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L’approccio agile

dai progetti digitali alle scelte gestionali

da Capitale Intellettuale
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Corrado Cerruti

Corrado Cerruti Professore ordinario di “Economia e Gestione delle Imprese” Dipartimento di Management e Diritto, Università di Roma Tor Vergata, Facoltà di Economia. Direttore del Centro di Ricerca Proxenter presso CEIS, Università degli Studi Tor Vergata

I progetti digitali – in maniera analoga a quanto è successo nel ventesimo secolo con il settore dell’automobile – stanno portando allo sviluppo di approcci gestionali in grado di cambiare il modo di fare impresa. I progetti digitali, visti i loro cicli di vita molto brevi, il loro elevato tasso di cambiamento e le numerose opportunità di personalizzazione che offrono, sono gestiti in larga parte con un approccio “agile”. Si tratta di un approccio basato su frequenti interazioni con i clienti e su periodici aggiornamenti dei requisiti di prodotto, in base alle mutevoli richieste del mercato e alle nuove opportunità offerte dalla tecnologia (Frey e Cerruti, 2021).

L’obiettivo di questo articolo è quello di descrivere le caratteristiche dell’approccio agile in un ambiente caratterizzato da un crescente grado di vulnerabilità, incertezza, complessità e ambiguità (Bennet e Lemoine, 2014). Su questa base l’approccio agile viene poi analizzato nella sua capacità di contribuire, al di là dei confini dei progetti digitali, ad un nuovo atteggiamento di fondo nella gestione dei processi di cambiamento.

Lo sviluppo agile dei progetti digitali

L’approccio agile è nato nell’ambito dei progetti software, dove lo sviluppo di grandi applicazioni informatiche poteva richiedere molti mesi, con il rischio di consegnare ai clienti applicativi non più completamente adeguati, con alcune funzionalità diventate inutili o poco rilevanti. Questi problemi venivano attribuiti alla rigidità di un processo di sviluppo sequenziale, dove l’interazione con l’utilizzatore finale avveniva solo nelle fasi iniziali e finali del progetto. Nel caso di grandi progetti di sviluppo software, infatti, tra la fase iniziale di analisi dei requisiti e la fase finale di collaudo e rilascio del programma potevano passare molti mesi senza che ci fossero momenti intermedi di verifica.

 Per rispondere ai limiti di questo approccio sequenziale, un gruppo di sviluppatori ha promosso un approccio fortemente interattivo e caratterizzato da tempi di risposta molto brevi. I principi di uno sviluppo software agile sono stati formalizzati in un manifesto (Agile Manifesto, 2001). Le principali priorità alla base dell’approccio agile sono: gli individui e le interazioni contano più dei processi e degli strumenti; la risposta al cambiamento conta più del rispetto del piano.

Secondo l’approccio agile, gli sviluppatori software devono dare massima priorità a soddisfare il cliente, rilasciando l’applicativo in tranche successive ed evitando di condividere il software solo alla fine dell’intero processo di sviluppo. Questo approccio richiede frequenti interazioni, dalla definizione e dalla verifica periodica dei requisiti che si intende inserire, fino al rilascio di una serie di release, dove ogni release viene arricchita di nuove funzionalità aggiuntive.

La gestione agile dei progetti di sviluppo si basa normalmente sulla metodologia “Scrum”, che prevede un’organizzazione dell’attività di sviluppo basata su piccoli team inter-funzionali. Questi team sono pienamente responsabili del raggiungimento degli obiettivi loro assegnati e, rispetto a questi obiettivi, si organizzano in autonomia (Schwaber, & Sutherland, 2020).

A differenza dell’attività di project management tradizionale dove l’obiettivo è dato e dove i tempi e i costi necessari per raggiungerlo sono variabili, l’attività dello Scrum Team lavora con tempi e costi fissi e con un obiettivo variabile. La definizione dell’obiettivo variabile ruota attorno al Product Backlog, cioè alla lista di requisiti che potrebbero caratterizzare il prodotto. All’interno dello Scrum Team, un Product Owner recepisce gli obiettivi aziendali e li traduce in una lista di potenziali requisiti, ordinandoli secondo quelle che considera le priorità da seguire. L’enfasi sul rispetto dei tempi porta lo Scrum Team ad incentrare le proprie attività su una parte del Product Backlog, dandosi degli obiettivi rispetto ad un periodo di tempo prefissato – denominato Sprint – che normalmente dura da una a quattro settimane. In ogni Sprint lo Scrum Team identifica le funzionalità specifiche che pensa di poter completare, definendo uno Sprint Backlog. Queste funzionalità diventano gli specifici obiettivi che il Team punterà a raggiungere nel periodo di tempo prefissato. Una sequenza di Sprint permette quindi di arrivare a versioni sempre più sviluppate dell’applicativo informatico (Schwaber & Sutherland, 2020). Gli obiettivi che vengono perseguiti nello Sprint sono relativi a funzionalità complete, perché il lavoro del Team non è finalizzato allo sviluppo di un prototipo ma punta fin dall’inizio a realizzare una versione base dell’applicativo, con un livello di funzionalità quanto meno accettabili. Nuovi obiettivi rispetto a quelli inizialmente definiti potranno essere inseriti negli Sprint successivi. Nel caso in cui alcune funzionalità non siano state completate in tempo utile, queste funzionalità ritornano nel Product Backlog e il Product Owner sceglierà se indicarle o meno per lo Sprint successivo. All’interno di ogni Sprint il mantenimento dei tempi è facilitato da un incontro giornaliero della durata di 15 minuti, finalizzato a sincronizzare le attività dei diversi membri del Team e a definire le specifiche attività da svolgere durante la giornata. Un altro accorgimento utile per velocizzare le attività è quello di risolvere i disaccordi all’interno del Team attraverso la sperimentazione, attraverso alcuni test su piccoli prototipi, secondo lo slogan “fail fast, fail small, learn and move on” (cioè sbaglia velocemente, sbaglia su piccola scala, impara e procedi).

Al termine di ogni sprint è prevista una Sprint Review. Nella Sprint Review lo Scrum Team analizza, assieme agli stakeholder chiave, gli avanzamenti raggiunti. Si tratta di una riunione informale che ha il duplice obiettivo di informare in maniera trasparente sullo stato di avanzamento del progetto e di raccogliere feedback utili per la prosecuzione delle attività. Come ultimo momento di ogni Sprint, viene organizzata una Sprint Retrospective, cioè un incontro dove lo Scrum Team discute al suo interno cosa è andato bene nello Sprint e cosa potrebbe essere migliorato, definendo un piano di miglioramento da attuare durante il successivo Sprint. L’enfasi sulla trasparenza – all’interno del team e con gli stakeholder – abbinata ad un approccio iterativo che progressivamente affina l’applicativo informatico, permette ai progetti digitali sviluppati con una metodologia agile di adattarsi in maniera veloce e flessibile alle esigenze dei clienti, riducendo al minimo gli sprechi insiti in un progetto dove l’obiettivo rimane fisso su quanto deciso inizialmente (Schwaber, & Sutherland, 2020).

Il Design Thinking nello sviluppo di nuovi prodotti/servizi

Molte caratteristiche dello sviluppo agile dei progetti digitali si ritrovano nel “Design Thinking”. Il Design Thinking è un processo iterativo in cui lo sviluppo del prodotto o del servizio è basato sulla comprensione delle necessità e delle aspettative del futuro utilizzatore e sulla ricerca di più soluzioni alternative che, sotto diversi profili, possano fornire delle soluzioni adeguate. Il Design Thinking è estremamente utile per impostare lo sviluppo di nuovi prodotti o servizi che si propongono di soddisfare necessità di uso poco definite e che punta a farlo riformulando il problema in un’ottica centrata sull’utilizzatore e testando più soluzioni alternative attraverso una continua sperimentazione (Beckman, 2020). La logica è quella di un percorso non lineare di sviluppo del prodotto/servizio, aperto al confronto e al cambiamento.

Il processo di Design Thinking parte da un momento iniziale di osservazione dei potenziali utilizzatori, volto a capire cosa fanno, cosa chiedono, cosa cercano ed eventualmente anche cosa pensano. Per riuscire ad avere un’analisi profonda è importante che il team di progetto sia multidisciplinare così da riuscire a raccogliere tanti diversi punti di vista. Da queste osservazioni nascono idee progettuali volte a risolvere dei problemi o a soddisfare delle aspettative dei potenziali utilizzatori. Dopo una prima fase di brainstorming, le idee di sviluppo vengono schematizzate e selezionate, avendo sempre attenzione a tenere uno stretto legame tra quanto viene proposto e le aspettative/necessità degli utilizzatori. Le idee che appaiono più promettenti vengono trasformate dapprima in un prototipo e, dopo essere state selezionate e messe a punto, vengono implementate in un prodotto/servizio completo.

Dal punto di vista operativo, il processo del Design Thinking è normalmente suddiviso in cinque fasi (Interaction Design Foundation, 2019):

  1. Stabilire l’empatia, quando il team di sviluppo si immerge nella comprensione del prodotto/servizio nella prospettiva degli utilizzatori, cercando di focalizzare i loro problemi e le loro aspettative. L’empatia punta a raggiungere una comprensione profonda delle necessità dell’utilizzatore.
  2. Definire, quando il team di sviluppo inizia a definire l’ambito specifico e alcuni obiettivi specifici. Per fare questo, deve focalizzare il problema da affrontare, le esigenze degli utilizzatori da soddisfare in modo prioritario e la proposta di valore da presentare.
  3. Ideare, quando il team di sviluppo, attraverso un’attività di brainstorming, identifica possibili soluzioni. In questa fase non vengono posti limiti e non viene effettuata nessuna esclusione. L’obiettivo è quello di generare un numero molto elevato di alternative, senza preoccuparsi della loro effettiva producibilità.
  4. Sviluppare un prototipo, quando il team di sviluppo inizia a creare delle soluzioni. La qualità del prototipo non ha importanza. Il prototipo può essere un modello di cartone o una prima versione stampata in 3D. L’importante è che permetta di visualizzare rapidamente ed efficacemente l’idea che il team vuole realizzare.
  5. Testare, quando il team di sviluppo valuta il prototipo coinvolgendo alcuni potenziali utilizzatori, così da vedere cosa funziona e cosa deve essere migliorato.

Queste cinque fasi non sono sequenziali, possono essere saltate o possono verificarsi in parallelo e ripetersi in modo iterativo. In tutte queste fasi, l’attenzione alla persona e alle sue esigenze deve rimanere il centro di tutta l’attività di sviluppo. Peraltro, il Design Thinking, grazie alla sua capacità di approfondire un problema da più prospettive e alla sua capacità di stimolare una sperimentazione non convenzionale, si presenta come un riferimento metodologico utile per innovare i prodotti/servizi in chiave di sostenibilità ambientale, rispettandone il carattere multidimensionale e supportando il necessario confronto con molteplici stakeholder (Buhl et al., 2019).

Dallo sviluppo prodotti alla gestione del business

Nel clima di crescente incertezza e instabilità che negli ultimi anni sta caratterizzando i mercati, dall’emergenza della pandemia all’impatto della guerra in Ucraina, molte imprese stanno espandendo la logica agile anche al di là dei confini dello sviluppo di nuovi prodotti e servizi. Si parla a questo proposito di Business Agility.  Le tre grandi aree dove la necessità di agilità viene maggiormente sentita sono il marketing (e più in generale il rapporto con i clienti), le operations e la gestione della catena di fornitura (Asseraf e Gnizy, 2022). L’agilità nel marketing è risultata cruciale non solo nel momento dell’emergenza pandemica, in risposta ai cambiamenti drastici nelle priorità dei consumatori, ma anche in questo periodo di “new normal” in cui le incertezze sulla pandemia e i timori relativi alla guerra stanno spingendo molti consumatori a scelte di acquisto e di consumo conservative. L’agilità nelle operations è stata messa a dura prova dall’emergenza Covid e, in particolare, dai periodi di lockdown e dalle norme che hanno impattato significativamente le attività produttive. L’agilità nella catena di fornitura è stata chiave nel momento di picco della pandemia rispetto all’indisponibilità di alcuni articoli, in prevalenza legati al settore sanitario, e si ripropone ancora oggi rispetto ad uno scenario internazionale di grande incertezza relativamente alla disponibilità e ai costi delle materie prime. Data la natura delle sfide che le imprese stanno affrontando, le caratteristiche di agilità sono normalmente abbinate alla resilienza, cioè alla capacità di resistere e di reagire ad eventi negativi, assorbendone l’impatto e minimizzandone il danno.

Al di là degli strumenti specifici che le imprese stanno utilizzando per aumentare il loro grado di agilità nelle diverse aree gestionali, emerge come tratto generale l’importanza di un’attitudine agile, di un “agile mindset” (Eilers et al., 2022). In un contesto lavorativo dinamico, l’agile mindset può essere definito come un atteggiamento caratterizzato da desiderio di apprendimento, presa di responsabilità, spirito collaborativo di team e orientamento alla co-creazione con il cliente. Tutto questo porta a cercare e a valutare sempre nuove iniziative per rispondere ai cambiamenti, dove le scelte e le responsabilità individuali per promuovere l’innovazione poggiano su un clima collaborativo.

La diffusione di un agile mindset richiede a monte che il vertice aziendale abbracci per primo un approccio strategico agile al cambiamento, dimostrando sensibilità e attenzione rispetto ai cambiamenti del mercato, nonché capacità di leadership nel riconfigurare le priorità e, a cascata, nel ridistribuire rapidamente le risorse aziendali (Doz e Kosonen, 2010).

L’agile mindset e l’agilità strategica sono approcci apparentemente più familiari alle piccole-medie imprese che alle imprese di maggiori dimensioni, data la loro minore burocratizzazione e la loro maggiore apertura alla collaborazione. Al tempo stesso, l’agilità richiede una capacità di risposta che non sia solo di reazione e di gestione dell’emergenza, come in molti casi le imprese di minori dimensioni si trovano a fare. In un contesto in continuo cambiamento, la capacità di pianificazione deve essere rafforzata, non indebolita, così da identificare le contingenze e i rischi chiave, predisponendo una gamma di possibili risposte, come ad esempio una lista di fornitori alternativi o di materiali sostitutivi. Inoltre, a fronte di una minore rigidità organizzativa, le imprese di minori dimensioni hanno meno risorse e, spesso anche minori capacità, relativamente alle tecnologie digitali che, in molti casi, risultano un elemento chiave nell’abilitare nuove modalità operative e nuovi modelli di business.

In effetti un approccio agile non deve essere confuso con un approccio improvvisato e la capacità di risposta non deve essere unicamente gestione dell’emergenza. Strumenti strutturati quali Scrum e Design Thinking possono aiutare le imprese di ogni dimensione ad affrontare in maniera analitica i problemi, a definire dei gruppi di lavoro che possano valutare i cambiamenti e proporre le soluzioni. Va (ri)scoperta una pianificazione capace di definire una traiettoria di sviluppo e poi ridisegnarla rapidamente quando necessario per rispondere alla volatilità, all’incertezza, alla complessità e all’ambiguità che sempre di più caratterizzano i mercati.

ANNO 12 N.1

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Bibliografia

  • Agile Manifesto (2001). Disponibile su: https://agilemanifesto.org/
  • Asseraf, Y., Gnizy, I. (2022). Translating strategy into action: The importance of an agile mindset and agile slack in international business, International Business Review, 31(6): 121650
  • Beckman, S. (2020). To Frame or Reframe: Where Might Design Thinking Research Go Next?, California Management Review, 62/2: 144-162.
  • Bennett, N., Lemoine, G.J. (2014). What a difference a word makes: understanding threats to performance in a VUCA world, Business Horizons, 57, 311–317.
  • Buhl, A., Schmidt-Keilich, M., Muster, V., Blazejewski, S., Schrader, U., Harrach, C., Schäfer, M. & Süßbauer, E. (2019). Design thinking for sustainability: Why and how design thinking can foster sustainability-oriented innovation development, Journal of Cleaner Production, Vol. 231: 1248-1257.
  • Doz, Y.L., Kosonen, M. (2010). Embedding Strategic Agility. Long Range Planning, 43, 370–382.
  • Eilers, K., Peters, C., Leimeister, J.M. (2022), Why the agile mindset matters, Technological Forecasting and Social Change,179: 102036
  • Frey, M. e Cerruti, C. (2021) Innovazione, sostenibilità e trasformazione digitale, CEDAM – Wolters Kluwer, Padova.
  • Interaction Design Foundation (2019). The Basics of User Experience Design. Disponibile su: https://www.interaction-design.org/literature/topics/design-thinking
  • Schwaber, K. & Sutherland, J. (2020). The Scrum Guide. The Definitive Guide to Scrum: The Rules of the Game. Scrum.org – The Home of Scrum. Disponibile su: https://www.scrum.org/resources/scrum-guide

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