Casa ManagementStrategia Investimenti industriali ad alto ritorno economico: la nuova flotta navale

Investimenti industriali ad alto ritorno economico: la nuova flotta navale

da Capitale Intellettuale

Massimo Franchi Direttore Capitale Intellettuale. Advisor, Consulente di management CMC e docente presso A.A.C. Business School

Alberto Caruso De Carolis Dirigente azienda concessionaria di pubblico servizio, Ufficiale superiore in congedo della Gdf è membro della delegazione italiana presso il CIOR

Innovazione e ritorno degli investimenti sono il tema centrale nella competitività di ogni sistema paese.
La crisi economica e finanziaria degli ultimi anni ha dimostrato che la capacità di competere è derivata principalmente dalla qualità degli investimenti: denaro investito adeguatamente ha prodotto un effetto moltiplicatore rilevante con ricadute positive, creando sviluppo nel rispetto delle persone e dell’ambiente.
Purtroppo l’Italia, comparata ai grandi paesi europei, ha sprecato molte occasioni distruggendo risorse e perdendo competitività. Inoltre, il tessuto industriale del nostro paese, con i suoi 3.721.375 imprese1, è composto principalmente da micro e piccole imprese che faticano a produrre innovazioni tutelate da marchi e brevetti. Oggi giorno i paesi con il maggior numero di brevetti si trovano in Asia dove nel 2012 vi sono state depositate il 55,9% del totale di domande a livello mondiale. L’Italia, come è messo in luce dall’ufficio dei Brevetti Europei, ha invece un trend negativo che dopo la crisi 2007-2008 ha visto calare ogni anno il numero delle domande.
Uno dei comparti industriali strategici per l’Italia riguardo al numero di occupati, alla ricerca e sviluppo prodotta ed all’effetto moltiplicatore è il settore della Difesa, che ha punte di eccellenza mondiale nei settori della cantieristica navale, dell’aerospaziale, dei mezzi terrestri speciali per la difesa, ecc.
In particolare, per l’Italia un’eccellente opportunità di sviluppo del paese e di creazione del benessere può sicuramente derivare dalla costruzione della nuova flotta per la Marina Militare che progressivamente andrà a sostituire, anche se solo parzialmente, la flotta esistente. Tralasciando volutamente i molteplici compiti istituzionali di sicurezza della Marina, quello che ci preme sottolineare in questa sede è l’altissimo valore economico-sociale del piano industriale: si tratta di un investimento di poco superiore a 10 miliardi di euro che dovrebbe prevedere la costruzione di 25-30 navi in 10 anni, contenendo la riduzione della flotta (-20%) e salvaguardando l’industria legata alla marittimità.
Infatti, il settore della cantieristica è considerato uno dei più redditizi su cui investire, con un moltiplicatore d’occupazione di 1 a 6 ed un moltiplicatore di reddito di 3,43.
Tali numeri sono possibili grazie al fatto che la cantieristica è ancora un’industria che produce “Made in Italy” per il 90%, grazie a maestranze professionali che oggi sono impiegate per meno del 50% della forza disponibile, con l’ulteriore rischio di ricorrere alla cassa integrazione per circa 10.000 lavoratori.
Il Piano produrrà una ricchezza per il paese stimata in 41 miliardi di euro che sarebbe quasi uniformemente distribuita sul territorio nazionale, con 22 miliardi al nord e 19 al centro-sud, rivitalizzandone il tessuto sociale oggi in grave pericolo a causa della disarmante disoccupazione. Oltre all’aspetto produttivo dobbiamo considerare il coinvolgimento, per oltre 20 anni, delle imprese dedicate alle attività di mantenimento in servizio delle navi.
La flotta navale italiana ha contribuito storicamente alla sicurezza ed allo sviluppo del nostro paese, proteggendone cittadini ed imprese e consentendo all’Italia di esercitare un ruolo da protagonista anche nelle organizzazioni internazionali di cui è parte essenziale ed in alcuni casi paese fondatore. A tal proposito basti ricordare le unità navali in servizio per conto dell’Unione Europea o della Nato; è in questo ambito che una flotta ridotta, con meno unità disponibili per le varie alleanze, diventa sinonimo anche di minor peso politico e di minor protezione degli interessi economici e del benessere dell’alleanza e della comunità.
In particolar modo la Nato, che dobbiamo ricordare è fin dalla sua fondazione il vero garante della sicurezza sociale ed economica occidentale, si trova ad essere sia “cliente” del sistema di difesa italiano che “fornitore”, attraverso investimenti diretti in strutture, personale e mezzi che impiegano nel nostro territorio migliaia di persone, spesso con altissime competenze, in un clima di lavoro multinazionale.
Il nostro compito è far conoscere e far comprendere al mondo imprenditoriale che siamo di fronte ad una delle poche reali ed oggettive opportunità di rilancio e sviluppo dell’Italia. Si tratta di un investimento di denaro pubblico con ritorni certi, basta analizzare gli impatti della precedente legge navale, e con l’ulteriore possibilità di rendere competitive le nostre imprese sui mercati mondiali, nell’ambito della sicurezza civile e militare. Dopo anni di stagnazione la legge navale potrebbe essere l’inizio di una solida ripresa del sistema industriale italiano. ■

  • 1 2014 SBA Fact Sheets Italy

ANNO 7 N.1

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