Pier Sergio Catalbiano – Presidente nazionale A.I.F., Assocazione italiana formatori; Direttore Generale del CTC, Centro di Formazione Manageriale e Gestione d’Impresa della Camera di Commercio di Bologna; Professore a Contratto presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Univeristà Studi di Bologna; Trainer di Programmazione Neurolinguistica e Presidente della Società Italiana di P.N.L.
“La differenza che fa la differenza è da individuare nella qualità soggettiva del “sentirsi” coinvolto sensorialmente, emotivamente, mentalmente, valorialmente e congruentemente in una determinata identità”
Con l’evolversi dei tempi il termine formare ha assunto diverse accezioni quali generare, trasferire e sviluppare apprendimenti, educare, modellare, creare, dare forma, insegnare e divulgare.
Nell’ottica di una differenziazione semantica del significato del formare, quindi, anche la figura del formatore acquisisce ruoli e significati diversi.
Nell’azione del formare diventa comunque fondamentale, ai fini della percezione della sua massima efficacia, che vi sia un’assoluta congruenza fra i saperi che vengono generati e sviluppati ed i saperi che caratterizzano l’identità del formatore che li divulga.
Secondo la tassonomia classica degli obiettivi educativi (Bloom, 1956) l’oggetto del formare è rappresentato dai tre saperi tradizionali ovvero, Sapere, Saper Fare, Saper Essere.
Per Sapere dal latino “aver sapore” si intende il venire a conoscenza di nozioni o di insiemi di nozioni organizzate, cognizioni, informazioni, notizie, concetti, teorie, relazioni, assunte tramite studi, indagini, apprendimenti, esperienze, pratiche e sperimentazioni.
La generatività, il trasferimento e lo sviluppo di conoscenze rappresentano le azioni che caratterizzano, in modo prevalente, l’operare del formatore che agisce durante l’età dell’infanzia e dell’adolescenza e che comunque ha l’obiettivo di sensibilizzare il destinatario dell’azione formativa ad apprendere nozioni e saperi che costituiscono esclusivamente il presupposto cognitivo del proprio agire e del proprio essere.
E’ comunque evidente che il formatore per trasferire e generare conoscenze, deve conoscere le medesime, presidiarne gli aspetti contenutistici e semantici, attivare correlazioni e sinonimie, sviluppare e creare collegamenti alternativi ed integrativi con altre conoscenze.
Un ulteriore livello tassonomico è rappresentato dal Saper Fare, che è caratterizzato dal generare e trasferire un apprendimento di tipo pragmatico, che quindi non si limita all’organizzazione cognitiva di una determinata azione ma ne affronta la sua dimensione dinamica ed operativa. Una cosa è conoscere le teorie di gruppo, un’altra è saper creare, gestire e motivare i gruppi dentro una organizzazione più o meno complessa e, per analogia, una cosa è conoscere i termini di una lingua straniera, un’altra è saper dialogare efficacemente nella medesima lingua.
Si passa così dal raggiungere obiettivi di conoscenza, identificabili nella capacità di conoscere e rievocare materiale memorizzato e di comprenderlo, afferrando il senso di un’informazione e sapendola trasformare e riorganizzare, al conseguire obiettivi di competenza ovvero di applicazione, intesa come capacità di far uso di materiale conosciuto per risolvere problemi nuovi, di analisi, quale capacità di separare degli elementi evidenziandone i rapporti, di sintesi, quale capacità di riunire elementi al fine di formare una nuova struttura organizzativa e coerente, e quindi di valutazione, intesa quale capacità di formulare automaticamente giudizi critici di valore e di metodo.
In questo scenario, formatore efficace è colui che non solo è in grado di descrivere e far conoscere una determinata azione ma che quella azione è anche capace di svolgerla efficacemente.
In tale ottica, per formatore non si intendono esclusivamente il trainer o il docente d’aula tradizionale, ma anche tutti coloro che, nei diversi contesti, con diversi comportamenti, agiscono capacità coerenti in qualità di coach, mentori, tutor o manager, esemplificando, in modo efficace, l’azione da apprendere e sapendola far comprendere anche ad altre persone.
Un ulteriore livello evolutivo nella scala degli apprendimenti è determinato quindi dall’acquisizione del Saper Essere, ovvero di un atteggiamento consapevole e spontaneo da intendersi quale manifestazione della propria identità.
L’Essere si esplicita con comportamenti ed azioni che rispondono alle proprie convinzioni ed ai propri principi valoriali ed interviene sull’intensità e sulla condivisione massima dell’agire.
Una cosa è fare i formatori, i manager, i coach, un’altra è essere formatori, manager, coach.
La differenza che fa la differenza è da individuare nella qualità soggettiva del “sentirsi” coinvolto sensorialmente, emotivamente, mentalmente, valorialmente e congruentemente in una determinata identità.
Anche in questa dimensione risulta evidente tra i formatori la differenza fra chi genera semplicemente con competenza determinate azioni di apprendimento e chi di questi apprendimenti ne rappresenta una manifestazione e un’essenza congruente.
Una cosa è dimostrare l’applicazione di tecniche e stili di leadership, di problem solving e di decision making; un’altra è essere leader, problem solver e decision maker. La differenza è determinata dalla naturalezza, dai tempi di reazione, dall’autopercezione dell’impegno e del dispendio di risorse dedicate, dalla coerenza con il proprio sistema valoriale, dal senso di appartenenza ad una certa configurazione identificativa. Chi fa’, agisce artificialmente un ruolo, anche con competenza ed efficacia; chi è, esprime la propria identità ed i propri valori naturalmente con quel ruolo.
Integrando la tassonomia classica dei Saperi, chi scrive ha presentato un modello che tiene in considerazione, oltre ad alcuni contributi pervenuti dalla dottrina e dalla psicologia della formazione, anche dell’evoluzione degli stessi processi formativi.
Infatti all’articolazione classica possiamo aggiungere tre Saperi che caratterizzano gli apprendimenti che il Formatore genera e sviluppa ma che dovrebbero caratterizzare anche la stessa soggettività personal professionale del Formatore: il Saper Divenire, il Saper Ben Essere, il Saper Dover Essere.
Il Formatore rappresenta un agente di cambiamento, un generatore ed uno sviluppatore di innovazione comportamentale, sia a livello individuale che organizzativo.
Ma ancor prima di trasferire e divulgare mutamenti il Formatore deve determinare una predisposizione al cambiamento che tenga conto degli equilibri ecologici del destinatario dell’azione formativa. L’acquisizione di una flessibilità generativa rispettosa della mappa degli altri rappresenta il presupposto per ulteriori cambiamenti condivisi e per rappresentarsi una realtà migliorativa rispetto a quella precedente.
Tuttavia anche in questa situazione di apprendimento, presumere di essere agenti di cambiamenti richiede al formatore un atteggiamento di forte coerenza. Il Saper Divenire come declinazione dinamica del Saper Essere richiede a chi lo divulga una alta congruenza sotto l’aspetto della flessibilità personale e professionale, da intendersi come predisposizione a mettere in gioco, a modificare, ad integrare i personali modelli di riferimento nel rispetto comunque dei propri valori e principi, anch’essi tuttavia potenzialmente ed ecologicamente assoggettabili a variazioni nell’arco della propria vita.
E proprio il controllo ecologico degli obiettivi di apprendimento e di evoluzione acquisisce un ruolo centrale nei processi formativi, tanto da determinare un’ulteriore competenza che il Formatore deve divulgare e congruentemente possedere: la capacità di Saper Ben Essere, ovvero di saper individuare e soddisfare bisogni e desideri generatori di stati positivi, di ristrutturare, per contesto o per significato, le esperienze negative della propria vita attribuendogli nuove interpretazioni e declinazioni. Anche per l’acquisizione del Saper Ben Essere il tasso di congruenza del Formatore è sempre elevato. Per poter trasmettere infatti ad altri logiche, metodi e modelli finalizzati a favorire l’ecologia della mente e del corpo occorre concretamente essere dei “modelli” di riferimento anche perché in caso di incongruenza il messaggio formativo trasmesso ne risulterebbe inevitabilmente depotenziato.
Il Saper Ben Essere vede un forte agente di controllo sulla sua esistenza e sul suo presidio da parte del proprio riferimento interno: la componente soggettiva è pertanto determinante e ad essa bisogna relazionarsi, in modo prevalente per il riconoscimento di un proprio stato di ben essere. Se il peso del riferimento esterno è tuttavia relativo sul nostro bene-stare, esso è altresì particolarmente incisivo nell’attribuzione della competenza del Saper Dover Essere.
Sia il formatore che il destinatario dell’azione formativa sono inseriti in un contesto sociale, economico e professionale in cui esistono regole e principi che disciplinano la vita personale e lavorativa costituendo gli indicatori di riferimento per la morale, l’etica e la deontologia.
Nei processi di apprendimento il Formatore è chiamato non solo ad innovare e facilitare cambiamenti e miglioramenti ma anche, frequentemente, a far rientrare i medesimi in schemi organizzativi e sistemi valoriali precostituiti. Egli stesso, fra l’altro, nello svolgimento della propria professione deve agire rispettando norme, codici, principi che costituiscono l’ordine deontologico del contesto professionale di appartenenza. Ed anche in questo caso la congruenza tra il Saper Dover Essere che si trasferisce e si divulga ed il proprio comportamento ad agire nella vita personal professionale rappresenta la differenza che fa la differenza nell’essere efficaci generatori di potenziale cambiamento.
In questo scenario dove la congruenza fra ciò che si conosce, ciò che si fa e ciò che si è rappresenta la variabile centrale per la massima efficacia nella generazione degli apprendimenti riconosciamo che molti sono coloro che riescono ugualmente a generare e trasferire competenze in modo efficace pur non risultando sempre e comunque congruenti nel loro agire.
E’ qui che si sostanzia la differenza, che ha connotazioni di flessibilità e di progressività, fra il formatore professionalmente efficace ed il formatore congruentemente efficace, con tendenza all’eccellenza.
Quest’ultimo rappresenta comunque il risultato della percezione del destinatario dell’azione formativa, dove il learning, l’apprendimento, costituisce il focus del processo formativo rispetto all’ormai superata dimensione del teaching, dell’insegnamento, che rappresenta il focus solo per i formatori autocentrati ed autoreferenziali.
La congruenza, fra il che cosa e il come si genera, si trasferisce e si divulga l’apprendimento; è pertanto una variabile critica centrale nel processo olistico di formazione ed è fortemente collegata alla distanza che esiste tra le nostre identità di ruolo professionale e la nostra Identità, intesa quale manifestazione della sintesi fra il sé interiorizzato, ciò che si è convinti di essere, ed il sé reale, ciò che si appare di essere. Più il ruolo agito è lontano dalla auto-etero percezione della propria identità, minore sarà la congruenza percepita nell’azione formativa attivata. Di conseguenza anche l’efficacia nel raggiungere la propria missione personal-professionale ne verrà condizionata sia in termini qualitativi che temporali. Pertanto il Formatore potrà selezionare congruentemente i ruoli in cui agire e manifestare la propria Identità solo riconoscendo ed integrando in modo consapevole i propri Saperi e connettendo gli stessi con i diversi ambiti della propria dimensione personale.
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