Maria Mazzali – Psichiatra, Psicanalista, Consulente per le Risorse umane e per la Psicologia dell’abitare
Silvia Zanichelli – Architetto, Interior Designer, Esperta di Psicologia architettonica
Facciamo subito una distinzione tra home working e smart working: il primo significa lavorare da casa, il secondo nel luogo che si preferisce, non solo a casa, ma anche in un caffè (in quanti film americani il protagonista siede con il suo laptop ad un tavolo di Starbucks?), un parco, la spiaggia. Ovviamente la situazione sanitaria che abbiamo vissuto ha portato un’impennata dello sviluppo del primo rispetto al secondo. A febbraio 2020 le persone in home working erano 500 mila. Il mese successivo 8 milioni. L’emergenza ha portato a buttare, come bambini in acqua, i lavoratori in questa nuova modalità senza preparazione.
Il luogo, la casa, fino ad allora vissuta come rifugio e tana, è diventata per molti la metafora della prigione, della gabbia, della bara. Ma bisognava andare avanti e il lavoro non poteva aspettare, così…
alcuni si sono appoggiati al tavolo della cucina, altri hanno trovato soluzioni fai da te spesso poco comode o funzionali, altri ancora hanno acquistato una scrivania da mettere momentaneamente in qualche angolo. Ma senza un corretto spazio di lavoro, il rischio è di non avere concentrazione, con la conseguenza di lavorare tanto e faticare di più. E avere la casa sempre in disordine, con emozioni di rabbia, di confusione, di sconforto, perché non si riconoscono più i confini del proprio spazio fisico e psichico. La contaminazione di due ambienti così importanti con valori esistenziali fondamentali, porta alla condizione psichica dell’esiliato in casa propria. Ecco perché è stato importante rispondere alle esigenze nate in questo frangente drammatico e apocalittico, per salvaguardare tutto ciò che era possibile: la salute emotiva e il lavoro.
Ma facciamo un passo indietro. Le abitazioni sono state progettate per secoli in modo schematico: funzione = stanza. Poi da una parte l’urbanizzazione degli ultimi decenni ha aumentato i costi, portando con sé una riduzione delle metrature, dall’altra sono emerse nuove condizioni come la parità professionale tra i sessi, i figli che studiano non più fino a quattordici anni, ma fino a venticinque o trenta. Aggiungiamo la cultura del consumo che ci fa possedere molti più oggetti, e sentire più necessità. Non ci deve stupire quindi che le nostre case non abbiano più spazi di risulta, metrature abbondanti, angoli non sfruttati, che ci sarebbero utili proprio per l’home working.
Diventa allora necessario ripensare in modo intelligente un “territorio” professionale adeguato alle nostre mura domestiche e alle nuove necessità.
Le persone che in questi mesi hanno lavorato da casa, spesso si sono rese conto di essere meno produttive rispetto al lavoro in ufficio, lamentando poca concentrazione, distrazioni casalinghe, disordine e disorganizzazione.
La nostra mente è condizionata dall’ambiente che ci circonda e questo significa che, se non abbiamo uno spazio di lavoro costruito sulle nostre reali esigenze e sulle specifiche caratteristiche psicologiche, tutto ciò che otterremo sarà nervosismo, distrazione, focus debole e minore produttività.
Da non dimenticare la prossemica, che parla di distanza fisica necessaria al proprio senso di territorio privato inviolabile, quindi la continua promiscuità tra casa e lavoro, simbolicamente, agisce costantemente a livello inconscio, anche se non lo si percepisce, creando sintomi come ansia, insofferenza, rabbia, senso di frustrazione, che aggravano in modo sensibile lo stress generale.
L’altro tema fondamentale è la separazione tra vita professionale e vita privata. La stragrande maggioranza di chi è in home working ha difficoltà a “staccare” dal lavoro, finendo per passare molte più ore alla scrivania. Non c’è più il tragitto dal lavoro a dividere nettamente questi due ambiti, ma abbiamo tutto costantemente a disposizione, magari addirittura davanti agli occhi. Per modificare la zona lavorativa e renderla in linea con le nostre esigenze possono bastare interventi minimi di riconfigurazione o di arredamento mirato, anche se operiamo in un piccolo spazio della casa. Il risultato deve essere uno spazio che tiene conto delle caratteristiche emotive, cognitive, comportamentali, motivazionali e lavorative dove sentirsi in armonia.
Partiamo dall’ambiente
Se in casa disponiamo di una stanza in più, una camera per gli ospiti, una stanza armadi, un refugium peccatorum, siamo fortunati e già a metà dell’opera. Significa che abbiamo metratura da convertire e attrezzare con una postazione dedicata, quindi fissa.
Se invece fatichiamo a trovare un’area da dedicare, possiamo cercare di ridistribuire gli arredi per sfruttare lo spazio al massimo. Quegli angoli che abbiamo lasciato liberi per dare respiro o in cui abbiamo appoggiato una consolle di solo scopo estetico, sono quelli su cui concentrarsi. Valutiamo di spostare in cantina o vendere qualche mobile che non ci serve davvero, o che magari da tempo non ci piaceva più.
Staccare dal lavoro
Chiudere tutto a fine giornata, fisicamente per farlo anche mentalmente, è fondamentale per riposare la mente e goderci il nostro tempo libero. Se non abbiamo una stanza dedicata e non possiamo semplicemente lasciarci la porta alle spalle fino al giorno seguente, ci sono alcuni accorgimenti che possono venirci in aiuto.
Sia che ci serva avere un set up sempre attivo con pc, stampante, eccetera, sia che abbiamo solo un laptop e qualche documento, possiamo scegliere arredi e accessori che ci permettano di riordinare velocemente e nascondere tutto alla vista. Nell’ultimo anno mobilifici e designer si sono adoperati per creare soluzioni ad hoc ingegnose: scrivanie con piani a ribalta, ante a scomparsa, mobili che si aprono e chiudono come origami, piani multipli scorrevoli che escono o rientrano a seconda della necessità del momento. Se non siamo intenzionati a fare acquisti in questo senso, possiamo optare per scatole, cesti e contenitori per riporre tutto, che oltre ad essere funzionali, sono anche decorativi.
Basta mal di schiena
Uno dei maggiori rischi lavorando da casa è che la nostra postazione non sia adeguata e la postura ne risenta, causandoci mal di schiena e irrigidimento di spalle e collo. Ma siamo in casa nostra, quindi proviamo a pensare fuori dagli schemi: perché non posizioniamo lo schermo del pc in alto per lavorare stando in piedi (tanto non bisognerebbe rimanere seduti per più di 20 ’ consecutivi). Ci sono anche scrivanie che si alzano e abbassano facilmente, per cambiare setting in base alle necessità.
Al posto della (poco domestica) sedia ergonomica, potremmo provare un’alternativa come la fitball. Nella sede della Technogym le sedie sono state sostituite da anni dalle palle fitness. Migliorano la postura da seduti e possono essere usate nelle pause per rilassare la schiena e fare stretching.
La luce
L’illuminazione gioca un ruolo fondamentale in qualsiasi ambiente, a maggior ragione quando abbiamo un compito visivo da svolgere e uno schermo davanti.
La fonte di luce naturale ideale dovrebbe venire da destra o da sinistra, mai da dietro le spalle per evitare l’abbagliamento sul monitor. Se non l’abbiamo già, è utile una tenda semitrasparente per rendere la luce più morbida sia per il lavoro che per le videocall.
Per i momenti in cui la luce naturale non è sufficiente, serviranno almeno una luce ambiente, e una sulla scrivania, che ci permetta di vedere bene i documenti, ma anche per retroilluminare il computer e non stancare gli occhi.
Il nostro cervello ha bisogno di luce come i polmoni dell’aria, ne sia un esempio la vita nei paesi nordici dove a causa della mancanza di sole, gli abitanti soffrono molto di più di depressione.
Gli accessori
Ovvero le coccole fanno sempre bene.
Una pianta verde sulla scrivania o vicino a noi, per piccola che sia, aiuta la concentrazione e il benessere.
Una bottiglia termica per aver sempre a portata acqua fresca o una bevanda calda, a seconda della stagione e dell’umore.
L’inquinamento indoor talvolta può essere peggiore di quello outdoor: potrebbe essere utile un purificatore aria da tenere nella stanza.
Le pause sia per gli occhi sul monitor, sia per la postura seduta, che per riposare la mente sono fondamentali. Lo dice il buon senso, ma anche il D.lgs n. 81 del 2008: quindici minuti ogni due ore alzandosi per allentare la tensione di schiena, collo, spalle e braccia. Ma quando siamo presi da ciò che stiamo facendo è difficile ricordarsene. Allora possiamo impostare uno smartband o smartwatch oppure una sveglia sul computer.
Sempre per chi sta molte ore davanti ad un monitor, un paio di occhiali anti luce blu proteggono gli occhi e arriveremo a sera con lo sguardo riposato.
Il consiglio in più
Come abbiamo detto dall’inizio, il rischio è quello di lavorare di più e non staccare mai: ricordiamoci che siamo noi a dover blindare gli spazi del lavoro e del tempo libero. Nella sede di Google di Dublino cellulari e computer aziendali la sera rimangono in ufficio. Ma se stiamo parlando di lavorare a casa, come fare? Ci sono molti trucchi tecnologici. Possiamo installare sul cellulare un’app per la messaggistica dedicata al lavoro (tipo whatsapp business) e stabilire che si blocchi dopo una certa ora. O ancora si possono impostare sul nostro computer due account diversi: uno per il lavoro e uno per il tempo libero. Se usiamo questi espedienti sarà molto più difficile che ci “scappi” controllata la posta elettronica dopo il tramonto. E potremo goderci il tempo libero a mente sgombra e leggera.
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