Casa Operations Delocalizzazione: dall’idea al progetto

Delocalizzazione: dall’idea al progetto

Delocalizzare: per molti questa parola nasconde un pericolo anche se per le imprese rappresenta un’opportunità ed una delle soluzioni per continuare a competere. In questo articolo ci focalizziamo sulla Repubblica Moldava, stato dell’Europa orientale con oltre 4 milioni di abitanti.

da Capitale Intellettuale
Giovanni Basile Ingegnere elettronico, Consulente Apco Gestione Sistemi Produttivi

 

Negli ultimi tempi la discussione intorno alla delocalizzazione sta diventando sempre più interessante, in quanto la necessità di trovare soluzioni nuove in grado di dare respiro e sviluppo alle nostre aziende è la vera sfida dei prossimi anni. Nell’articolo dello scorso numero abbiamo cercato di valutare le motivazioni e le conseguenze, per il sistema Italia, di scelte così importanti.

Ogni imprenditore italiano od europeo pensa, o ha pensato, alla possibilità di de localizzare, ma tre sono le domande che prima di tutto vengono alla mente:

  • Quando conviene partire?
  • Dove è opportuno andare?
  • Quali costi si sosterranno?

L’economia giapponese, dai forti costi del lavoro e dagli elevati fabbisogni produttivi, ha identificato nell’incidenza della manodopera l’indicatore per una scelta circa la necessità di rivolgersi al mercato esterno del lavoro, mantenendo elevati standard qualitativi nella produzione interna.

La valutazione in merito all’incidenza del costo della manodopera sul costo totale non rappresenta più, a mio parere, l’unica motivazione all’avvio di un progetto di delocalizzazione. La scelta di affacciarsi a nuovi mercati e la possibilità di ottenere agevolazioni oltre che fiscali anche relative ai dazi sulle materie prime rappresenta un importante elemento decisionale sull’argomento.

Dopo aver visitato la Turchia ed averne riportato le sensazioni, le grandi possibilità e prospettive future, ho visitato un altro interessantissimo paese: la Moldavia, che è oggetto di particolari attenzioni e che rappresenta una concreta opportunità per delocalizzare produzione a forte incidenza di manovalanza, ma anche per lo studio e la produzione di elementi con contenuto tecnologico.

A differenza di altri paesi quali la Romania e la Bulgaria, in Moldavia è basso il rischio di turn over del personale: il governo è molto giovane e proiettato di fatto a far crescere il paese. Infine la distanza dall’Italia consente un rapido raggiungimento della zona.

Situazione generale. La Moldavia, il secondo più piccolo paese fra tutte le repubbliche ex-sovietiche, ha proclamato la sua indipendenza il 27 agosto 1991. Per quanto concerne la struttura etnica si potrebbe affermare che la stessa è uno stato multietnico, i cui abitanti sono moldavi, russi e di altre etnie minori tra cui bulgari, ebrei, greci, turchi e gagauzi.

E’ un paese bilingue per la conoscenza quasi totale nella popolazione del russo oltre che del moldavo, lingua ufficiale di forte richiamo rumeno.

La moneta nazionale è il Leu (1/16 il suo rapporto con l’Euro).

E’ una repubblica parlamentare ancora debole, al governo una coalizione filo-occidentale contrapposta ad un forte partito comunista, con stabilità politica ed economica in grado di attrarre importanti investitori stranieri e, primo tra gli italiani, il Gruppo Veneto Banca.

E’ geograficamente collocata tra la Romania a sud-ovest e l’Ucraina a nord-est, con uno sbocco sul mar Nero attraverso il porto franco internazionale di Giurgiulesti sul Danubio.

La capitale Chisinau si presenta come una cittadina ordinata e pulita, con infrastrutture perfettamente funzionanti, collegamenti telefonici ed internet ottimi. Le strade evidenziano problemi di manutenzione ed il parco auto non è elevato, ma attuale, con presenza di molte macchine giapponesi ed europee.

Alberghi e ristoranti sono di buon livello ed offrono un rapporto qualità prezzo interessante.

Permessi. Uno straniero può entrare in Chisinau con il solo passaporto e può restare per un massimo di tre mesi, oltre questo periodo è necessario il permesso di soggiorno che deve essere richiesto all’ambasciata moldava in Italia, con sede a Roma.

Un moldavo può entrare in Italia con il permesso di soggiorno che va richiesto all’ambasciata italiana a Chisinau .

Costo del lavoro. Gli stipendi medi lordi a Chisinau oscillano dai 150 ai 200 Euro/mese per un operaio metalmeccanico, circa 300 Euro/mese per un ingegnere esperto.

Il costo azienda è di circa il 25% ai fini pensionistici ed il 2,5% ai fini sanitari.

La tredicesima non è contrattuale, ma viene normalmente elargita.

Gestione del personale. La legislazione prevede che i contratti vengano stipulati per un tempo non determinato, salvo alcuni casi. Questo non rappresenta un limite così complesso come in Italia in quanto le possibilità per la cessazione di un rapporto di lavoro sono gestibili e non costringono le aziende a portarsi per l’eternità casi difficili e non produttivi.

Dogana. Il sistema doganale non presenta aspetti diversissimi da quello italiano, anche se risulta molto interessante per i rapporti privilegiati verso la Russia, paese molto penalizzato dai dazi delle merci provenienti dall’Italia.

Abbiamo due tipi di importazione: definitiva e speciale temporanea.

In caso di importazione, oltre all’IVA, devono essere garantiti i dazi (5 – 20%) ed i diritti doganali (0,1 – 0,4% dell’imponibile). Il periodo di transito alla dogana non può superare le 72 ore.

Costituzione di società. E’ possibile costituire una srl con socio unico che può essere persona fisica o persona giuridica, anche straniera. Il capitale è minimo e deve essere versato su banca Moldava e solo in Leu.

Il tempo necessario per costituire una società e di circa un mese.

Collegamenti.Tre le città italiane con volo diretto a Chisinau: Milano, Roma e Verona.

Con scalo a Timisoara sono collegati altri sette aeroporti italiani tra cui Bari, Firenze e Torino.

Il punto di forza del paese è sicuramente la sua posizione strategica tra l’Europa e gli stati ex-sovietici e, seppur parte del CSI, il paese è prossimo ad una totale integrazione con l’Unione Europea.

Come abbiamo visto i costi del lavoro sono lontanissimi da quelli a cui siamo abituati, ma ancor più importante è la disponibilità di lavoratori culturalmente preparati per incarichi qualificati in azienda.

La situazione che colpisce negativamente, nella zona di Chisinau, è quella legata ai costi degli  immobili industriali. Occorre verificare i prezzi (dai 2 ai 5 euro a metro quadro), frutto forse del tentativo di ottenere l’impossibile. Il rapporto tra la qualità (molto bassa), la logistica (problematica) ed i costi (elevati) inducono a optare per una scelta diversa da Chisinau, che porterebbe dei benefici pure sotto l’aspetto del costo della manodopera, anche se genera la difficoltà nel reperimento di personale qualificato e numeroso.

Sulla base di queste considerazioni proviamo ad ipotizzare quale potrebbe essere il primo impatto organizzativo ed economico per un’azienda italiana operante nel settore manifatturiero della lavorazione di film plastici, con l’intento di realizzare una unità produttiva in grado di servire localmente i clienti multinazionali con sedi nell’area russa.

Nelle previsioni la struttura, oltre ad autosostenersi, dovrà poter procurare profitto ed essere ampliata con lo sviluppo del mercato essenzialmente attraverso nuovi e diversi impianti di trasformazione, con l’obiettivo di rendere l’unità moldava completamente autonoma rispetto a quella italiana.

I dati sono ragionevoli nella logica descrittiva, ma volutamente modificati nella loro esattezza contabile.

Ci concentreremo su:

  • investimenti
  • costi
  • ricavi (intesi come minori costi rispetto alla produzione in Italia)

Chi ormai da anni lavora in Moldavia ed ha intrapreso nel paese una delocalizzazione ad alto knowhow è Carlo Rocchi, amministratore delegato di Brain Bee S.p.a, azienda operante nel settore dell’automotive da oltre 10 anni che produce apparecchiature elettroniche per la diagnosi auto, occupandosi di tutta la filiera realizzativa, dal progetto alla commercializzazione.

Quando è inziata la sua attività, ma soprattutto come è nata l’idea della creazione di una divisione moldava?

L’idea è nata nel 2007 quando, analizzando il costo del prodotto, ho visto che la parte più significativa era rappresentata dal costo di sviluppo software  mentre inferiore era l’incidenza della mano d’opera di montaggio.

Intuendo che in futuro la situazione sarebbe peggiorata ho pensato che dovevamo fare qualcosa per contenere i costi ed allo stesso tempo continuare con lo sviluppo. Sono processi difficili da metabolizzare perché devono partire da una forte convinzione dell’imprenditore consapevole che tutti i progetti di delocalizzazione presentano delle insidie e delle difficoltà, che solo con una forte convinzione possono essere superati. I momenti di scoraggiamento sono tanti, dovendosi scontrare con realtà e modi di fare molto diversi, ma come in tutte le cose l’importante è crederci ed avere ben chiari gli obiettivi finali.

Un aspetto che non abbiamo fino ad ora analizzato è quello relativo alle ripercussioni interne all’azienda che una scelta di questo tipo comporta. Cosa succede tra il personale “italiano” nel momento in cui l’imprenditore sceglie di intraprendere questa via? Si sono sviluppati progetti alternativi rivolti a mediare tra le esigenze imprenditoriali e le resistenze del personale italiano?

Questo è il vero problema da gestire all’inizio del progetto. Il personale interno guarda sempre con molta diffidenza queste iniziative, ritenendosi danneggiato ed in pericolo, nel caso l’azienda decidesse di delocalizzare tutto. In più, nel nostro caso, la delocalizzazione software coinvolgeva le figure tecniche che notoriamente sono molto gelose delle proprie conoscenze.

Ho richiesto fin da subito il coinvolgimento e la condivisione di tutti ed ho dichiarato in modo chiaro quali erano gli obiettivi: ridurre il costo di sviluppo ma delocalizzare al massimo il 30% del nostro software mentre il 70% sarebbe comunque rimasto in Italia.

Ho fatto capire come la delocalizzazione, della parte di software più di routine, avrebbe consentito al gruppo in Italia di occuparsi maggiormente di aspetti di R&D e quindi di lavorare con maggiore soddisfazione e motivazione.

Ho cercato l’ integrazione dei due gruppi attraverso periodi di lavoro in team direttamente in Italia, in modo che ci fosse la massima conoscenza reciproca del personale coinvolto: devo dire che dopo i primi mesi di difficoltà il progetto è proseguito senza intoppi.

In questi casi è importante che l’imprenditore faccia capire che la delocalizzazione non è uno strumento di ritorsione verso il personale italiano, ma è un modo  per l’azienda di risparmiare  costi e quindi generare risorse che possono essere reinvestite  in altre iniziative, della casa madre, che diano maggiore competitività.

Lo sviluppo dell’attività all’estero presenta molti punti interrogativi legati alla difficile conoscenza di un mondo così diverso dal nostro. Poter contare su personale indigeno di fiducia riduce certamente queste incognite, ma servono punti fermi che giustifichino il rischio di una impresa di questo genere, quali sono stato i suoi?

Quando si va all’estero, la prima difficoltà è proprio rappresentata  dalla scarsa conoscenza del territorio: si cercano sempre dei punti di riferimento. La nostra scelta è stata quella di cercare una figura di riferimento moldava che avesse avuto esperienza in Italia, quindi, oltre alla conoscenza della lingua italiana anche con la conoscenza della nostra mentalità.  Abbiamo individuato una figura che lavorava in Italia ma aveva la volontà di tornare in Moldavia. Dopo un breve periodo di conoscenza, nel quale abbiamo valutato che poteva essere una persona di fiducia, gli abbiamo assegnato l’incarico. Assieme abbiamo fatto tutte le tappe necessarie per la creazione della struttura. All’inizio non fu facile perché allora non esisteva l’ambasciata Italiana a Chisinau e quella di riferimento era a Bucarest, per cui per ogni esigenza il nostro responsabile moldavo doveva andare all’ambasciata rumena a Chisinau, chiedere il visto per la Romania ed, una volta ottenuto, recarsi a Bucarest all’ambasciata Italiana.

Oggi è tutto molto più facile perché è stata aperta l’ambasciata Italiana anche a Chisinau a dimostrazione di come tante aziende italiane abbiano individuato la Moldavia come Paese di delocalizzazione.

Non posso dire di essere stato un pioniere, ma sicuramente quando abbiamo iniziato noi le difficoltà erano maggiori rispetto a quelle che possano incontrare gli imprenditori oggi.

Brain Bee è presente con i suoi prodotti in tutto il mondo. L’internazionalizzazione dell’azienda avrà consentito di valutare diverse possibilità tra cui l’estremo oriente, come è arrivato a scegliere la Moldavia?

In quel periodo i paesi dove andare a produrre software a prezzi vantaggiosi  potevano essere tre: India, Romania e Bulgaria.

Scartata l’India per problemi di differenza di fuso orario e per i lunghi tempi di spostamento, la Romania era ormai un Paese troppo sfruttato. Rimaneva la Bulgaria, un Paese designato dall’Europa come area di sviluppo   software e come tale un Paese dove tutti stavano andando.

Volevo trovare una alternativa in un Paese, sempre Europeo, che ci potesse dare vantaggi analoghi e per un periodo più lungo.

Quindi ho preso contatti con un altro imprenditore che già aveva avviato una esperienza simile ed ho iniziato una fase di analisi andando sul territorio per rendermi conto personalmente della situazione.

Ho analizzato il livello di preparazione scolastica delle persone prendendo contatti con l’università, il livello delle comunicazioni telefoniche e collegamento internet, per noi fondamentale ed infine, per l’aspetto logistico, il livello degli uffici.

Fatte queste analisi preliminari ho deciso di avviare il progetto. Dopo avere individuato la persona di riferimento che avrebbe fatto da responsabile della Filiale abbiamo avviato la fase di recruiting del personale, attraverso annunci sui giornali locali e liste universitarie,  individuato gli uffici e così via fino ad arrivare all’apertura ufficiale che è avvenuta a dicembre 2007 con 5 persone.

A distanza di 4 anni Brain Bee Moldavia è una realtà integrata nel gruppo e con essa tutti i reparti italiani collaborano. Quale valutazione trae dell’esperienza ed in particolare dell’esperienza in Moldavia?

Oggi il gruppo è perfettamente integrato, abbiamo 13 persone e continuiamo a mantenere il rapporto del 30%, come da progetto iniziale.

Da non sottovalutare che proprio questo gruppo ci ha dato la possibilità di avviare internamente allo stesso dei progetti di profilo più basso (esempio sviluppo di banche dati)  che non avremmo mai potuto fare al costo del personale in Italia, trattandosi di pure attività di inserimento dati.

Questi aspetti hanno fatto comprendere al gruppo italiano l’importanza che ha ricoperto il progetto Moldavia.

Ringraziandola per l’intervento, lascio a lei la conclusione chiedendole di darci una valutazione su ciò che è oggi Brain Bee Moldavia, ma soprattutto chiedendole: “rifarebbe oggi la stessa scelta?”

Sicuramente è stata un’ esperienza positiva che rifarei, esattamente allo stesso modo.

Avere una struttura perfettamente operante ci da la possibilità di aumentare il gruppo con il minimo sforzo, quindi di poter pensare a progetti che diversamente non avremmo mai preso in considerazione.

Inoltre la facilità di recruting del personale e la sua successiva integrazione, ci permette di affrontare  carichi di lavoro momentaneo.

Facendo una analisi a 360° direi che il bilancio è positivo: di questo sono molto soddisfatto perché è stato un progetto che ho veramente voluto e nel quale, forse, solo io credevo.

ANNO 2 N.2

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