Casa Innovazione L’innovazione tecnica nell’industria agroalimentare e il ruolo dei brevetti

L’innovazione tecnica nell’industria agroalimentare e il ruolo dei brevetti

In un mercato competitivo in cui l’Italia vanta numerose eccellenze, per emergere non basta l’innovazione tecnica: occorre proteggerne i risultati. Il brevetto assolve a questo compito, ma occorre declinarlo in funzione della specifica invenzione

da Capitale Intellettuale

Silvia Dondi – Consulente Italiano ed Europeo in brevetti e modelli

In Italia l’industria agroalimentare produce il 13% dell’intero fatturato del settore manifatturiero grazie alla spinta propulsiva dell’export di prodotti nazionali, in primis pasta, vino, cioccolato. Nel 2015, complice il volano di Expo, il fatturato dovuto all’export di prodotti alimentari Made in Italy ha raggiunto il record storico di 36 MLD di Euro (Istat).

Eppure, nonostante in assoluto i numeri indichino un trend nazionale in crescita per il settore food and beverage (F&B), rispetto agli altri Paesi l’Italia non primeggia. Non solo: l’Italia è surclassata da Paesi aventi una cultura enogastronomica meno rinomata o più recente.

Fig. 1 – Investimenti privati in ricerca e sviluppo     per l’industria F&B in UE come percentuale del fatturato (2010-2012, %). Fonte: FoodDrink Europe 2015

Uno dei motivi che relegano l’Italia in posizione di subordine – anche in un settore di elevato potenziale e di consolidato know-how – è la scarsa propensione delle aziende italiane a promuovere l’innovazione tecnica.

I principali produttori in F&B sono Cina, Stati Uniti e Giappone. Tra questi, gli Stati Uniti vantano i maggiori investimenti privati in ricerca e sviluppo per F&B, con 2.8 MLD Euro nel 2013 (Fonte: FoodDrink Europe 2015). L’Unione Europea non è da meno, avendo investito nel medesimo anno 2.6 MLD Euro, ma l’Italia si piazza agli ultimi posti della classifica per gli investimenti, al pari della Grecia.

Al di là di alcune multinazionali presenti sul territorio italiano, il settore F&B nazionale è prevalentemente composto da una miriade di PMI in cui l’innovazione – intesa come implementazione di un’invenzione sul piano produttivo e commerciale – appare come un’attività discontinua e disorganizzata. Nella maggior parte dei casi, gli inventori sono tecnici di lungo corso che, nello svolgimento della normale progettazione quotidiana, individuano piccoli “accorgimenti” tecnici in grado di ridurre la complessità di un prodotto o i tempi e i costi di produzione.

Per loro natura, gli inventori hanno la tendenza a sottovalutare il potenziale inventivo che si cela dietro questi “accorgimenti”, i quali sono visti come la naturale evoluzione del progresso tecnico nel settore. Ciò è ancor più vero in ambito manifatturiero, dove le invenzioni sono raramente radicali, ma consistono il più delle volte in miglioramenti incrementali – i piccoli “accorgimenti” tecnici – di prodotti o processi esistenti.

Di conseguenza, anche se le PMI nel F&B innovano, non sempre valorizzano i risultati della ricerca tecnica, che appaiono più come il frutto della creatività aleatoria dei singoli che di un piano aziendale strutturato. Nel medio-lungo periodo il posizionamento delle aziende italiane – anche innovative – rischia di essere messo a dura prova in un mercato F&B estremamente competitivo, rischioso e dinamico.

In questo contesto, i brevetti diventano una leva fondamentale per supportare e rafforzare la crescita dell’industria agroalimentare italiana nel panorama europeo e internazionale.

Il brevetto, infatti, è lo strumento primario per la tutela di un’invenzione, intesa come soluzione ad un problema tecnico. Ai fini della brevettabilità, l’invenzione deve essere:

  • nuova, cioè diversa rispetto a soluzioni già note;
  • inventiva, cioè non derivabile in modo ovvio dalle soluzioni note;
  • industrialmente applicabile, cioè riproducibile con caratteri costanti.

Non solo un’invenzione pionieristica, quindi, ma anche il perfezionamento di un prodotto o processo esistente – purché soddisfacente ai tre requisiti richiesti (novità, inventività, applicabilità industriale) – può accedere alla protezione brevettuale.

Il brevetto concesso conferisce al titolare il diritto esclusivo di vietare l’utilizzo, la produzione, la commercializzazione o l’importazione di un prodotto, o l’implementazione di un processo a terzi non autorizzati, per un arco temporale relativamente esteso – 20 anni per i brevetti di invenzione, 10 anni per i modelli di utilità – nei Paesi in cui il brevetto è valido.

 

Categorie di brevetto per l’agroalimentare

Nel settore F&B, all’elevata diversificazione di prodotti e servizi offerti dalle aziende corrisponde un panorama altrettanto variegato di invenzioni potenzialmente brevettabili, sia di “prodotto” che di “processo”.

I principali brevetti di prodotto richiesti riguardano perfezionamenti a linee di produzione, conservazione, sterilizzazione, confezionamento di alimenti oppure packaging alimentari innovativi per forma o materiali impiegati.

Parallelamente, tra i brevetti di processo più comuni figurano metodi di preparazione, conservazione, sterilizzazione, confezionamento di alimenti, metodi di controllo della qualità di linee alimentari, metodi di stoccaggio di semilavorati o di prodotti finiti, metodi di produzione di packaging per alimenti.

Le PMI italiane del F&B sono portate a valorizzare innovazioni meccaniche tangibili in quanto ritrovano nel brevetto una descrizione fotografica abbastanza aderente – seppur con le dovute generalizzazioni – ai macchinari progettati.

Tuttavia, tra le invenzioni brevettabili di prodotto si annoverano anche i ritrovati di food chemistry, quali additivi, formule alimentari, alimenti funzionali, ricette. Nonostante la riconosciuta eccellenza italiana nello sviluppo di alimenti innovativi, solo il 4% dei brevetti europei depositati nel 2014 per alimenti e derivati proveniva dall’Italia.

Seppure il percorso di ottenimento di brevetti per preparati alimentari possa sembrare a prima vista più tortuoso, in realtà richiede solo un cambio di prospettiva rispetto ai tradizionali brevetti in ambito meccanico-manifatturiero.

Nell’ottobre 2010 Nestec ha depositato un brevetto riguardante una formula di latte per l’infanzia in grado di ridurre o prevenire i rischi di allergia. La rivendicazione principale, definente l’ambito di protezione più ampio possibile, recitava così:

                   Fig. 2 – Paesi di origine delle domande di brevetto europeo per

                   “Foodstuff” (classi da A21 a A24) Fonte: EPO Annual Report 2014

Una composizione proteica idrolizzata a base di latte ottenibile trattando una soluzione proteica a base di latte con  a) almeno una endopeptidasi del tipo tripsina, derivata da un microorganismo, e b) almeno una endopeptidasi del tipo chimotripsina, derivata da un microorganismo, per uso come medicamento o come composizione terapeutica o di prevenzione.”

L’Ufficio Europeo dei Brevetti ha ritenuto l’invenzione non nuova rispetto ad alcuni documenti anteriori, i quali descrivevano un composto avente tutte le caratteristiche rivendicate da Nestec. Per tale motivo, Nestec ha ristretto l’ambito di protezione riformulando la rivendicazione principale. L’Ufficio ha quindi riconosciuto la novità della formula di latte, sostenendo tuttavia la mancanza di inventività. In pratica, secondo l’Ufficio, un esperto del settore non avrebbe avuto difficoltà a ideare la formula di Nestec combinando tra loro formule di latte già note.

Dopo un’udienza orale e ulteriori emendamenti, l’Ufficio ha concesso il brevetto limitandone tuttavia la portata rispetto a quanto inizialmente richiesto. Infatti, nella rivendicazione concessa sono specificate la derivazione della tripsina da Kutzneria albida, le sue percentuali di identità rispetto ad una specifica sequenza di polipeptide maturo, la derivazione della chimotripsina da Nocardiopsis o Metarhizium anisopliae e le sue percentuali di identità rispetto a due sequenze specifiche di polipeptide.

Appare evidente la distanza fra la percezione innovativa dell’alimento nell’ottica aziendale – formula di latte per prevenire o ridurre le allergie – e la definizione coniata per l’alimento stesso ai fini brevettuali.

Nella pratica, infatti, la brevettazione di un alimento innovativo ricalca le regole del brevetto farmaceutico, richiedendo quindi l’indicazione degli ingredienti, le dosi assolute o relative, le fasi della preparazione, nonché la presentazione e discussione dei risultati sperimentali. Alla stregua del brevetto farmaceutico, inoltre, è possibile brevettare usi nuovi di alimenti noti – possibilità che il brevetto “meccanico” non offre.

Infine, l’iter procedurale per brevettare un alimento è identico a quello previsto per gli altri brevetti. Infatti, è possibile arrivare alla concessione per “approssimazioni successive” instaurando con l’Ufficio un rapporto dialettico, mediante il quale l’inventore ha l’opportunità di superare le obiezioni sollevate dagli Esaminatori, spiegando le differenze fra la propria invenzione e le soluzioni note e rielaborando il testo entro i limiti consentiti dalla normativa brevettuale.

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ANNO 7 N1

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