Lucio Riva Legal Director
I dati statistici messi a disposizione, in particolare dai tre uffici brevetti più importanti a livello mondiale, ossia gli uffici europeo, statunitense e giapponese, mostrano che il ricorso alla protezione brevettuale è sostanzialmente in continua e costante ascesa. I paesi con il maggior numero di depositi di brevetti appartengono alla regione asiatica dove paesi come il Giappone, la Corea del Sud, Cina costituiscono certamente un grande propulsore nell’innovazione tecnologica.
Come si può desumere dal grafico qui sotto nella predetta regione asiatica nell’anno 2012 sono stati depositati il 55,9% del totale delle domande di brevetto depositate a livello mondiale. In detta classifica segue la regione Nord Americana con il 24,6% e a seguire l’Europa con il 14,7%.
È altrettanto doveroso precisare che non tutti i settori industriali sono in costante crescita come ci mostra il report dell’Ufficio dei Brevetti Europeo più sotto riportato.
La flessione riguarda, come d’altra parte appare logico attendersi, i settori tecnologicamente più maturi, mentre di contro si riscontra un sensibile aumento in quei settori a maggior espansione, quali l’informatica, gli apparati e impianti energetici, i trasporti, tecnologie medicali.
Tutto ciò costituisce una riprova del fatto che lo strumento del brevetto è universalmente considerato indispensabile per garantire i ritorni economici dell’attività di ricerca e l’unico modo per non vanificare gli investimenti per l’innovazione tecnologica, a loro volta divenuti sempre più necessari nell’attuale scenario di elevata competitività esteso a livello mondiale. In questo panorama generale, l’Italia si distingue per il fatto di andare quasi contro tendenza.
Prendendo a riferimento i dati pubblicati dall’Ufficio dei Brevetti Europei il numero di domande europee, depositate da richiedenti aventi sede in Italia, tende a decrescere in ragione di anno anziché stabilizzarsi o aumentare. Il rapporto qui sotto relativo al periodo ricompreso tra l’anno 2004 e l’anno 2013 evidenzia inconfutabilmente detta decrescita, constatandosi che dalle 3.965 domande di brevetto, relative all’anno 2004, si è passati alle 3.704 domande di brevetto per l’anno 2013.
Questo dato è ulteriormente confermato anche dal mero raffronto tra l’anno 2012 e 2013 dove da un numero di domande di brevetto di 3753 per l’anno 2012 si è passati ad un numero di domande di 3704 per l’anno 2013.
A questo punto appare superfluo sottolineare che l’Italia non appare neppure nella classifica degli stati che maggiormente richiedono la protezione brevettuale in ambito europeo (come da chart riportata sotto) e da qui si può desumere che parimenti questo è riscontrabile a livello globale.
La situazione italiana non eccelle certamente neppure nel rapporto tra la popolazione residente e il numero di domande di brevetto europeo depositate che vede sempre il nostro paese in una situazione ancillare rispetto ad altri paesi, anche con una popolazione decisamente inferiore alla nostra, quali ad esempio Finlandia, Danimarca, Svezia, Svizzera, come mostra il prospetto qui di seguito riportato.
La cultura della proprietà intellettuale
La deludente posizione dell’Italia nelle classifiche sopra riportate è dovuta principalmente alla mancanza di un’ adeguata cultura, o se si preferisce sensibilità, del mondo industriale italiano nel settore della proprietà intellettuale, che porta a sottovalutare l’importanza dei brevetti.
Eppure i vantaggi conferiti dalla protezione brevettuale, come più sopra evidenziato in questo articolo, (ossia il diritto di sfruttare in via esclusiva la propria tecnologia, con diritto di impedire a qualsiasi terzo di utilizzare la medesima, fatto salvo il consenso del titolare del brevetto, come nel caso del contratto di licenza di uso del brevetto), sono molteplici e sono ben presenti alle multinazionali e alle società straniere, ma non sempre a quelle italiane.
Purtroppo in Italia prevale ancora oggi il timore che il brevetto sia uno strumento di divulgazione delle proprie conoscenze, anziché una roccaforte per la tutela della propria tecnologia.
La più sopra menzionata “sufficiente descrizione” della propria tecnologia, quale elemento indispensabile per l’ottenimento del brevetto, viene spesso interpretato come uno strumento per consentir a terzi di riprodurre liberamente il contenuto del brevetto stesso, trascurando invece che il conseguimento del brevetto e la pronta individuazione di ciò che è protetto mediante quest’ultimo è invece un mezzo per consentire di identificare i contraffattori e perseguire gli stessi, salvaguardando in tal modo il proprio vantaggio competitivo.
In altre parole, si presume che il mantenimento del segreto sulla propria innovazione tecnologica sia uno strumento molto più efficace rispetto al brevetto, dimenticando però che le procedure che si rendono necessarie per tale protezione non sono affatto semplici. La segregazione dei dati e la correlativa limitazione dell’accesso ai medesimi da parte di soggetti non strettamente coinvolti nello sviluppo e sfruttamento della nuova tecnologia non risulta spesso agevole, data la necessità per molte imprese di consentire l’ingresso di terze persone all’interno della propria organizzazione industriale per svariati motivi, con conseguente rischio che detti terzi possano avere occasione di accedere ai dati protetti.
Purtroppo la divulgazione dei dati secretati consentirà, nei casi di mala fede del terzo divulgatore, un’azione risarcitoria nei confronti di quest’ultimo (fatta salva la possibilità di ricorrere, sussistendone i presupposti, anche alla tutela penale) ma non impedirà ai terzi in buona fede di liberamente riprodurre la divulgata tecnologia.
Inoltre il suddetto convincimento determina non di rado, a discapito delle imprese italiane, lo scontro con le barriere erette da chi (quali ad esempio tedeschi, inglesi, giapponesi, sudcoreani, statunitensi) è perfettamente conscio dell’importanza strategica dei brevetti, consapevole dell’importanza della proprietà intellettuale/ industriale.
Allorquando ci si scontra con queste barriere, spesso ci si fa anche molto ‘male’. Talvolta, se si viene riconosciuti contraffattori di un brevetto, si rischia di subire danni particolarmente ingenti.
Qualora poi si possa dimostrare il diritto al preuso da parte dell’imprenditore della tecnologia oggetto dell’azione di contraffazione di brevetto, questi, pur vedendo acclarata la propria buona fede, (come nel caso dell’imprenditore che dimostri di utilizzare la specifica tecnologia precedentemente al deposito della relativa domanda di brevetto da parte del terzo procedente), subirà una sostanziale limitazione nell’ambito dei confini del predetto preuso, con conseguente impossibilità di futuri sviluppi della specifica tecnologia[1]. Purtroppo non è raro che le imprese italiane si imbattono in simili barriere, perché, sottovalutando l’importanza dei brevetti, non si preoccupano di eseguire ricerche brevettuali prima di iniziare la produzione, la commercializzazione o l’importazione di un determinato prodotto, al fine di stabilire previamente la libertà di svolgimento di tali attività.
Questi eventi, in verità, possono costituire uno strumento per accrescere la sensibilità degli imprenditori sull’opportunità del ricorso alla tutela brevettuale ed al godimento dei relativi vantaggi offerti dal conseguimento del brevetto.
CONCLUSIONI
In ogni caso sarebbe sempre meglio evitare urti più o meno frontali e l’organizzazione aziendale lo può fare solo se pone tra le proprie priorità l’apprendimento delle nozioni fondamentali nel campo della proprietà intellettuale, e per poi mantenerle, o meglio accrescerle attraverso un costante aggiornamento.
Volendo guardare con ottimismo al nostro panorama nazionale possiamo confidare nello strumento offerto dalla recente disciplina delle start up innovative che può consentire di utilizzare queste entità giuridiche per dar sviluppo non solo ai diversi settori di ricerca, ma anche per accrescere la cultura del proprietà intellettuale/ industriale, dato che per queste entità sarà indispensabile ricorrere alla protezione del brevetto per salvaguardare le tecnologie, da loro sviluppate, nei diversi settori di interesse industriale, considerato che il risultato della loro attività dovrà essere da loro opportunamente valorizzato e offerto ai terzi interessati all’impiego della specifica tecnologia.
Il quadro sopra delineato della situazione italiana per quanto concerne la protezione dell’innovazione non rende certamente omaggio ai numerosi inventori italiani che hanno caratterizzato con i loro ritrovati lo sviluppo della tecnologia nei secoli a partire da Leonardo Da Vinci, passando poi da Alessandro Volta, Antonio Meucci, Guglielmo Marconi, Enrico Fermi, Giulio Natta sino a Carlo Rubbia solo per citarne alcuni tra i tanti.
Perchè brevettare
- per uso strategico offensivo: “barriera protettiva” della produzione e delle attività commerciali dell’azienda, che consente di chiamare in giudizio i contraffattori ossia colori i quali attuano – prima della scadenza temporale dell’invenzione – la soluzione brevettata.
- per uso strategico difensivo: in assenza di una protezione brevettuale, i segreti aziendali e le soluzioni tecniche attuate all’interno dell’azienda, qualora divulgati, potrebbero essere utilizzati liberamente da ogni concorrente.
- per uso strategico negoziale: il brevetto può essere sfruttato indirettamente potendo essere oggetto di contratto di licenza; il brevetto può essere oggetto anche di contratto di compra-vendita.
- per accrescere il patrimonio dell’azienda: il brevetto – come gli altri titoli di priorità industriale – è un bene immateriale iscritto a bilancio: accresce quindi il patrimonio dell’azienda.
- per rivendicare un proprio diritto di esclusiva: : la brevettazione permette di escludere (nel tempo e nello spazio) ogni possibilità per i concorrenti di attuare la soluzione brevettata.
- per dotarsi di un deterrente psicologico e commerciale: acquisendo una posizione di privilegio nei confronti dei concorrenti, questi – di fronte all’esistenza di un valido brevetto – sono costretti, per evitare conflitti con lo stesso, a trovare nuove soluzioni dovendo così sostenere spese di ricerca. Ciò pone i concorrenti in una situazione di svantaggio in termini di tempo e costo del bene.
- per acquisire una data certa a cui far risalire l’invenzione (protezione passiva).
- per usufruire della presunzione di validità del brevetto (onere della prova a carico dei terzi): in caso di azioni a tutela del bene brevettato, l’onere di provare l’invalidità del brevetto è a carico dei terzi (per esempio a carico del contraffattore).
- per poter effettuare scambi di licenze: il ricorso a contratti di licenza incrociata è piuttosto frequente per esempio in caso di brevetti di perfezionamento, di sviluppi innovativi paralleli così come in transazioni di controversie brevettuali.
- per recuperare gli investimenti di R&S: consolidare attraverso la procedura di brevettazione gli investimenti e i risultati dell’attività di ricerca e sviluppo, stimolando anche l’attività inventiva dei ricercatori e tecnici dell’azienda.
- per presentare al pubblico un prodotto come innovativo ed esclusivo: rivendicando la paternità di un’innovazione si ottiene la valorizzazione dell’azienda nel mercato di riferimento sotto il profilo dell’immagine.
- per definire strategicamente i mercati territoriali proteggibili: costruendo “barriere protettive” della produzione e delle attività commerciali dell’azienda si possono escludere territorialmente i concorrenti da un determinato mercato.
- per concedere licenze onerose in mercati in cui non si è presenti direttamente: il brevetto può essere sfruttato indirettamente, in territori ove non si è presenti direttamente, concedendo licenze dietro il pagamento di alte remunerazioni.
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1 Art. 68 n. 3 Codice della Proprietà Industriale