Andrea Gasperini Dottore Commercialista, vice-segretario del Consiglio Direttivo del Network Italiano Business Reporting (NIBR / WICI Italy) e responsabile del gruppo di lavoro di AIAF Mission Intangibles
Paolo Bigotto Consulente direzionale, Ingegnere Elettronico, esperto delle tematiche del Capitale Intellettuale e socio AIAF
Responsabile del gruppo di lavoro Mission Intangibles®
1. Introduzione
Ogni organizzazione possiede/ha accesso a risorse intangibili che rientrano in tre dimensioni che secondo una consolidata tripartizione letterale e le più autorevoli fonti internazionali vengono suddivise in quella del capitale umano, strutturale/organizzativo e relazionale. Spesso, a seconda del modello di business adottato e/o del proprio settore di attività una di queste dimensioni può rivestire una maggiore importanza rispetto alle altre due, ma solo l’armonica connessione che si viene ad instaurare tra tutte e tre rappresenta un importante value driver per la sostenibilità e un elemento distintivo rispetto ai concorrenti in quanto ricopre un ruolo strategico fondamentale.
Tra i primi modelli che nel corso degli anni sono stati proposti a livello accademico ed utilizzati nella prassi aziendale e professionale i quali hanno adottato un approccio strutturato per la narrazione delle risorse intangibili possono essere citati lo Skandia Navigator di L.Edvinsson e M.S.Malone, l’Intangible Assets Monitor di K.E.Sveiby e il Value Chain Scoreboard di B.Lev.
Alla fine degli anni novanta sono stati proposti alcuni modelli che adottano invece un approccio di processo come nell’anno 1998 l’Intellectual Capital Knowledge Circle della società di consulenza danese COWI, con sede a Kongens Lyngby, che opera nel campo dell’ingegneria, delle scienze ambientali ed economiche e nell’anno 1999 l’ARCs Intellectual Capital Report Model della società Austrian Research Centers GmbH – ARC, la più grande organizzazione austriaca per la ricerca tecnologica (dall’anno 2010 Austrian Institute of Technology – AIT).
Anche Aiaf con il gruppo di lavoro “Mission Intangibles®”[1] ha iniziato alla fine degli anni 90 ad approfondire il tema delle risorse intangibili proprio in considerazione dell’evidenza che in quegli anni il livello del multiplo P/BV (price/book value) aveva iniziato ad oltrepassare per molte società quotate, la prima di allora tradizionale soglia di 1, che corrisponde in sostanza a un giudizio implicito, reso da parte del mercato, che una determinata società quotata “dovrebbe” valere almeno quanto il suo patrimonio netto[2].
Un ulteriore importante contributo è stato dato da Aiaf per impulso di Giampaolo Trasi, ex-Presidente EFFAS ed Aiaf, all’istituzione nel anno 2007 della Commission on Intellectual Capital di EFFAS (EFFAS CIC ora CESG). Nell’anno 2008 la commissione EFFAS CIC ha elaborato i dieci principi per una efficace comunicazione del capitale intellettuale, i quali descrivono le caratteristiche che devono essere proprie degli indicatori delle risorse intangibili, specifici di ogni settore di riferimento, per essere realmente utili alla comunità finanziaria[3].
Nell’ottobre dell’anno 2007 ha iniziato la propria attività il “World Intellectual Capital Initiative” (WICI Global). Si tratta di un network internazionale che mira a promuovere un nuovo e più ampio conceptual framework per il business reporting, capace di rappresentare in modo più soddisfacente ed esaustivo le varie dimensioni dei risultati d’impresa, inclusa quella “intangibile”, e di fornire una più ampia piattaforma di informazioni non-financial, nella forma di KPIs settoriali, volti a offrire indicazioni più pregnanti sui value driver aziendali, sulle future performance finanziarie e competitive dell’organizzazione e la creazione del valore[4].
Una significativa evoluzione dell’approccio di processo è quella proposta nell’agosto dell’anno 2010 dell’International Integrated Reporting Council (IIRC), un importante attore del corporate reporting che si è affacciato sullo scenario internazionale e persegue la finalità di promuovere l’elaborazione di un nuovo Internationl <IR> Framework in grado di integrare tra loro le informazioni finanziarie e quelle quali-quantitative relative ai capitali, intesi sia come dotazione sia come flusso, che vengono utilizzati dalle organizzazioni con quelle relative agli aspetti della sostenibilità socio-ambientale e della corporate governance[5].
IIRC si presenta quindi come un’organizzazione che mira a definire in modo sistematico i principi guida che devono essere seguiti per la preparazione di un Report Integrato, nonché indicare le modalità di presentazione delle informazioni e quali sono gli elementi di contenuto che devono essere inclusi nel Report Integrato attraverso il quale le organizzazioni narrano nel miglior modo possibile la loro storia sulla creazione del valore a breve, medio e lungo termine[6].
Infine non si può non citare anche il ruolo dell’Italia in quanto il 2 febbraio 2012 è stata costituita l’associazione denominata “Network Italiano Business Reporting” (NIBR / Wici Italy) che vede tra i soci promotori anche Aiaf e rappresenta il referente italiano ufficiale sia di WICI Global sia di WICI Europe.
Aiaf, quale evoluzione del processo culturale precedentemente descritto, in collaborazione con la fondazione Planet Life Economy Foundation (PLEF), ha costituito nell’anno 2013 un gruppo di lavoro misto con l’obiettivo di coniugare l’esperienza maturata dal suo gruppo di lavoro Aiaf “Mission Intangibles®” in particolare sul questionario online proposto alle società quotate al segmento STAR di Borsa Italiana[7] con quella di PLEF sulle imprese di territorio per valutare la sensibilità che le imprese italiane hanno per le fonti non fisiche di generazione del valore.
Tale indagine, realizzata attraverso la compilazione di un questionario inviato online ad un significativo campione di aziende che operano in diversi settori tra i quali quello agricolo, alimentare, chimico, meccanica e robotica, servizi, tecnologico, distribuzione, edilizia e la finanza ha avuto la finalità di identificare la consapevolezza, modalità di misurazione, gestione e comunicazione delle risorse e i rischi “non-financial”.
2. Svolgimento della ricerca e Modello di riferimento
La ricerca “Intangibili e Sostenibilità”, che aveva come obiettivo anche quello di sensibilizzare le organizzazioni coinvolte sull’importanza del proprio patrimonio intangibile e aumentare la loro consapevolezza sulle grandi potenzialità che gli intangibili offrono nell’ambito della generazione di valore sostenibile nel tempo, si è svolta secondo le seguenti quattro fasi.
L’Analisi qualitativa ha visto la partecipazione attiva di 14 aziende italiane che sono state intervistate al fine di raccogliere indicazioni utili alla messa a punto del questionario da utilizzare nella fase successiva.
Nella fase seguente, ossia nell’Analisi quantitativa, il questionario è stato distribuito via internet e ha registrato la partecipazione di un centinaio di organizzazioni. Si è proceduto poi con l’Analisi dei risultati che ha preso in considerazione sia quanto emerso dalle interviste svolte nella prima fase sia dalle risposte registrate dai questionari. La Restituzione dei risultati è avventa l’11 dicembre 2014 durante il Convegno organizzato da Aiaf e Plef “Intangibili e Sostenibilità” svoltosi a Milano presso la sede di ARCA SGR.
La ricerca si è basta su un modello di riferimento coerente alla ormai consueta suddivisione del Capitale Intellettuale che prevede il Capitale Umano, il Capitale Strutturale e il Capitale Relazionale, dove però tali aree sono state dettagliate nelle seguenti ulteriori prospettive: Il Capitale Umano è stato scomposto in Competenze, Atteggiamenti e Lavoro di Squadra; il Capitale Strutturale in Cultura aziendale Competenze distintive e Organizzazione; il Capitale Relazionale in Portatori di interesse, Territorio e Reputazione.
3. Partecipanti all’Indagine
La ricerca ha coinvolto un totale di 107 organizzazioni, il 39% erano Micro Aziende (meno di 10 occupati e fatturato inferiore a 2 milioni di Euro), il 30% erano PMI (meno di 250 occupati e fatturato inferiore a 50 milioni di Euro), mentre le Grandi aziende costituivano il 31% del campione.
Per quanto riguarda le categorie coinvolte il campione era costituito dal 46% di Servizi soft (società di consulenza, formazione, ICT, associazioni, professioni con contenuto immateriale intrinseco), dal 14% di Servizi hard (imprese come commercio, ristorazione, ospitalità, turismo con contenuto strutturale intrinseco); il Manifatturiero costituiva il 25%, l’Agroalimentare il 7% e il settore Bancario Assicurativo registrava l’8%.
4. Risultati della ricerca
L’analisi qualitativa oltre a consentire la messa a punto del questionario che è stato utilizzato nella fase quantitativa ha permesso di rilevare come in questo momento in Italia esista un’elevata sensibilità da parte delle aziende alle tematiche degli Intangibili e della Sostenibilità, anche se non sempre vi sono idee chiare in merito alle differenze tra le finalità e le caratteristiche del bilancio di sostenibilità e del bilancio degli intangibili. È emerso poi che la maggior parte delle aziende non si sente pronta a muovere i primi passi verso un approccio strategico alla misurazione e alla gestione degli asset intangibili.
L’analisi quantitativa si è svolta sulla base del questionario che era composto di 7 sezioni.
L’ Introduzione ha permesso di raccogliere sia i profili delle organizzazioni partecipanti sia le loro percezioni sulla valenza strategica delle loro risorse intangibili. La sezione sulla Consapevolezza aveva l’obiettivo di comprendere come il Capitale Intellettuale venga ritenuto determinante per generare valore. Il capitolo della Misurazione era finalizzato a comprendere come le aziende si impegnano nella misurazione degli aspetti intangibili del loro business e quali strumenti di misura utilizzano per valutarli. Nella sezione Gestione si è verificato quanto sia diffuso l’approccio strategico alla gestione del Capitale Intellettuale. La parte seguente ha cercato di rilevare se il Bilancio del Capitale Intellettuale viene considerato un valido strumento di gestione e di comunicazione verso l’esterno. La sezione relativa allo Stato dell’arte e percorso di sviluppo ha evidenziato lo “stadio evolutivo” delle aziende rispetto al tema del Capitale Intellettuale ossia se la necessità di impegnarsi nelle fasi di misurazione e gestione degli asset intangibili sia ritenuta una priorità. Nelle Conclusioni si è cercato di raccogliere il feedback dei partecipanti per comprendere se il questionario era riuscito a suscitare maggiore interesse nelle tematiche degli intangibili.
4.1. Percezione del Capitale Intellettuale
Nella prima sezione del questionario si è cercato di rilevare come venisse concepito il Capitale Intellettuale; il primo quesito della sezione introduttiva, infatti, chiedeva di dare una definizione di “Intangibili” contestualizzata alla propria realtà organizzativa.
Le definizioni restituite dalle aziende partecipanti sono state molto diverse tra loro, ma tutte formalmente corrette e rappresentative di validi punti di vista. È fortemente emerso il concetto di immaterialità e le difficoltà di misurazione degli asset intangibili; molti hanno manifestato la consapevolezza sull’impossibilità di rappresentare interamente il valore degli intangibili nel bilancio di esercizio o in altra reportistica aziendale e sul fatto che il capitale intellettuale rappresenti vero valore e soprattutto sia indispensabile e determinante all’interno di quasi tutti i processi che generano valore. Buona parte delle risposte ha evidenziato il forte legame tra il Capitale Intellettuale e la cultura aziendale.
In riferimento al modello adottato nella ricerca, meno frequentemente sono stati correlati al Capitale Intellettuale i concetti di Territorialità e di Responsabilità sociale.
Nell’ambito del Capitale Umano spesso si è parlato di competenze delle persone, di professionalità e di relazioni tra le persone; nell’ambito del Capitale Strutturale spesso sono stati citati i brevetti, le competenze distintive e la cultura; per quanto concerne il Capitale Relazionale molti hanno citato la reputazione, il brand e le relazioni con i vari portatori di interesse.
4.2. Livello di consapevolezza sugli intangibili
La sezione relativa al livello di consapevolezza sulle risorse intangibili ha messo in luce come ormai sia diffusa la convinzione che gli intangibili siano elementi di rilievo nell’ambito della gestione aziendale. Le principali evidenze rilevate possono essere così riassunte:
- la convinzione che gli intangibili siano determinanti nell’ambito dei processi che generano valore e garantiscono la sostenibilità dei risultati nel tempo risulta molto diffusa, a pensarla così sono oltre il 90% dei rispondenti al questionario;
- la percentuale delle aziende che ritengono necessario impegnarsi maggiormente sul fronte degli intangibili vale il 68%. Probabilmente a testimoniare come in periodi di crisi e di incertezza gli investimenti di medio e di lungo termine, come lo sono molto spesso quelli che riguardano il capitale intellettuale, impongono riflessioni sul fronte del proprio patrimonio intangibile;
- oltre il 73% delle organizzazioni auspica di poter accrescere al proprio interno la convinzione che gli Intangibili siano determinanti per creare valore e di poter avviare un processo orientato allo sviluppo della “Cultura degli intangibili”;
- la maggior parte delle aziende concorda sul fatto che sarebbe opportuno disporre di ulteriori informazioni che consentano di valutare il livello del proprio capitale intellettuale, infatti si sono registrati il 67% di Sì alla domanda che chiedeva se si debbano sviluppare strumenti di misura degli intangibili;
- è emersa la consapevolezza di dover di sviluppare un approccio di lungo termine a favore del proprio patrimonio intellettuale, di fatto, alla domanda che chiedeva se fosse necessario avviare nuove iniziative strategiche per accrescere i propri asset intangibili, si sono registrate l’82% di risposte positive;
- il 74% delle aziende sono convinte che sia necessario ottimizzare e quindi rendere più efficaci i processi che creano valore grazie all’utilizzo delle risorse intangibili;
- oltre il 74% delle organizzazioni ritiene auspicabile trasmettere all’esterno le modalità con le quali l’organizzazione governa il proprio Patrimonio Intangibile e quindi aumentare la trasparenza nei confronti dei propri stakeholder.
4.3 La misurazione degli intangibili
La consapevolezza sulle difficoltà inerenti le misurazioni del Capitale Intellettuale,
che sono emerse sin dalla prima sezione del questionario, dove si chiedeva di dare una definizione di intangibili – molte delle definizioni restituite parlavano, infatti, di risorse non facilmente valutabili o difficili da rendicontare – trova conferma nella sezione Misurazione degli intangibili; qui molte organizzazioni hanno, infatti, dichiarato di trovare ostacoli nella valutazione o di non essere soddisfatte del proprio sistema di misurazione degli asset intangibili; il 64% di loro, infatti, ha dichiarato di non misurare il Capitale Intellettuale con la necessaria frequenza e precisione.
I motivi della mancata misurazione di molte dimensioni del Capitale Intellettuale da parte delle aziende che hanno restituito il questionario sono molteplici.
La causa più frequente risulta essere la mancanza di tempo (34%), seguita dalla carenza di competenze (23%). La mancanza di risorse si verifica al 19%, mentre la convinzione che tale impegno non sia prioritario è stata segnalata dal 23% delle aziende.
4.4 La gestione degli intangibili e la sostenibilità
Anche se la consapevolezza della forte correlazione tra gli asset intangibili e la capacità dell’azienda di creare valore nel tempo è molto diffusa, sono poche le aziende che si impegnano in una vera gestione strategica del proprio patrimonio intangibile. È emerso infatti, che anche in realtà dove vi è una buona consapevolezza e sensibilità in merito all’importanza delle risorse intangibili si registri l’incapacità di delineare e seguire linee strategiche finalizzate alla crescita del patrimonio intangibile per garantire la generazione di valore nel tempo e quindi la crescita sostenibile.
Dalle risposte del questionario, relative alla gestione strategica del Capitale Intellettuale, si evince che la maggior parte delle organizzazioni intravede ampi margini di miglioramento a riguardo. Alla domanda che chiedeva se si ritenesse di gestire in modo ottimale il patrimonio intangibile, di fatto, le risposte negative (No e Poco) sono state il 69%.
Nell’ambito del Capitale Umano l’iniziativa utilizzata più di frequente per sviluppare le Competenze è la formazione professionale e manageriale (75%), seguita dalla Rotazione del personale o affiancamento (42%). Il 36% dei rispondenti ha dichiarato di aver proceduto anche ad assunzioni di personale con specifiche competenze (36%). Altre modalità segnalate sono quelle relative all’attivazione di portali della conoscenza e al coinvolgimento del personale in progetti complessi con enti esterni come Università e Centri di ricerca.
Sempre nella dimensione del personale, ma in relazione alla promozione degli Atteggiamenti desiderati, l’iniziativa più frequente messa in campo risulta essere lo Sviluppo del sistema premiante (39%), seguito dai corsi di formazione di tipo comportamentale (32%). Meno di un organizzazione su tre (27%) sottopone il proprio personale a corsi sulla comunicazione e sull’intelligenza emotiva. Altre iniziative riguardano il maggiore coinvolgimento nella gestione e condivisione dei valori aziendali.
Il lavoro di squadra viene principalmente promosso attraverso attività di team building dal 50% delle organizzazioni, ma spesso anche stimolato attraverso l’introduzione di obiettivi di squadra (46%) e attività inter-funzionali (38%).
Passando al Capitale Strutturale, i rispondenti hanno fatto emergere che i progetti attivati al fine di migliorare la Cultura aziendale riguardano la definizione delle “Carta dei Valori” (46%) e lo Sviluppo di manuali e nuove prassi e regolamenti (44%). Meno di frequente si ricorre allo sviluppo del Modello delle competenze (27%). Dalle risposte al questionario emerge che le iniziative attivate per incrementare le Competenze distintive delle organizzazioni comportano prevalentemente la creazione di gruppi di lavoro per lo sviluppo e la codifica del know-how (51%). Nel 43% dei casi si ricorre all’acquisto di nuovi software e data base. Il 19% dei rispondenti ha dichiarato di sviluppare o acquisire brevetti, marchi o licenze. Altre organizzazioni hanno dichiarato di aumentare le proprie conoscenze durante le attività svolte in autonomia, sviluppando nuovi prodotti o grazie all’inserimento in network internazionali tecnologicamente all’avanguardia.
Nell’ambito del Capitale Strutturale i progetti avviati al fine di migliorare l’Organizzazione sono stati il più delle volte relativi alla mappatura dei processi di business (50%) ed alla revisione degli organigrammi (45%). Il 39% delle volte hanno avuto come obiettivo l’apertura di nuovi reparti o filiali.
Per quanto concerne il Capitale Relazionale, nella specifica prospettiva dei Portatori di interesse, i risultati del sondaggio mettono in luce che principalmente i progetti mirati al miglioramento riguardano le nuove alleanze con clienti, distributori e fornitori (70%), seguono l’avvio o l’approfondimento di collaborazioni con enti esterni come Università e Centri di ricerca (60%). Alcune aziende hanno dichiarato di attivare iniziative basate sullo sviluppo di Joint Venture (25%). Per migliorare i Rapporti con il Territorio, i progetti, che più di frequente vengono attivati, riguardano le donazioni ad enti di volontariato (46%). Spesso si attivano iniziative per l’ambiente (Certificazioni, Filiere controllate, Efficienza sulle risorse naturali) (40%). In alcuni casi si parla di Apertura fabbriche e Reti di impresa (22%). Alcuni hanno creato specifiche Fondazioni. Nella dimensione della Reputazione aziendale gli interventi più frequenti riguardano la Promozione Commerciale (60%), seguita dall’impegno nella dimensione sociale (44%). Nel 37% delle organizzazioni gli sforzi si orientano ad aumentare la consapevolezza di come l’organizzazione viene percepita all’esterno effettuando apposite indagini e ricerche di mercato sulla propria notorietà e immagine. È in questo spirito che molti rispondenti dichiarano di partecipare alle fiere, di sostenere associazioni no profit e programmi legati al mondo dell’arte e della cultura e di fare indagini sulla soddisfazione del cliente.
4.5. Utilità del Bilancio del Capitale Intellettuale
Una sorprendente evidenza dell’indagine è sicuramente relativa al fatto che più di un terzo dei rispondenti non conosceva il Bilancio del Capitale Intellettuale prima di procedere alla compilazione del questionario.
Fortunatamente il questionario riportava una nota esplicativa di tale documento, inserita proprio con la finalità di far esprimere una opinione in merito ai suoi benefici e finalità anche a coloro che non lo conoscevano inizialmente. L’utilità di questo report è stata riconosciuta da quasi l’80% dei rispondenti (abbastanza utile, molto utile), il 2% ha dato una valutazione negativa e il 14% gli ha attribuito un utilità limitata (poco).
Le risposte restituite alle domande che chiedevano di identificare i principali benefici derivanti dall’utilizzo del Bilancio del Capitale Intellettuale come sistema di gestione, hanno messo in luce la diffusione della consapevolezza del ruolo strategico delle risorse intangibili (78%), la possibilità di individuare gli asset intangibili strategici (78%) e la responsabilizzazione del management sulla gestione di tali asset (78%).
Il 68% dei rispondenti ha riconosciuto anche il beneficio di spostare l’attenzione dal breve al lungo termine e il 57% quello di equilibrare meglio i Valori d’impresa tra tangibili e intangibili. Alcuni rispondenti hanno poi evidenziato come questo strumento di gestione promuova nel suo complesso una importante crescita culturale all’interno dell’intera organizzazione.
I principali vantaggi riconosciuti nell’utilizzo esterno del Bilancio del Capitale Intellettuale – ossia come strumento di comunicazione – riguardano la capacità di impattare positivamente sull’immagine aziendale percepita dai clienti (64%) e dagli altri stakeholder (72%), la minor difficoltà ad attirare collaboratori eccellenti (69%), la possibilità di aumentare il proprio valore di mercato agli occhi degli analisti (46%) e la minor difficoltà di trovare finanziatori e prestiti con buoni tassi di interesse (27%).
4.6. Stato dell’arte delle aziende
I risultati della sezione che aveva l’obbiettivo di raccogliere un autovalutazione dello stato dell’arte delle aziende in merito alla gestione del loro Capitale Intellettuale ha messo in luce come il 17% delle organizzazioni sente di non avere sufficiente consapevolezza dell’importanza e del valore dei propri intangibili, molte hanno la consapevolezza della loro importanza ma non riescono a trovare il modo di gestirli correttamente (30%), alcune organizzazioni risultano impegnate nell’identificazione e nella misurazione del Capitale Intellettuale ma non riescono ancora a contemplarlo in una gestione di lungo termine. Il 19% dei rispondenti ha dichiarato di aver solo iniziato a dedicare spazio agli intangibili nel proprio piano strategico, mentre il 16% ha affermato di gestirli regolarmente con piani e programmi di lungo termine.
Gli ambiti del Capitale Intellettuale identificati come aree di miglioramento sono l’individuazione degli asset che risultano determinanti per creare valore (36%), la capacità di misurare le varie dimensioni di tali asset (33%), l’identificazione e comprensione dei processi che generano valore a partire dalle risorse intangibili (38%), l’attivazione di piani strategici finalizzati alla crescita del Capitale Intellettuale (41%) e lo sviluppo di strumenti di gestione e controllo del Patrimonio degli intangibili (41%).
È interessante notare che anche le aziende che ritengono di gestire le proprie risorse intangibili in modo strategico riconoscono di doversi migliorare sul fronte della identificazione e misurazione di tali asset.
Alla domanda che chiedeva chi dovrebbe prendersi cura delle iniziative inerenti il Capitale Intellettuale all’interno dell’azienda il 64% dei rispondenti ha risposto l’intera organizzazione, in linea con quanti affermavano che l’approccio agli intangibili deve essere globale e declinato in un processo di evoluzione culturale. Il 53% prevede il coinvolgimento diretto del vertice aziendale e questo può essere correlato al fatto che, per quanto visto, gli intangibili implicano un approccio strategico. In percentuali minori e decrescenti sono stati segnalati il responsabile delle Risorse Umane (18%), quello dell’Organizzazione (7%), quello delle Vendite (4%) e infine il responsabile dell’Amministrazione e Finanza (4%).
5. Risultati in sintesi
In definitiva le evidenze emerse in questo studio possono essere riassunte nei seguenti punti:
- il termine Capitale Intellettuale non risulta perfettamente chiaro e le diverse organizzazioni tendono a chiamarlo e definirlo in modo diverso;
- il fatto che gli intangibili siano alla base dei processi che generano valore e quindi abbiano una forte rilevanza in azienda è comunque un’opinione diffusa;
- si sente la necessità di gestire il proprio patrimonio intellettuale strategicamente, dando vita a iniziative finalizzate al suo potenziamento e di sviluppare strumenti in grado di monitorare con precisione i vari asset intangibili;
- è diffusa la volontà di imparare a utilizzare gli intangibili sia all’interno dell’azienda per migliorare l’efficacia dei processi che generano valore, sia nella dimensione della comunicazione esterna rendendoli visibili ai vari stakeholder insieme alle iniziative avviate per accrescerli;
- il tema della misurazione del patrimonio intangibile risulta un punto dolente. Molte organizzazioni ammettono di non misurarlo con la necessaria frequenza e precisione per vari motivi, il più delle volte per mancanza di tempo oppure per mancanza di competenze o per mancanza di risorse. Nonostante ciò molte organizzazioni avviano varie iniziative e attività per lo sviluppo dei propri asset intangibili;
- più di una organizzazione su tre non conosceva il Bilancio del Capitale Intellettuale, anche se dopo una sua esplicitazione molti ne hanno dato una valutazione ampiamente positiva;
- al Bilancio del Capitale Intellettuale vengono riconosciuti i benefici sia per l’utilizzo interno sia per l’impiego esterno. Internamente tale approccio viene apprezzato per la capacità di focalizzare il management e le persone sulla misurazione e gestione degli intangibili. Esternamente sono stati valutati positivamente l’impatto sulla capacità di attrarre nuovi clienti e sull’immagine aziendale, ma anche la possibilità di aumentare il proprio valore di mercato e in alcuni casi ottenere un trattamento migliore sul fronte dei finanziamenti;
- le aziende si pongono, nei confronti del Capitale Intellettuale, in modi molto diversi. Alcune organizzazioni ammettono di non avere sufficiente consapevolezza a riguardo, una buona parte lo ritiene importante ma non riesce per vari motivi ad occuparsene, altre ritengono di averlo chiaramente individuato e misurato, ma sono lontane dall’adottare un approccio strategico, altre ancora hanno cominciato a considerarlo all’interno dei piani strategici e sono in poche quelle che sostengono di aver sviluppato una gestione strategica completa di piani e programmi.
- si ritiene che la responsabilità di migliorare la gestione degli intangibili non sia a carico di pochi, ma al contrario debba essere molto diffusa. In molti ritengono che debba ritenersi responsabile l’intera organizzazione ed in modo particolare il Vertice aziendale, probabilmente per valenza strategica che il patrimonio intellettuale ha. Tra gli altri, il responsabile delle Risorse Umane e il responsabile dell’Organizzazione sembrano rivestire un ruolo particolare per la correlazione del loro ruolo rispettivamente al Capitale Umano e al Capitale organizzativo.
Da questa ricerca si evince quindi che nel nostro Paese la consapevolezza dell’importanza del patrimonio intangibile è ormai diffusa in moltissime organizzazioni, purtroppo la cultura del Capitale Intellettuale non è ancora patrimonio condiviso di tutte le aziende, sono poche quelle che sviluppano sistematicamente piani e programmi per sviluppare il proprio patrimonio intangibile.
Sorge così una domanda: “Come mai le organizzazioni considerano strategico il proprio Patrimonio Intangibile ma non lo gestiscono in modo strategico?”.
Ulteriori informazioni in merito alla ricerca di AIAF svolta in collaborazione con PLEF “Intangibili e Sostenibilità” e i video del relativo Convegno organizzato presso la sede di ARCA Sgr dove sono stati discussi i risultati del lavoro svolto sono visibili nel sito: www.intangibiliesostenibilità.it
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1] Mission Intangibles è un team di professionisti il cui obiettivo è quello di svolgere un ruolo di guida, motivazione e confronto critico delle analisi sui metodi di identificazione e comunicazione degli assets e dei rischi intangibili e valorizzazione del capitale intellettuale.
[2] Quaderno AIAF numero 106 “La comunicazione degli Intangibles e dell’Intellectual Capital – un modello di analisi”, gennaio 2002
[3] EFFAS CIC, Towards Valuation, Measurement and Disclosure. Principles for Effective Communication of Intellectual Capital
[4] http://www.wici-global.com/
[5] http://www.theiirc.org/
[6] Rivista Aiaf numero 77 “Le nuove frontiere del Business Reporting”, Dicembre 2010
[7] Quaderno AIAF numero 131, “Il valore degli intangibili del Segmento STAR di Borsa Italiana”, Aprile 2007.