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Management Emotivo, Voce Fondamentale del Clima Aziendale

L’azienda non è uno spazio neutro, ma uno spazio di vissuti e di eventi che devono trovare nella mente delle risorse una giusta collocazione e una loro canalizzazione positiva

da Route66

Maria Mazzali Psicoanalista, Consulente Apco CMC, Docente presso la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Conversazionale e presso Cisita

Il clima aziendale è il risultato di un processo molto complesso legato all’integrazione di numerosi fattori:

  • fattori individuali;
  • fattori organizzativi;
  • fattori ambientali;
  • fattori socio-politico-legislativi

L’essere umano è una macchina cibernetica molto complessa, selezionata in migliaia di anni e possiede due forze pulsionali di base che ne garantiscono la sopravvivenza. Queste due forze istintuali sono state chiamate da Freud pulsione di vita, o eros, che si attiva nel concepimento di un figlio e pulsione di morte, o thanatos, che si attiva nell’omicidio di un essere vivente (animale o uomo). Freud unisce queste due pulsioni nel contenitore dell’aggressività primaria, la forza istintuale più potente che garantisce la capacità di affrontare lo stress esistenziale e la selezione naturale secondo Darwin. Con questo paradigma, il concetto di clima aziendale a mio personale e modesto avviso cambia completamente la sua struttura teorica e diviene la mia premessa per introdurre il concetto di clima emotivo aziendale inconscio, che è un processo basato sulle leggi dell’empatia collettiva, un meccanismo di relazione gruppale dove le emozioni prevalgono sulla razionalità e decidono il destino felice o infelice di una comunità coatta quale è la struttura aziendale. Dove c’è un gruppo di persone c’è l’inconscio con le sue priorità positive e negative. Le dinamiche psicologiche inconsce, studiate da Elliot Jacques, padre della socio-psicoanalisi, che si formano in un’azienda dipendono dal grado di maturità o di nevrosi dei soggetti componenti quel gruppo. Le aspettative inconsce di gratificazione, riconoscimento, risarcimento, premio, felicità o frustrazione costituiscono le basi narcisistiche di tutti i membri dell’azienda, dai ruoli più umili a quelli più prestigiosi. Ogni azienda, come già affermai, nell’articolo “I vizi capitali e il clima aziendale”[1], rappresenta un ecosistema di relazioni umane, autonomo e specifico con caratteristiche comunicative singolari, uniche e irripetibili, dipendenti dal tipo di stili relazionali dei singoli individui che la compongono e soggetta a repentini mutamenti dovuti all’aumento o alla sostituzione e/o alla diminuzione delle risorse umane. Dopo queste affermazioni appare legittimo dire che il clima aziendale è il risultato finale di un processo molto complesso che rispecchia le dinamiche inconsce del gruppo di persone inserite in un contesto ambientale unico e irripetibile. Questo a mio avviso ci avverte che ogni azienda od organizzazione richiede un approccio personalizzato nello studio del proprio profilo climatico e che le generalizzazioni possono essere solo di carattere metodologico. Chi studia il clima deve saper integrare i dati provenienti dai contesti multifattoriali di ambiente-organizzazione-individuo e capire come dialogano tra di loro attraverso la variabilità del fattore individuale. Se gli strumenti di studio e di classificazione possono essere sempre gli stessi, lo sguardo di chi analizza il clima deve tenere in estrema considerazione il profilo di personalità delle risorse umane, gli stili caldi e freddi di gestione delle stesse, gli stili di leadership e i fattori ambientali e organizzativi che risentono di tali forze in campo con ricadute positive o negative, senza dimenticare lo stress lavoro-correlato per il quale la legislazione ha deliberato leggi molto importanti negli ultimi anni. Come esperta di clima, uno degli aspetti su cui desidero soffermarmi con attenzione è il management emotivo, concetto molto importante e per me basilare nel promuovere una nuova cultura d’impresa e caldeggiato da chi si occupa di risorse umane. L’azienda non è uno spazio neutro, ma uno spazio di vissuti e di eventi che devono trovare nella mente delle risorse una giusta collocazione e una loro canalizzazione positiva. Se ciò, come in molti casi, non dovesse avvenire, l’ingorgo emotivo non digerito – dovuto a stress e frustrazioni – causerà nelle risorse lo sviluppo di ”coliche mentali” che diminuiranno le performance relazionali e professionali. Si creeranno pertanto i presupposti per la formazione di persone emotivamente nervose e frustrate che trasmetteranno tale stato emotivo al gruppo di appartenenza e influenzeranno profondamente il clima del reparto dove operano, con conseguenze negative su tutto il sistema relazionale. È molto importante mettere le risorse giuste al posto giusto, risorse che abbiano un grado sufficiente di capacità relazionali e di intelligenza emotiva adeguata per creare un clima corretto e idoneo all’espressione del potenziale positivo dei dipendenti che dovranno gestire. Dice D.Goleman: “Nella sua essenza, il compito fondamentale della leadership è di natura emozionale. Sebbene questa dimensione fondamentale sia spesso invisibile o completamente ignorata dipende proprio da essa se l’operato di un leader avrà tutto il successo possibile che potrebbe avere”. Ne deriva pertanto che l’abilità del leader nel gestire e orientare le emozioni, in modo da guidare il gruppo verso il raggiungimento dei suoi obiettivi, dipende in massima parte dal suo livello di intelligenza emotiva. L’intelligenza emotiva è la capacità di motivare se stessi, di persistere nel perseguire un obiettivo nonostante le frustrazioni, di controllare gli impulsi e rimandare la gratificazione, di modulare i propri stati d’animo evitando che la sofferenza ci impedisca di pensare, di essere empatici e di sperare. Nel suo insieme è composta da un framework ottimale in cui si mescolano armoniosamente quattro ambiti:

  • autoconsapevolezza o la capacità di leggere le proprie emozioni per pervenire alla conoscenza dei propri stati interiori, delle proprie preferenze, risorse e intuizioni;
  • gestione di sé o la capacità di gestire i propri stati interiori, i propri impulsi, le proprie risorse per adattarli al mutare delle circostanze;
  • consapevolezza sociale o la competenza empatica: la capacità di vivere i sentimenti altrui;
  • gestione delle relazioni o la capacità di ispirare, influenzare e sviluppare gli altri sapendo gestire anche situazioni conflittuali.

I primi due ambiti sono riferiti al sé e sono quelli che ci rendono un singolo individuo performante. Gli altri due sono gli ambiti “sociali” quelli che fanno la differenza e rendono dei leader. L’intelletto da solo non fa un leader, infatti cosa ce ne facciamo di una visione strategica se non la sappiamo comunicare, se non sappiamo ispirare, ascoltare e motivare gli altri e creare risonanza? La risonanza è la capacità che consente di orientare le emozioni del gruppo in senso positivo, facendo emergere il meglio di ciascuno.

A questo punto posso introdurre la visione del clima aziendale tratta dalla psicologia del lavoro e infine produrre le riflessioni personali sulla mia modalità professionale di valutare il clima e dare le indicazioni sul come e quando fare una valutazione del clima in azienda. La psicologia del lavoro valorizza il rapporto tra organizzazione e persone, evidenziando come organizzare un lavoro non voglia dire solamente renderlo più produttivo, ma anche più creativo, soddisfacente e realizzante; è puntando inoltre sugli aspetti inconsci, informali, simbolici, latenti nelle organizzazioni che si può migliorare e rendere più dignitoso il lavoro stesso come fonte di benessere e come uno dei mezzi atti a migliorare la qualità della vita. Il “clima organizzativo”, chiamato anche “clima interno” o “clima aziendale” è un tema che è stato oggetto di molti libri e studi di teoria organizzativa, a partire dalla metà degli anni ’60 del novecento.

Già Kurt Lewin circa un secolo fa notava che: “un divieto o un obiettivo da raggiungere possono avere un ruolo essenziale nello stato psicologico dell’individuo, senza tuttavia essere chiaramente presenti nella coscienza”.

I vari orientamenti teorici hanno elaborato numerose definizioni di tale concetto, diversi a seconda che prediligano maggiormente gli aspetti psicologici o gli aspetti organizzativi. Indipendentemente dalle varie scuole di pensiero, il clima identifica una caratteristica non strutturale o “soft” delle organizzazioni, contrapposta a quelle strutturali o “hard”. Il clima può essere considerato come un insieme di percezioni condivise e correlate tra loro relative alla realtà lavorativa/organizzativa, cioè il modo in cui i soggetti percepiscono e interpretano l’azienda e le sue  caratteristiche. È la sintesi di vari fattori quali per esempio le rappresentazioni soggettive, le mappe cognitive di ogni persona coinvolta, le percezioni individuali, le interazioni tra i soggetti, il contesto organizzativo e la cultura ivi presente. Possiamo quindi affermare che la rilevazione del clima organizzativo è paragonabile a un check-up diagnostico: si rilevano e misurano diversi indicatori allo scopo di ottenere un quadro della situazione. La definizione operativa del clima può essere diversa a seconda del modello teorico adottato. Oggi si distingue fra clima psicologico, ossia individuale, e clima organizzativo vero e proprio. Quest’ultimo si riferisce alla dimensione condivisa della percezione e ai fattori comuni che la rappresentano.

Alcune delle variabili più usate sono:

  • qualità dei rapporti con i colleghi;
  • qualità dei rapporti con i superiori;
  • qualità del rapporto con tutta l’azienda;
  • senso di appartenenza;
  • coesione del gruppo di lavoro;
  • collaborazione;
  • dinamiche di comunicazione;
  • stili di leadership;
  • sistema di riconoscimenti e incentivi;
  • ambiente fisico, comfort (ergonomia);
  • sicurezza (D.lgs 81/2008);
  • disponibilità fluidità delle informazioni;
  • chiarezza della propria funzione;
  • soddisfazione relativa alla funzione;
  • soddisfazione relazionale;
  • soddisfazione materiale;
  • motivazione;
  • responsabilità e autonomia;
  • libertà di espressione.

Siccome il clima è un fenomeno percettivo, dovranno essere assenti dalla misurazione le seguenti variabili oggettive:

  • assenteismo;
  • ritardi;
  • incidenti sul lavoro;
  • produttività.

Queste variabili non entreranno a far parte della definizione di clima ma serviranno da confronto per valutare l’efficienza e l’efficacia delle azioni prese nelle fasi successive alla rilevazione.

La rilevazione viene condotta facendo uso di questionari standard oppure espressamente costruiti, a seconda degli obiettivi desiderati e della dimensione dell’organizzazione. La dimensione e la composizione del campione potrà variare, ma dovrà in ogni caso trattarsi di un campione rappresentativo, ovvero contenere distribuzioni percentuali dei soggetti il più possibile uguali a quelle reali.

In ultima analisi, per essere veramente efficace una rilevazione del clima dovrebbe includere tutti i dipendenti del reparto o dell’ufficio che si vuole esaminare. Nella mia pratica professionale una valutazione del clima consente di ottenere una fotografia molto importante per l’incolumità emotiva dell’azienda e i dati per la gestione delle risorse in modo da organizzare il lavoro in modo più realistico, consono e a misura di lavoratore. Questo bagaglio di informazioni rappresenta un preziosissimo ausilio e contributo per conoscere realmente le condizioni di soddisfazione e o frustrazione delle persone, e poter così prevenire crisi di malcontento collettivo, crisi di sfiducia verso i superiori, la fuga di risorse strategiche, il serpeggiare di voci denigratorie che possono demotivare le risorse fidelizzate e la buona fama dell’azienda. L’analisi del clima permette inoltre di conoscere i punti forti e i punti deboli delle strutture e delle risorse e convalida l’idea che al datore di lavoro stanno a cuore anche i suggerimenti, i vissuti, i problemi e le idee creative dei suoi dipendenti. Io uso questionari strutturati e un test di profilo personologico per le valutazioni più raffinate in modo da avere strumenti oggettivi per un management emotivo più mirato ed efficace delle proprie risorse e garantire una spinta positiva e costruttiva alla realizzazione di un clima aziendale ideale che permetta a tutti di dare il meglio di sé.

Un imprenditore o un professionista lungimirante approderà con interesse e spirito di curiosità alla richiesta di una valutazione del clima nella propria azienda o nella propria organizzazione professionale se veramente vuole impostare la gestione delle risorse in modo reale, razionale, oggettivo, attendibile e pertanto più efficace efficiente, sicuro, preventivo ed in sintonia con le linee guida della cultura d’impresa del futuro, più innovativa ed umanamente intelligente.

ANNO 3 N.3

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