizzazione se portato in formato banca-dati fruibile da chiunque: la raccolta in 60 volumi delle Leggi d’Italia, edite allora dalla De Agostini col marchio EDIPEM. Una mole di 55 mila pagine contenute in 60 raccoglitori che ne consentivano la sostituzione mensile con quelle aggiornate: 2-300 fino a 2-300 pagine per volta. Un data base in carta. Consultabile grazie ad indici di diverso tipo, e aggiornabile grazie alla rilegatura in raccoglitori per fogli forati.
Microsoft accorse in mio aiuto approvando l’avvio stesura di uno standard e poi con l’annuncio che avrebbe fatto i driver software per questi lettori. Quindi, nel novembre del 1985 chiesi il permesso di iniziare a studiare la cosa.
Nel tempo libero dagli impegni dei miei incarichi, mi misi a cercare informazioni e il mio capo mi coinvolse in incontri molto interessanti con le maggiori aziende: IBM, Honeywell, Olivetti. Le loro soluzioni erano però costosissime e molto macchinose, oltre che proprietarie. Io cercavo qualcosa più tipicamente da editore: comune a tutti, per cui fosse facile reperire persone adatte a lavorare sui diversi campi del sapere e non tanto costose da poter essere comparate al progetto di un nuovo missile per le missioni su Marte.
Con la mia ingenuità, e grazie al fatto che godevo di una certa autonomia, nonostante le battutine che gli esperti mi facevano, nel 1986 chiesi di poter andare all’Università Statale di Milano, dove sapevo esserci degli esperti di utilizzo delle memorie ottiche.
Conobbi così colui che per molti in Italia è stato il vero deus ex machina dell’evoluzione dell’informatica verso un utilizzo diffuso: il professor Giovanni Degli Antoni. Gianni per noi.
In breve identificò il problema cogliendo l’expertise principale che necessitava per lavorare bene: saper trattare con il riconoscimento dei caratteri e la costituzione di banche dati testuali.
Mi fece quindi conoscere Tecograf, guidata dall’eccezionale Giovanni Canzii, e la Condata, una azienda che, fra le pochissime in Italia e nel resto del mondo, si occupava di lettura ottica. L’azienda, situata a Bologna, era guidata da un giovane manager: tale Armando Caroli…
Con Armando e i tecnici di Tecograf stabilimmo una speciale procedura di lettura che portasse ad una percentuale di errori sufficientemente piccola da non causare problemi per l’utilizzo di una così grande banca dati: circa 400 milioni di caratteri di solo testo.
Armando, con una soluzione semplice e geniale, visto il corpo minuto usato per la stampa, propose di fotocopiare le pagine prima di sottoporle alla lettura, portandole dalla loro dimensione attuale a più del doppio. Funzionò! A volte le soluzioni semplici sono le migliori.
Mentre io con Tecograf mi occupavo della realizzazione del software e dell’interfaccia andando ad intervistare giudici, avocati, manager, carabinieri, sindacalisti e impiegati per imparare con quale linguaggio LORO avrebbero voluto parlare al computer e non viceversa, Condata portò a termine l’immenso lavoro di lettura: circa 9 mesi di lavoro ad un costo che era circa la metà dell’intero progetto.
La chiave del successo dell’intera operazione fu il disegno di una interfaccia uomo-macchina che fosse ‘nelle corde’ di avvocati e magistrati, non certo avvezzi all’utilizzo di un PC. Ci sforzammo quindi di parlare ‘avvocatese’ anche nell’interazione col PC, nonostante allora si parlasse di Dos 3.2 e schermi assolutamente a caratteri (no, la grafica proprio non c’era).
Paradossalmente evitammo di usare la funzione pressoché automatica (ma che comportava tre giorni di elaborazione da parte di un mainframe) di indicizzazione full text, perché non avrebbe consentito ricerche fruttuose, ma solo grandi confusioni e perdite di tempo: fu la mossa vincente(il full text lo introducemmo un paio di anni dopo, ad utenti…scafati!). Vincente ma costosa: spesi oltre 350 milioni di lire per creare un indice di parole collegate alle leggi e questo, sì, da indicizzare full text.
Grazie all’incredibile precisione del lavoro di Caroli e dei suoi, al grande lavoro di Tecograf nello sviluppo di un software che non richiedesse anche dieci minuti per ciascuna ricerca, e alla formula commerciale particolarmente ben studiata, con installazione del lettore di CD-ROM (allora non ancora venduti nei negozi) a cura di tecnici mandati da noi, il prodotto ebbe un clamoroso successo, diventando un assoluto best seller a livello mondiale.
La cosa interessante fu che, nonostante la totale inesperienza di tutti noi nello specifico caso (era il primo progetto di CD-ROM editoriale partito nel nostro paese, anche se uscimmo per terzi data la grande mole di dati da trattare), riuscimmo anche a stare nel preventivo (allora la parola budget era fortunatamente ancora poco usata): 1.800 milioni preventivati e 1.801 consuntivati. Ok, barai un po’ perché di fronte a qualche risparmio offerto dalle tecnologie in rapida evoluzione, preferii far finta di nulla e migliorare il prodotto aggiungendo funzionalità e controlli ulteriori rispetto al previsto.
Da ultimo un aneddoto che descrive molto bene il problema dell’utilizzo di un PC da parte di un avvocato che come unico strumento fino a quel momento usava la penna stilografica.
Nel 1989, credo a gennaio, mi telefonò un avvocato napoletano che chiedeva assistenza (non avevamo ancora pronta la piccola struttura che stavo creando). Dopo averlo ringraziato per l’acquisto, gli dissi che avremmo installato insieme il prodotto al telefono e che l’avrei lasciato solo dopo la prima ricerca fatta. Ammetto che avere a che fare con un napoletano quale primo cliente assistito fu un vero vantaggio: pazienza, fantasia, approccio diretto e simpatia resero quei quaranta minuti un bellissimo indelebile ricordo e una esperienza utilissima.
L’avvocato iniziò con questa frase, riferendosi al jewel box che conteneva il CD: “ ‘A scatola: comme se apre?”. Passando poi, seguendo i miei suggerimenti ad estrarre il CD premendo la corona interna che lo bloccava, ad un entusiasmante: “Uè: geniale!”.
Ecco, la vita è interessante per le persone che incontri strada facendo!
Da lì alla prima enciclopedia multimediale d’Europa (e tutt’ora la più grande al mondo su CD-ROM) il passo fu obbligatorio e altrettanto entusiasmante.
Sempre con l’amico Armando