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Marchio ed identità d’impresa

Il marchio viene sempre più visto non già e non solo come uno strumento offerto dalla legge per prevenire e dirimere possibili conflitti, ma come un bene aziendale, un asset molto importante per l’azienda, in grado di funzionare come straordinario collettore di clientela.

da Capitale Intellettuale

Lucio Riva Legal Director

Il marchio è un asset aziendale molto importante che nel corso del tempo, ed in particolare negli ultimi decenni, è andato incontro a trasformazioni significative che, se non ne hanno stravolto la funzione giuridica, hanno però aggiunto alcune caratteristiche molto importanti.

Tradizionalmente al marchio, in quanto classificato nella categoria dei “segni distintivi”, viene attribuita la funzione di differenziare, e rendere distinguibili, i prodotti/servizi di un’azienda da quelli delle aziende concorrenti (ossia, si parla di funzione distintiva in quanto il marchio è un indicatore della provenienza/ origine del prodotto).

In ossequio a questa funzione, che è poi quella che sostanzialmente trova tutela nel nostro ordinamento, il marchio viene riconosciuto meritevole di protezione quando, e solo quando, l’utilizzo di un marchio identico o simile da parte di un concorrente è tale da determinare, in concreto o potenzialmente, un rischio di confusione per il consumatore.

Accanto a questa funzione è stata progressivamente riconosciuta al marchio almeno un’altra funzione che, se vogliamo, ha natura più squisitamente “commerciale”. Si tratta di quella che possiamo definire in senso lato “funzione attrattiva” del marchio.

Il marchio viene sempre più visto non già e non solo come uno strumento offerto dalla legge per prevenire e dirimere possibili conflitti, ma come un bene aziendale, un asset molto importante per l’azienda, in grado di funzionare come straordinario collettore di clientela.

Questa funzione risulta particolarmente evidente nel caso dei marchi che hanno acquistato grande celebrità o rinomanza, ed ai quali, significativamente, viene riconosciuta protezione anche al di là dell’esistenza di un rischio effettivo o anche solo potenziale di confusione.

Sull’onda di questa funzione che, per la verità, non è nuova ma, appunto, è andata acquisendo sempre maggior importanza negli anni, il marchio tende sempre più ad essere qualcosa su cui l’azienda investe molto, sino a creare intorno ad esso un vero e proprio “mondo”, nel quale il consumatore si può identificare o a cui può perlomeno aspirare di appartenere.

Si pensi al “mondo MULINO BIANCO”, a cosa esso significa e trasmette, anche grazie all’utilizzo determinante dei media, in termini di messaggi veicolanti significati ed anche valori aggreganti (il valore del far bene le cose, il valore della tradizione e il valore degli affetti personali).

Marchio che è diventato quindi sempre più un bene autonomo, da considerare e valutare non più e non solo come bene strettamente connesso all’azienda. Significativo è il fatto che, se ancora non molti anni fa il marchio poteva essere ceduto solo ed unicamente insieme all’azienda, ora non è più così.

 

Oggi è possibile cedere il marchio e tenersi l’azienda, con l’unico vincolo che dalla cessione non deve derivare un inganno per il consumatore.

In buona sostanza Fiat Chrysler potrebbe cedere un domani il marchio Ferrari ad un’azienda automobilistica cinese, senza che da questa cessione derivi per l’acquirente alcun obbligo di attenersi agli standard produttivi e qualitativi dell’azienda cedente.

Basta, come si diceva sopra, che non ci sia inganno per il consumatore e quindi che la cessione sia resa nota al pubblico nei modi più completi e opportuni.   Dopo di che, liberi i cinesi di fabbricare e vendere auto a marchio Ferrari come a loro meglio piacerà, magari anche per farne semplicemente delle utilitarie o quant’altro (ovviamente l’esempio è estremo, dato che in questo modo il valore del marchio verrebbe di fatto dissipato, ma viene portato proprio per rendere l’idea di come il marchio sia oggi un bene dotato di valore autonomo).

Ed è potenzialmente un grande valore autonomo. Per darne l’idea, con un altro esempio che è all’opposto di quello richiamato sopra, basti citare l’affermazione di un presidente della Coca-Cola, il quale anni orsono ebbe a dire: “Se questa notte dovessero bruciare contemporaneamente tutte le nostre fabbriche sparse per il mondo, sarebbe un duro colpo, ma ci rimboccheremmo le maniche e ripartiremmo. Se domani dovessimo perdere il nostro marchio, allora sì saremmo perduti”.

Si pensi anche al fenomeno del merchandising, grazie al quale chi è titolare di un marchio con almeno un certo appeal può ricavarne profitti aggiuntivi grazie allo sfruttamento nei settori e per i prodotti più disparati.

Dato che è così importante, è chiaro che il marchio deve ricevere la massima attenzione e considerazione all’interno dell’azienda. Questo vale sia per la fase di creazione e selezione del marchio, dove si deve avere cura che il marchio sia non solo commercialmente appetibile – cosa da verificare attraverso i consueti test di gradimento – ma anche rispondente ai requisiti di legge per poter essere utilizzato ed anche tutelato. Tra questi requisiti va ricordato che il marchio deve essere intrinsecamente originale – un’espressione come SUPER o SPECIAL non lo è, così come non lo è un ipotetico marchio FAST per delle automobili o un marchio SOFT o FRESH per delle bevande – deve essere nuovo, nel senso di non essere già registrato o usato da altri – e per verificare questo vanno svolte le più opportune ricerche sui registri dei marchi, su Internet e, per quanto possibile, anche sul campo – non deve essere decettivo o ingannevole – un marchio CHOCOSPRINT è ingannevole se applicato a prodotti che non contengono cacao o cioccolato – non deve essere contrario alla legge (in certi paesi sono tali i marchi delle sigarette, ove li si voglia registrare per prodotti diversi).

Una volta selezionato, il marchio deve poi essere registrato, se si vuole difenderlo nei confronti delle imitazioni.

A questo scopo è opportuno avere cura che siano registrati tutti gli elementi che possono ricevere protezione, e cioè non solo le parole (BARILLA o MULINO BIANCO), ma anche tali parole in quanto inserite in contesti di logo (ad esempio, BARILLA entro un doppio ovale bianco e rosso), così come elementi particolari quali colori e suoni, per arrivare alle forme vuoi del contenitore del prodotto (ad esempio, le caratteristiche bottigliette della Coca-Cola o del Campari Soda), vuoi del prodotto stesso, ove la sua forma si presenti fortemente originale.

Una volta registrato, il marchio va infine tutelato nei confronti di imitazioni o tentativi di imitazione, facendo ricorso ai mezzi di tutela legale offerti in Italia e altrove. Tra questi ve ne sono di molto efficaci, come i sequestri preventivi o punitivi, nonché le misure economiche di risarcimento del danno subito.

ANNO 6 N.2

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