Luca Pasini Consulente in ambito sicurezza sul lavoro e ambiente
La normativa in materia di sicurezza sul lavoro, nel nostro ordinamento legislativo, viene da lontano.
I primi riferimenti alla tutela della salute dei lavoratori furono introdotti nel codice civile e penale negli anni ‘30 e ’40 del Novecento, mentre le prime leggi espressamente dedicate alla materia furono emanate negli anni ‘50, quando vennero dettate le “regole” riguardanti le caratteristiche di igiene e salubrità dei luoghi di lavoro e vennero definite le caratteristiche di sicurezza delle principali attrezzature e macchine destinate all’utilizzo professionale.
Un primo importante cambiamento alla normativa si verificò nel 1994 quando, a seguito del recepimento di una direttiva europea, venne emanato il D.Lgs. 626.
Rispetto a quanto precedentemente definito, il D.Lgs. 626/94 introdusse un nuovo modo di intendere la prevenzione e la sicurezza: l’articolo 5 “obblighi dei lavoratori”, citava testualmente: “ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione ed alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro”.
Fino al settembre del 1994 la sicurezza era implicitamente demandata al datore di lavoro, ovvero colui che “gestisce” il rapporto contrattuale con il lavoratore ed è in grado di poter esercitare un potere decisionale e di spesa illimitato per adempiere alle misure di tutela della salute e sicurezza per i lavoratori. Oggi la gestione della sicurezza ricade su chiunque prenda parte al ciclo produttivo ed alla vita aziendale, senza distinzioni, ma comunque nel rispetto dei livelli gerarchici presenti nell’organigramma e dei poteri funzionali assegnati ad ogni figura.
Il quadro normativo si arricchì successivamente di nuove norme di carattere tecnico, mirate ad esempio alla gestione del rischio legato a determinate condizioni di lavoro (es. rischio chimico, rischio rumore, ecc.) ed alla tutela di soggetti particolarmente sensibili (si ricordi il D.Lgs. 151 del 2001 a tutela della maternità), mentre un altro cambiamento storico si registrò nel 2007, quando con la legge 123 del 3 agosto, vennero emanate una serie di nuove norme in materia di gestione della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Tra queste si ricorda, in particolare, l’introduzione della responsabilità delle persone giuridiche in caso di violazioni alla legislazione cogente in materia, dalle quali si sia determinato un infortunio con lesioni gravi, gravissime o morte: di fatto, l’articolo 9 della legge 123/07 consente di applicare il D.Lgs. 231/01, sulla responsabilità delle società in materia amministrativa, anche ad incidenti sul lavoro.
Il D.Lgs. 231/01 viene quindi ad affiancare le norme prevenzionistiche creando un nuovo soggetto responsabile in caso di infortunio: se prima la responsabilità per un infortunio occorso ad un lavoratore era riconducibile esclusivamente a persone fisiche presenti nell’organigramma aziendale, in funzione del ruolo realmente ricoperto e dei poteri decisionali e di spesa effettivamente attribuiti (principio dell’effettività della delega), ora anche la società titolare del rapporto di lavoro con l’infortunato può essere ritenuta direttamente responsabile dell’evento e, quindi, sanzionata.
Il principio ricalca in modo fedele quanto definito per gli illeciti amministrativi: qualora l’infortunio che ha causato la lesione o la morte del lavoratore sia occorso o causato da circostanze, procedure, mancanze strutturali o organizzative dalle quali la società ha ricavato un utile (intenso anche come minori spese sostenute per l’adeguamento di impianti, minori costi di manutenzione, riduzione dei tempi produttivi, maggiore produttività, ecc.), la società può essere condannata al pagamento di sanzioni amministrative e, nei casi più gravi, anche all’interdizione dall’attività economica produttiva.
Al fine di garantire la reale efficacia della sanzione, il D.Lgs. 231/01 eroga sanzioni quantificate in multipli di una quota base, il cui valore viene calcolato in funzione dello stato economico-patrimoniale della società perseguita.
Un altro importante effetto della Legge 123/2007 è stato il porre le basi per la definizione di un testo unico in materia di sicurezza sul lavoro, raccogliendo ed aggiornando in un unico documento il quadro normativo cogente in materia, fino ad allora frammentato in numerose leggi emanate tra gli anni ‘50 ed il nuovo millennio.
Il D.Lgs. 81/2008, emanato nell’aprile 2008 e successivamente aggiornato nell’agosto del 2009 con il D.Lgs. 106/09, riunisce in un unico testo organico e revisionato, buona parte delle norme emanate tra il 1950 ed il 2007, aggiornando diversi criteri prevenzionistici alla luce delle migliori tecnologie disponibili rispetto alla data di emanazione dei singoli decreti originari ed introducendo alcune importanti novità, tra cui, quella di maggior interesse riguardo al tema qui trattato, è rappresentata dai Sistemi di Gestione della Sicurezza e Salute sul Lavoro (SGSL).
Gli SGSL sono uno strumento integrato per la gestione della sicurezza all’interno dell’azienda: al pari di quanto accade con un sistema di gestione della qualità, questo deve definire in modo chiaro ed inequivocabile i ruoli dei soggetti coinvolti nella gestione della sicurezza, indicando per ognuno i compiti, i diritti, i doveri, nonché le competenze necessarie per lo svolgimento delle mansioni affidate.
Gli SGSL devono inoltre rendere efficace e formalizzare attraverso procedure definite e condivise le modalità di erogazione della formazione per i lavoratori (dirigenti e preposti compresi), le modalità di analisi dei rischi, l’iter da seguire per le indagini a seguito di infortuni e mancati infortuni, la gestione degli adempimenti periodici in materia di sicurezza sul lavoro ed i meccanismi di controllo necessari per la verifica dell’applicazione del sistema stesso.
Obiettivo finale è quindi quello di conseguire dei risultati in materia di riduzione degli infortuni ed insorgenza di malattie professionali all’interno dell’azienda, attraverso una gestione condivisa e responsabile che coinvolga ogni lavoratore, così come previsto dal D.Lgs. 81/08.
L’adozione degli SGSL da parte di un’azienda è un passo importante, poiché comporta l’introduzione di cambiamenti nel processo di gestione della sicurezza: a tale scopo gli SGSL devono essere progettati e realizzati tenendo in debita considerazione la dimensione e le caratteristiche dell’azienda, onde evitare la messa a regime di una struttura gestionale che occupi risorse umane ed economiche senza restituire un reale beneficio in termini di gestione efficace e riduzione degli eventi infortunistici.
Un altro vantaggio legato all’adozione di un sistema SGSL è rappresentato dalla tutela che questo garantisce all’azienda.
L’articolo 30 del D.Lgs. 81/08 prevede che gli SGSL idoneamente adottati ed efficacemente attuati, abbiano caratteristica esimente per quanto concerne la responsabilità amministrativa dell’azienda ai sensi del D.Lgs. 231/01.
A tal fine la strada più semplice per ottenere l’efficacia degli SGSL è eseguirne la progettazione e lo sviluppo secondo le linee guida UNI-INAIL o facendo riferimento alla norma British Standard OHSAS 18001:2007, per i quali il D.Lgs. 81/08 presuppone la conformità a quanto in esso disposto.
Quanto sopra non impedisce ovviamente di scegliere strade di sviluppo differenti per la creazione di un sistema SGSL, ma in questo caso l’onere della dimostrazione di conformità sarà in carico all’azienda: a tal proposito si può comunque affermare che la migliore metodologia di verifica di conformità è data dall’assenza di infortuni!
L’applicazione degli SGSL, correttamente progettati in funzione delle caratteristiche delle aziende ed efficacemente applicati in modo partecipato e condiviso da parte di tutti i livelli dell’organigramma aziendale, sarà l’obiettivo da conseguire per ottenere migliori condizioni di sicurezza e salubrità nelle lavorazioni e tutela delle persone giuridiche da pesanti contestazioni in fase processuale.
Una prima applicazione del D.Lgs. 231/01 in ambito prevenzionistico è individuabile nella sentenza emessa dalla Corte d’Assise di Torino al termine del processo a carico della società ThyssenKrupp Acciai s.p.a. per i tragici eventi accaduti nello stabilimento di Torino nel dicembre 2007, ove persero la vita otto lavoratori.
La sentenza, emessa il 15 aprile 2011 e destinata a diventare un punto di riferimento nel quadro legislativo qualora dovesse essere confermata nei successivi gradi di giudizio, oltre ad aver assegnato condanne penali per le principali figure dell’organigramma aziendale (16 anni e 6 mesi per l’amministratore delegato per l’Italia della multinazionale, 13 anni e 6 mesi per i membri del comitato esecutivo con deleghe in ambito commerciale e finanziario, il direttore di stabilimento ed il RSPP, 10 anni e 10 mesi per il dirigente con delega alla sicurezza antincendio) ha condannato la società, in quanto persona giuridica, al pagamento di una sanzione di 1 milione di euro ed ancora all’esclusione da contributi e sovvenzioni pubbliche per sei mesi ed alla restituzione di quanto già concesso, al divieto di pubblicizzare i propri prodotti per sei mesi, alla confisca di 800 mila euro (individuati come profitto legato ai mancati investimenti in sicurezza), alla pubblicazione della sentenza sui quotidiani nazionali, nonché al risarcimento dei vari soggetti costituiti come parti civili (973 mila euro alla Regione Piemonte, 500 mila euro alla Provincia di Torino, 1 milione al Comune di Torino a titolo provvisionale, 100 mila euro ad ognuna delle sigle sindacali presenti in stabilimento, risarcimenti di varia entità ai colleghi ed a favore dell’unico sopravvissuto all’incidente).
A quanto sopra riportato vanno inoltre aggiunti i 12 milioni di euro che ThyssenKrupp Acciai s.p.a. ha già versato ai familiari delle vittime.
Sommando quindi le sanzioni ed i risarcimenti ai costi processuali sostenuti nel corso dei 3 anni e mezzo di processo, il conto complessivo dell’evento si può stimare in circa 20 milioni di euro, da cui rimangono comunque esclusi i costi legati alla mancata produzione, alla perdita di impianti produttivi, alle conseguenti tensioni sindacali, all’ esposizione mediatica negativa nei confronti della società e dei propri marchi.
Questo tragico evento deve quindi far riflettere su come, sempre più, la gestione della sicurezza non rappresenti un costo, ma un modo per tutelare le risorse interne all’organizzazione, partendo sicuramente dalla salute ed incolumità dei nostri collaboratori, fino ad arrivare alle risorse “intangibili”, come la notorietà e la reputazione del brand.
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