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Cinquantenni sulla Piazza del Mercato

da Capitale Intellettuale

Pierrette Lavanchy Psicoanalista, membro ordinario della Società Svizzera di Psicoanalisi e dell’international Psychoanalytical Association (I.P.A.)

La crisi economica che ha colpito l’Occidente negli ultimi anni ha avuto, come è noto, pesanti ripercussioni sul mercato del lavoro. Sia negli Stati Uniti, sia in Europa, la disoccupazione è cresciuta fortemente, interessando tutti gli strati della popolazione, ma colpendo in modo particolare le persone di età compresa tra i 45 e i 54 anni.

Per dare solo alcune cifre, negli Stati Uniti, la disoccupazione in questa fascia di età ha mostrato nel 2009 un picco di 6,9 percento, superando il picco di 4,6 percento registrato nella depressione del 2001. Nella primavera del 2011, con un mercato del lavoro in ripresa, sempre negli USA si è contato che erano stati creati un milione novecento mila nuovi impieghi dalla fine del 2009, ma che questi posti erano andati principalmente alle persone di meno di 34 o più di 55 anni.

Se l’azienda chiude o licenzia, i manager di questa categoria di età incontrano forti difficoltà nella ricerca di un nuovo lavoro. In un mercato già ridimensionato, partono svantaggiati rispetto ai più giovani, per il loro costo superiore e per la loro minore familiarità con le tecnologie informatiche. La difficoltà è ancora maggiore per gli impiegati, le cui abilità messe a punto durante i loro venti o trent’anni di esperienza non sono più tanto richieste.

Anche in Italia, da tempo, molte aziende cercano di liberarsi di dipendenti considerati “in esubero”, situati per lo più fra i lavoratori vicino al termine del loro percorso attivo. Ma la riforma delle pensioni voluta dal governo Monti ha costretto i datori di lavoro a modificare i meccanismi di salvataggio precedentemente adottati. Fino a pochi mesi fa, per esempio nel settore bancario, le aziende offrivano ai dipendenti la possibilità di un’uscita anticipata, dall’età di cinquantacinque anni, pagando loro i contributi residui. Adesso invece lo spostamento  dell’età pensionabile a 65 anni e il passaggio al sistema contributivo rendono improponibile questa soluzione, che obbligherebbe le aziende a pagare dieci anni di contributi ai dipendenti pensionati. Le aziende si trovano loro malgrado a dover tenere con sé dei lavoratori che loro malgrado devono rimanere.

La Piazza del Mercato

Il problema dell’occupazione può essere esaminato utilmente adoperando il modello del Mercato di Parola, elaborato da Giampaolo Lai nel suo libro del 2011, L’eternità sulla Piazza del Mercato, edito da Vita e Pensiero, Milano. Sulla Piazza del Mercato si incontrano un Compratore, portatore di una domanda, e un Venditore, gestore di un’offerta, con l’aspettativa di giungere a uno scambio felice, a un fair trade. Ciascuno dei due traders, dei due mercanti, si avvicina al mercato con una propria speranza di guadagno, e il fair trade è quella transazione che consente di realizzare il meglio possibile quelle speranze. Ci è facile identificare il Compratore nella persona che cerca lavoro, mentre il posto del Venditore è occupato dall’azienda, che offre posti di lavoro. Le loro speranze rispettive sono, per il Compratore, trovare un posto di lavoro soddisfacente, pagato bene, interessante, il più possibile stabile; per il Venditore, essersi assicurato i servizi di una persona competente e motivata.

Economia in crescita. Finché il mercato è in equilibrio, Compratori e Venditori si trovano sulla Piazza in maniera complementare. Quando l’economia è in crescita, aumenta l’offerta di lavoro, e così il mercato richiama sulla Piazza Compratori che se ne erano tenuti fuori. C’è anche la possibilità che, almeno in alcuni settori, vi sia addirittura un eccesso di offerta rispetto alla domanda, cioè una pletora di Venditori in una Piazza del Mercato dove i Compratori scarseggiano. In tali circostanze, il Venditore-azienda non ha altra soluzione se non offrire al Compratore condizioni sempre migliori per invogliarlo a firmare un contratto con lui piuttosto che con un altro Venditore. Per esempio potrà offrire uno stipendio maggiore rispetto ad altre aziende, o un passaggio di categoria, o altri benefit, o ancora una maggiore qualità della vita, con più ferie, un orario flessibile, un asilo-nido aziendale. In breve, il Venditore offrirà degli incentivi.

Economia in crisi. Al contrario, in una situazione di crisi economica, il richiedente lavoro si trova nella posizione di un Compratore che si reca al mercato a tasche quasi vuote. I beni con cui potrebbe acquistare il bene-lavoro – cioè le sue abilità, la sua formazione, la sua esperienza – sono svalutati, prima di tutto perché si trovano in abbondanza sul mercato, nelle mani di innumerevoli altri Compratori, ma anche perché possono essere considerati obsoleti, fuori corso, come è il caso di molti manager o colletti bianchi cinquantenni e oltre. I questo caso i Venditori stanno in disparte, senza nulla da offrire, magari concludendo qualche affare riservato con Compratori più giovani fuori dalla Piazza del Mercato. L’unico ricorso del Compratore cinquantenne in tali circostanze è quello, in qualche modo paradossale, di offrire lui stesso incentivi al Venditore.

Quello che osserviamo in effetti è che il Compratore, dopo aver mandato messaggi a tutti i suoi contatti, dagli amici d’infanzia agli ex compagni di studi ritrovati sulle reti sociali, a colleghi e parenti di colleghi, per chiedere indicazioni o raccomandazioni; dopo aver affrontato la trafila delle consultazioni di siti aziendali e di spedizioni del curriculum; dopo essere giunto, se va bene, agli esami mortificanti di colloqui ripetuti; se a questo punto egli non arriva a discutere i termini di un contratto a compenso probabilmente decurtato rispetto al precedente, ebbene il Compratore finirà per offrire le sue capacità anche gratuitamente, a titolo di volontariato, solo per poter rimanere sul mercato, con la speranza di accumulare meriti professionali o crediti morali che gli consentano nel futuro di essere riassorbito nel mondo del lavoro. In tal modo, il Compratore agisce come se fosse Venditore, distribuendo al Venditore, a titolo promozionale, campioni delle proprie competenze.

Economia vincolata. La scarsità di posti di lavoro richiama, nella sua crudeltà, le situazioni di carestia che, fin dalle epoche più remote, hanno determinato un eccesso di domanda rispetto all’offerta e creato le condizioni per il mercato nero. Invece la particolare situazione italiana dei dipendenti cinquantenni di cui stiamo ragionando non ha equivalenti in natura. Qui le conseguenze della crisi per i singoli soggetti sono attutite, rispetto ai risvolti drammatici della disoccupazione, visti in America ma anche in Italia, in altri settori, da disposizioni di legge che rendono meno probabile il licenziamento, ma precludono il prepensionamento da parte di quelle aziende che erano prima orientate a praticarlo. Aziende e dipendenti sono vincolati da un doppio obbligo: l’obbligo per le aziende di far lavorare le persone, e l’obbligo per le persone di prestare la loro opera.

Qual è la speranza di guadagno che può muovere questi Compratori e questi Venditori a convergere sulla Piazza del Mercato? Per i Compratori, la speranza di andare in pensione è irrealizzabile; la speranza di conservare il bene del lavoro, di non perderlo, che in altre circostanze sarebbe un forte movente, è già realizzata. Per i Venditori, la speranza di trovare acquirenti ricchi per i beni di lavoro disponibili è irrealizzabile (non ci sono beni disponibili e quelli esistenti sono assegnati ad acquirenti squattrinati); la speranza di recuperare i beni di lavoro per rimetterli sul mercato è proibita. La speranza è senza oggetto, quindi vana. Alla mancanza di speranza si aggiunge la svalutazione. Il Compratore dipendente sa che i suoi beni sono svalutati poiché l’azienda vorrebbe disfarsi di lui e lo farebbe se solo potesse. Il Venditore azienda sa di offrire, se ha ancora senso questa parola, un bene di lavoro ugualmente svalutato agli occhi del Compratore e a quelli dell’azienda stessa. Il doppio handicap, costituito dalla svalutazione e dalla perdita della speranza di guadagno per entrambi gli attori, costituisce la base di un’economia depressa, dominata dalla legge del minimo sforzo, quale si osserva nei sistemi statalizzati. Insomma, un bad trade, dove Compratori e Venditori perdono entrambi e dove né l’uno né l’altro è in grado di lanciare incentivi.

 

Un cambiamento di logica

 

Se è pensabile un rimedio, questo consiste, in astratto, nel passare dalla  logica deontica del doppio obbligo (devi lavorare, devi impiegare), dove l’unico incentivo immaginabile è quello kantiano del compimento del dovere, a una logica del Possibile, centrata sulle risorse disponibili e aperte alla speranza di guadagno. Anche nella situazione di cui ci occupiamo (ben consapevoli che essa rappresenta una parte limitata del panorama lavorativo), si presume che esistano speranze residue, per realizzare le quali i mercanti convenuti sulla Piazza del Mercato potrebbero lanciare incentivi. Per i Compratori – dipendenti di cinquant’anni o più, ancora lontani dalla pensione – resta la speranza di un miglioramento nelle condizioni del lavoro. Per i Venditori – le aziende che impiegano questi dipendenti maturi – resta la speranza di aumentare il rendimento dei beni di lavoro già assegnati. Le speranze di entrambi riposano sul conferimento di valore ai loro beni rispettivi, e i possibili incentivi hanno per obiettivo la valorizzazione ulteriore di questi beni.

Utilizzare le risorse. L’incentivo che il Venditore azienda può lanciare consiste nell’ideare e nel proporre soluzioni che servano le finalità dell’azienda stessa e che abbiano un senso per i lavoratori cinquantenni. Perché queste soluzioni abbiano probabilità di essere accolte, è necessario che utilizzino il potenziale delle risorse umane esistenti prima di pretendere l’acquisizione di nuove abilità.

Le risorse abitualmente riconosciute ai dipendenti maturi sono l’esperienza e la dimestichezza con i percorsi dell’organizzazione aziendale. Nel settore bancario poi, a detta degli esperti del settore, i dipendenti anziani hanno una buona conoscenza dei fondamentali dell’economia, che fa invece difetto ai più giovani, maggiormente formati nel settore commerciale. Una riorganizzazione del lavoro che tenga conto di queste competenze e ne permetta l’espressione, per esempio in équipe o in coppia con dipendenti più giovani, potrebbe acquisire un significato motivante per il dipendente cinquantenne. Naturalmente la trasmissione del proprio sapere attraverso forme di tutoraggio, per non rischiare di rappresentare per il dipendente maturo un depauperamento, preludio alla definitiva dismissione, dovrebbe essere accompagnata da riconoscimenti premianti.

Retraining. Se è stato possibile valorizzare le competenze attuali, esistenti, del cinquantenne, sarà più facile proporre iniziative di retraining  che presuppongono una mancanza da colmare. Alcuni corsi di riqualificazione, magari finanziati dall’Unione Europea, vengono guardati con scetticismo dagli interessati, che li considerano pseudo-incentivi, come dire una sosta in un limbo inconcludente. D’altra parte, l’aggiornamento è comunque un investimento dell’azienda sulle capacità del dipendente. Non tutti sono in grado di acquisire nuovi strumenti dopo i cinquant’anni, ma molti ne sono impediti, più che dall’età, dalla convinzione di aver esaurito le loro potenzialità. La disponibilità a tentare può essere l’incentivo che il Compratore cinquantenne può apportare, dal canto suo, per rendere più felice o meno infelice lo scambio del mercato.

ANNO 3 N.2

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