Casa Risorse Umane Un team di successo: il segreto nelle competenze integrate

Un team di successo: il segreto nelle competenze integrate

Il management emotivo delle risorse umane

da Krizya Sicilia
Maria Mazzali – Psichiatra, Psicanalista, Consulente per le Risorse umane e per la Psicologia dell’abitare

Per comprendere a fondo le complesse dinamiche che si formano in un team professionale occorre conoscere alcuni presupposti psicoanalitici di cui ha ampiamente parlato Elliot Jacques, psicoanalista quando ha approfondito i sintomi e i processi inconsci sociali.

Egli afferma che nelle società si costituisce un processo inconscio collettivo e che il destino felice o infelice di quella comunità dipenderà dalla maturità o dalla nevrosi dei soggetti componenti. Un esempio di questa dinamica è dato dai comportamenti della società politica italiana di quest’ultimo periodo.

Per quanto riguarda l’applicazione di questo paradigma alle imprese, occorre avere ben presente che il team aziendale è un gruppo coatto che, di regola, non viene creato partendo dal desiderio spontaneo dei singoli, ma viene scelto da parte dell’azienda, e spesso con criteri più tecnici che relazionali.

Questo processo crea una comunità di persone estranee che devono collaborare, volenti o nolenti, che si piacciano o meno, ed è loro richiesto di coordinarsi in un modo efficace per realizzare progetti economici complessi, sovente in tempi molto rapidi.

Occorre poi considerare che ogni risorsa proietta sugli altri tutte le proprie personali esigenze, sia positive che negative. Si aspetta di vedere realizzate aspettative consce e inconsce soggettive, spesso oltre la pertinenza al ruolo e all’incarico, come il rispetto, la gratificazione, l’appartenenza, la considerazione, la carriera, i riconoscimenti economici e talvolta anche l’amicizia, ma subisce molteplici frustrazioni quando tutto ciò viene disatteso.

In conseguenza, il clima aziendale sarà il risultato della sommatoria di tutte queste dinamiche molto complesse e per lo più inconsapevoli. Occorre conoscere a fondo alcuni di questi processi per comprendere in modo corretto i problemi relazionali per trovare soluzioni idonee.

Se si sbaglia l’analisi si sbagliano i risultati, per citare un vecchio detto “Garbage in, garbage out”.

In Italia il valore della relazione emotiva tra i dipendenti di un’azienda è una voce spesso trascurata dalla maggior parte degli imprenditori, e in particolar modo dai manager di alcune multinazionali, mentre proprio l’affiatamento emotivo della squadra risulta essere un fattore imprescindibile del suo funzionamento e del suo successo.

Dopo tanti anni di attività come consulente per la gestione delle risorse umane, posso affermare che una percentuale altissima delle persone incontrate hanno avuto disagi proprio in quest’area, perciò mi accingo ad affrontare il tema con un orientamento verso il Problem Solving.

Il bambino, quando nasce, è privo della capacità di comprendere il linguaggio verbale, mentre è bravissimo a decifrare quello non-verbale del corpo e delle espressioni paraverbali come il tono della voce, il timbro, la gestualità e le espressioni emotive del viso, a cui risponde nel giro di pochi secondi in modo naturale.

Nella memoria inconscia tali capacità si sono evolute nei millenni e accompagnano l’uomo fin dai suoi albori: i primitivi comunicavano con i gesti, mentre il linguaggio strutturato è arrivato dopo millenni. Questa premessa serve per ricordare quanto nella comunicazione siano importanti i messaggi non-verbali e paraverbali, insieme ad adeguati contenuti per evitare malintesi, tensioni ed aggressività: non tenerli in considerazione, a lungo andare può produrre un sottofondo inconscio purtroppo favorevole allo sviluppo di un inadeguato e deleterio clima negativo nel team.

L’Intelligenza Emotiva di Goleman e le sue teorie mi hanno dato molti strumenti per comprendere e formare le risorse manageriali ed operative che ho avuto l’onore di conoscere. Con loro ho avuto momenti di grande empatia e complicità sia professionale che umana, che hanno arricchito anche la mia parte esistenziale, e con alcune di loro continua uno scambio proficuo e simpatico ancora oggi per consigli e pillole di formazione.

In seguito alla pubblicazione del libro di Goleman, il concetto d’Intelligenza Emotiva (IE) ha preso forma ed è diventato oggetto di studio sia in ambito psicologico che dell’organizzazione aziendale. Secondo la sua concezione, essa comprende una serie di capacità e competenze che guidano l’individuo soprattutto nel campo della leadership e del business.

Analizzando i concetti nel dettaglio l’Intelligenza Emotiva è indicata da queste caratterizzazioni:

Consapevolezza di sé: è intesa come la capacità di riconoscere le proprie emozioni e i propri talenti, così come i propri limiti e le proprie debolezze; comprende, inoltre, la capacità di intuire come queste caratteristiche personali siano in grado di influenzare gli altri.

Autoregolazione: descrive la capacità di gestire i propri punti di forza, emozioni e debolezze, adattandoli alle diverse situazioni che possono presentarsi, allo scopo di raggiungere fini e obiettivi.

Abilità sociale: consiste nella capacità di gestire le relazioni con le persone allo scopo di “indirizzarle” verso il raggiungimento di un obiettivo determinato.

Motivazione: è la capacità di riconoscere i pensieri negativi e di trasformarli in pensieri positivi che siano in grado di motivare sé stessi e gli altri.

Empatia: è la capacità di comprendere appieno e addirittura percepire e sentire lo stato d’animo delle altre persone.

Oltre a questo, sempre secondo l’autore, a ciascuna delle suddette caratteristiche appartengono diverse competenze emotive, intese come le abilità pratiche dell’individuo necessarie all’instaurazione di relazioni positive con gli altri.

Tali competenze, tuttavia, non sono innate, ma possono essere apprese, sviluppate e migliorate per raggiungere prestazioni lavorative e di leadership di alto livello. Infatti ciascun individuo risulta dotato di un’intelligenza emotiva “generale” fin dalla nascita, e il grado di tale intelligenza determina la probabilità – più o meno elevata – di apprendere e sfruttare, nella crescita, le competenze emotive di cui sopra e raggiungere il proprio personale successo nel privato e nella professione.

È quindi sempre più evidente che oggigiorno nel personale non si può prescindere dalla presenza anche delle competenze relazionali oltre a quelle specificatamente tecniche. Infatti io parlo di Maturità di Ruolo solo in presenza di entrambe le competenze, altrimenti il team avrà scarse possibilità di affrontare in modo adeguato le molteplici situazioni che la gestione efficace di un’azienda richiede.

Le competenze relazionali si compongono a loro volta di:

  1. Idoneità Emotiva: il controllo delle emozioni; l’empatia, ovvero la capacità di entrare in contatto con le emozioni altrui senza restarne invischiato; l’insight, che corrisponde alla capacità di autocritica e automotivazione; il processo secondario, ovvero, la capacità di fare l’esame della realtà sotto stress; 
  2. Idoneità di Ruolo in team: la somma delle competenze relazionali e tecniche individuali nel contesto del lavoro in team. La risorsa deve essere in grado di rapportarsi in modo idoneo in relazione ai sottoposti, ai pari grado e ai superiori mentre lavora in gruppo.

Nelle consulenze che propongo uso sempre questa classificazione per aiutare un team a comprendere il proprio livello di Maturità di Ruolo e sviluppare la consapevolezza che l’azienda è prima di tutto un organismo economico integrato e complesso, soggetto a diversi piani di realtà.

Ricordo in particolar modo un episodio rivelatore: ad una riunione di bilancio di fine mese in un’azienda a cui partecipavo come consulente esterna per la gestione organizzativa delle riunioni, ho assistito ad uno scambio di battute particolarmente interessante tra il Responsabile dell’ufficio tecnico, laureato in ingegneria, e la Responsabile dell’ufficio amministrativo, laureata in economia e commercio.

Il Responsabile dell’UT si lamentava della troppa burocrazia economica che appesantiva l’iter della ricerca tecnica, mentre di fatto la richiesta era un normale e inevitabile report delle spese sostenute dal reparto per mantenere sotto controllo l’andamento del budget.

Nonostante la Responsabile dell’UA si sforzasse di fargli comprendere che erano prassi e corrette consuetudini di controllo, l’ingegnere replicava che le richieste erano troppo rigide e ansiogene per i suoi sottoposti.

In questo caso particolare siamo intervenuti con due livelli di formazione e affiancamento, uno di tipo relazionale, sulla comunicazione, e l’altro più tecnico, di semplificazione informatica, per far comprendere a fondo alle risorse dell’UT il contesto economico in cui stavano svolgendo il loro lavoro. Sembra difficile da credere che esistano situazioni aziendali di questo tipo, ma sono molto più frequenti di quanto si pensi.

In conclusione, sulla base della tanta esperienza, ritengo sia molto importante valutare le risorse nella loro maturità complessiva tramite adeguati assessment, e aiutarle con formazione e consulenza a sviluppare competenze così che possano contribuire proattivamente all’incolumità economica nel tempo, così come al benessere emotivo ed esistenziale nell’impresa.

ANNO 11 N.1

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