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Gestire il personale in caso di crisi

Dai sintomi delle aziende agli strumenti che il nostro ordinamento mette a disposizione per la gestione del personale in caso di esuberi. Identificare quali risorse umane trattenere e creare processi virtuosi che generino soluzioni condivise

da Capitale Intellettuale

Francesca Ghetti Avvocato giuslavorista

La difficile congiuntura che l’economia italiana e internazionale sta affrontando in questo periodo ha reso indifferibile per molte aziende avviare processi di autoanalisi anche al fine di avviare eventuali processi di ristrutturazione e/o riorganizzazione indispensabili per mantenere competitività sul mercato.

Il nostro ordinamento offre diverse soluzioni per affrontare con l’indispensabile attenzione e coraggio questo delicato passaggio.

Poiché sono molteplici i fattori, interni ed esterni all’impresa, spesso concomitanti, che possono causare difficoltà, compromettendone l’equilibrio economico – finanziario, solo una esatta e tempestiva diagnosi può consentire l’individuazione della “cura corretta”.

Attraverso opportune e specifiche metodologie di analisi si può arrivare a prevenire le vere cause delle difficoltà. Generalmente, infatti, il Management comincia a rendersi conto delle difficoltà solo quando aumenta l’indebitamento, diminuisce la liquidità,  l’azienda  non  dà utili o genera perdite, ed il volume dei ricavi non cresce quanto crescono i costi o diminuisce la quota di mercato.

Questi, però, sono solo i “sintomi “ di una possibile crisi aziendale, ma nulla dicono delle “cause” della crisi stessa.

Se vengono “tamponati” da lì a poco potrebbero ripresentarsi non essendone sradicata la causa genetica. Ecco dunque che a nulla varranno i tentativi di spiegazione dietro ai quali spesso il management aziendale si trincera, quali: “il mercato è in crisi” (in realtà, in ogni settore ci sono aziende che guadagnano e prosperano); “l’azienda è impegnata in investimenti importanti destinati a dare i propri frutti in futuro” (e se lo scenario dovesse mutare? Se i frutti dovessero tardare a venire?);

“il costo della nostra mano d’opera non è concorrenziale con quello dei Paesi emergenti” (ma siamo sicuri dell’efficienza della nostra organizzazione? E ancora, siamo consci di aver scelto di competere sul piano del prezzo?); “il costo del denaro è troppo elevato” (E se il peso eccessivo degli oneri finanziari fosse una conseguenza e non una causa?). Ecco dunque che solo una diagnosi corretta che individui i veri punti deboli dell’azienda, può costituire il punto di partenza di ogni ragionamento per superare la crisi in essere, prevenire eventuali ricadute e nello stesso tempo individuare e suggerire, addirittura, opportunità di cambiamento per un più solido sviluppo.

I passi da fare sono normalmente i seguenti:

  • identificazione delle competenze interne ed esterne;
  • diagnosi sui punti di forza e di debolezza;
  • definizione degli strumenti e dei processi da adottare;
  • identificazione delle esigenze di ristrutturazione;
  • affiancamento del cliente nella gestione dei rapporti con i sindacati;
  • definizione del piano di comunicazione di crisi sia all’interno che all’esterno all’azienda.

L’esigenza (in realtà uno dei passaggi più delicati e più importanti) dello sviluppo del sopra descritto progetto è anche quello di far sì che l’azienda conservi il proprio valore ed abbia continuità sul mercato identificando per esempio quali risorse umane sia meglio trattenere in azienda e quali invece no, e come raggiungere questo obiettivo, considerando che le risorse più qualificate sono le prime, in caso di crisi, ad uscire dall’azienda, perché le più ricercate sul mercato.

È utile pertanto creare processi virtuosi, a volte ricorrendo all’outsourcing e all’outplacement, così da generare soluzioni, le meno traumatiche possibili, in termini di valore, risorse e immagine.

Ora, all’interno degli accennati macroprocessi di riorganizzazione e ristrutturazione aziendale, a questa area è riservato il compito di rappresentare al lettore – approfondendo ogni singolo istituto nei numeri a seguire – gli strumenti che attualmente il nostro ordinamento offre per la gestione del personale in esubero nei casi di contrazione, sospensione, riorganizzazione o cessazione dell’attività.

Il nostro Ordinamento prevede:

  1. Una serie di forme di integrazione salariale caratterizzate dal presupposto di una crisi aziendale più o meno lunga e dalla conseguente previsione di ripresa produttiva: cassa integrazione guadagni ordinaria (CIG), straordinaria (CIGS) e contratti di solidarietà difensivi (CDS). La funzione di detti strumenti è quella di integrare la retribuzione persa dai lavoratori a seguito della sospensione dal lavoro o, nel caso dei CDS, della riduzione dell’orario di lavoro. Nel contempo essi permettono al datore di lavoro    di ridurre temporaneamente i costi del personale, di non licenziare i lavoratori e di impiegarli nuovamente una volta superata la crisi. Nei casi di contrazione dell’attività produttiva è poi possibile, quale strumento alternativo alla cassa integrazione, il distacco dei lavoratori presso un’altra azienda del
  2. Quando,  invece,  gli  esuberi   assumono   carattere strutturale ed irreversibile e non si trova, perciò, rimedio negli strumenti sopraindicati, si rende necessario procedere al licenziamento: o con la procedura ordinaria (mobilità individuale) ovvero ricorrendo ai licenziamenti collettivi che costituiscono quelle procedure al termine delle quali il lavoratore ha diritto al trattamento di mobilità.  Anche il pensionamento anticipato viene ricondotto alle forme di riduzione del personale.
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ANNO 1 N.1

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